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Paul McCartney e l’Underground

In occasione dell’uscita di “McCartney III”, esploriamo il rapporto di Paul McCartney con l’underground.

L’11 giugno 1965 una folla di 7.000 giovani arrivò alla Royal Albert Hall di Londra in occasione dell’International Poetry Incarnation. Sul palco erano attesi i poeti Beat Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, Gregory Corso, e alcuni nomi della nascente controcultura britannica tra cui, Andrian Mitchell e Michael Horovitz. Nel film Wholly Communion di Peter Whitehead, girato durante l’evento, si vedono i poeti alternarsi su un piccolo podio circondato da fiori posto al centro dell’Albert Hall. Intorno a loro, i presenti sembrano diventare gradualmente consapevoli di come, di lì a poco, la loro vita si sarebbe completamente trasformata: stava nascendo una nuova comunità. Quelle immortalate in Wholly Communion sono immagini che testimoniano lo sbocciare dell’underground londinese.

Paul McCartney non era presente al Poetry Incarnation; il suo incontro con l’universo alternativo era avvenuto un anno prima, quando, all’Hotel Delmonico di New York, Bob Dylan aveva introdotto i Beatles alla marijuana; un incontro determinante per la genesi di Rubber Soul con le sue registrazioni avvenute sotto l’influenza del cannabis. “L’Underground comprendeva un insieme di persone con idee simili, che erano contro l’establishment e la guerra, amavano il rock & roll e avevano un comune interesse per le droghe ricreative” scrive Barry Miles.

Nel 1965, un anno prima della celebre copertina Swinging London del Time Magazine, Londra si stava preparando ad accogliere uno dei periodi più creativi e rivoluzionari della sua storia. Paul McCartney, che al contrario degli altri Beatles preferiva il bagliore delle luci cittadine all’isolamento della campagna inglese, si trovò direttamente coinvolto negli eventi della controcultura.

Indica Gallery & Bookshop

Se l’Indica Gallery è generalmente ricordata per l’incontro tra John Lennon e Yoko Ono, la storia della galleria si intreccia maggiormente con quella di Paul McCartney. Il musicista viveva con la famiglia della fidanzata Jane Asher a Wimpole Street nella centrale Marylebone; fu in questo ambiente che McCartney conobbe Peter Asher, fratello di Jane e fondatore con Barry Miles e John Dunbar dell’Indica Bookshop & Gallery. Situata al numero 6 di Mason’s Yard nell’elegante quartiere di St James’s, l’Indica era inizialmente suddivisa su due piani; il negozio di libri underground gestito da Barry Miles si trovava al primo, mentre il seminterrato era occupato dalla galleria. Il successo ottenuto dalle mostre d’arte allestite all’Indica convinse i proprietari a separare le due realtà: il bookshop si trasferì nel quartiere letterario di Bloomsbury, la galleria occupò il piano principale a Mason’s Yard.

Il coinvolgimento di McCartney nelle attività dell’Indica portò ad un’importante amicizia con Barry Miles, futuro direttore dell’International Times, e autore della biografia Paul McCartney: Many Years from Now. Miles introdusse il musicista alla letteratura sperimentale pubblicata su magazine come l’Evergreen Review e Big Table; ispirato dalla rivoluzione letteraria d’oltreoceano, McCartney volle tentare un’operazione equivalente in musica, pubblicando album contenenti poesie, nastri assemblati tramite cut-ups e collage, e demo di band emergenti. Quest’idea sarà alla base della nascita dell’etichetta alternativa dei Beatles, la Zapple, diretta da Miles.

William Burroughs

Nel 1966, William Burroughs si trasferì a Londra per seguire Ian Sommerville, che aveva conosciuto a Parigi. Nella libreria Shakespeare and Company, i due avevano registrato un album di spoken word intitolato Call Me Burroughs, divenuto oggetto di culto tra gli hipster londinesi; tra gli ammiratori c’era anche Paul McCartney.

Il musicista, che era alla ricerca di uno studio per il suo progetto sperimentale, trovò lo spazio ideale al numero 34 di Montagu Square. Nell’appartamento, appartenente a Ringo Starr, McCartney allestì un avanguardistico studio di registrazione gestito da Ian Sommerville che, una volta arrivato a Londra, aveva trovato impiego come tecnico negli album dei Beatles. L’incontro tra McCartney e Burroughs divenne così inevitabile: “Ci sedevamo e parlavamo delle invenzioni strabilianti che molte persone portavano avanti. Era tutto così eccitante e nuovo” ha ricordato McCartney, “Pensai di lasciar fare a Burroughs i suoi cut-ups, mentre io avrei usato lo spazio per registrare dei demo”. Fu nello studio di Montagu Square che una delle più belle composizioni di McCartney, Eleanor Rigby, prese vita proprio sotto gli occhi di Burroughs: “Paul veniva allo studio per lavorare a Eleanor Rigby. Ian registrò le prove, così vidi la canzone prendere forma. Anche se non capivo molto di musica, potevo vedere che Paul sapeva quello che stava facendo”. L’influenza dell’universo allucinato di William Burroughs su Paul McCartney è riscontrabile nella scelta di includere dei clacson in Drive My Car e del suono di una sveglia in A Day in the Life, espedienti conosciuti con il nome formale di musique concreté.

Il 1967 e Carnival of Light

Nell’anno della Summer of Love, i Beatles realizzarono la loro prima composizione avanguardistica, Carnival of Light, registrata negli studi di Abbey Road mesi prima di Revolution 9, il collage sonoro che appare nel White Album. Il pezzo, che non è mai stato distribuito, fu composto su richiesta del designer David Vaughan per gli eventi The Million Volt Light and Sound Rave che si tennero all’inizio del 1967 alla Roundhouse. I presenti a quelle serate sono gli unici fortunati ad aver ascoltato Carnival of Light, uno dei pezzi più ricercati dai fan dei Beatles. Una descrizione piuttosto dettagliata del brano è fornita da Barry Miles: lo scrittore spiega come la registrazione sia un esercizio in strati e tessitura musicale che si avvicina, nello stile, a The Return of The Son of Monster Magnet di Frank Zappa. La composizione dei Beatles sarebbe però priva di un ritmo scandito, maggiormente frammentata e astratta.

Nel 1967, Paul McCartney era ormai completamente immerso nel mondo underground; il musicista finanziava l’International Times, supportava campagne per legalizzare la marijuana nel prestigioso Times, ed era tra i frequentatori dell’UFO Club, dove gli ideatori John Hoppy Hopkins e Joe Boyd proponevano reading poetici e spettacoli di luci. Nel maggio di quell’anno i Beatles pubblicarono Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band, un album profondamente influenzato dalla cultura psichedelica che trovò l’apice con la Summer of Love. Poco giorni dopo l’uscita di Sgt Pepper, McCartney ammise candidamente a un reporter di Life Magazine di aver fatto uso di LDS per quattro volte. I tempi in cui i Beatles cantavano She Loves You intrappolati nelle opprimenti divise nere e avvolti in un vortice d’isteria generale, sembravano ormai decisamente lontani.

McCartney Goes Too Far: The Magical Mystery Tour

Ad interessare Paul McCartney non era soltanto la cultura underground britannica, ma anche quella d’oltreoceano. Mentre si trovava a Los Angeles, McCartney venne a conoscenza delle avventure di Ken Kesey, l’autore di One Flew Over the Cuckoo’s Nest, e i Merry Pranksters, di cui faceva parte anche Neal Cassady, il Dean Moriarty di On the Road. Nel 1964, Kesey e i Merry Pranksters avevano intrapreso un viaggio a bordo del celebre bus Furthur, dalla California a New York, scandito dall’uso di LSD. L’esperienza è raccontata nel libro di Tom Wolfe, Electric Kool-Aid Acid Test: “Questa specie di bus alla Hieronymous Bosch partì dalla casa di Kesey con il segnale anteriore con su scritto ‘Furthur’ e un segnale sul retro che dichiarava ‘Attenzione: carico bizzarro’”. Ken Kesey era solito dire “You’re either on the bus or off the bus”; nel 1967, anche Paul McCartney, influenzato dai Pranksters e da un viaggio che aveva fatto da bambino per vedere le luci di Blackpool, decise di salire su un bus insieme agli altri Beatles. Il risultato è visibile nel film The Magical Mystery Tour.

Ideato e diretto dai Beatles, The Magical Mystery Tour è un compendio di scene surreali, talvolta prive di connessione, ma che, se approcciato con una mente libera da logiche prestabilite, non risulta privo di fascinazione. Il film, che andò in onda in bianco e nero sulla BBC nella serata di S. Stefano del ‘67, a coronare la fine di quella che era sembrata un’infinita Summer Of Love, fu accolto con indignazione dall’establishment. Fernanda Pivano, che riuscì a vedere una versione a colori negli studi della BBC, ha raccontato: “Mi resi conto che un film simile proiettato in bianco e nero non poteva non riuscire incomprensibile, basato com’è sull’interpretazione psichedelica di paesaggi familiari: un po’ come diventerebbe incomprensibile una parola se venisse pronunciata senza le consonanti o senza le vocali”. Il linguaggio impiegato in The Magical Mystery Tour risultava comprensibile soltanto a chi era in sintonia con il celebre motto “Turn On, Tune In, Drop Out” del guru dell’LSD Timothy Leary.

Quello che accadde con la conclusione degli anni ’60 è ormai noto: i Beatles si sciolsero, il sogno collettivo finì, ma non quello di Paul McCartney, protagonista di una carriera che arriva fino ad oggi con l’uscita di McCartney III. Anche l’attrazione del musicista per l’Underground non è mai terminata: nel 1995, in occasione delle celebrazioni alla Royal Albert Hall del trentesimo anniversario del Poetry Reading Incarnation, McCartney accompagnò Allen Ginsberg con un riff blues in A Ballad of American Skeletons. Insieme sullo stesso palco il poeta Beat e l’autore di Eleanor Rigby sembrano l’emblema di una decade che rivive in ogni atto di ribellione, in ogni gesto non conforme ad una società eternamente dominata da insulsi Mr Jones.