Il progetto Daphni di Dan Snaith è iniziato anni fa come semplice strumento per sfogare il bisogno di esprimere l’immediatezza dell’improvvisazione in modo ludico, in un binario parallelo rispetto all’esperienza di eclettismo musicale del suo gruppo. Se infatti da un lato il live show e le registrazioni di Caribou sono un complesso gioco di arrangiamenti, strumentazioni e melodie che si snodano tra introspezione e movimenti, dall’altro Daphni è lo spettacolo di un uomo che mira direttamente al dancefloor.
In un’intervista, Snaith ha dichiarato che inizialmente “faceva i brani di Daphni solo per poter giocare nei suoi dj-set” e che “la musica era fatta allo scopo di rilassarsi il fine settimana”; ma se in principio questo ha significato principalmente fare remix e modifiche attingendo alla tavolozza di colori che era il bagaglio musicale di Caribou –dal rock psichedelico al synth liquido, dal soul-funk alle disco band africane – in breve il tutto ha assunto una consistenza ed un volume propri. Con l’aggiunta di suoni più familiari alla techno contemporanea di Detroit, Chicago e Berlino, nel 2013 arriva il disco di debutto Jiaolong, una confluenza di elettronica acida e percussioni compresse, sormontata da campioni vocali e ritmi tribali.
In Fabriclive 93 Snaith-as-Daphni si esprime nella sua versione più integra e pura e la metodologia della creatività improvvisa è portata all’estremo: seguendo la tradizione di Omar-S, Shackleton e Villalobos, il “Fabriclive di Daphni” è interamente composto da nuovi pezzi e da editing profondi di altri (23 e 4 rispettivamente, per l’esattezza). Ancora una volta, quindi, una decisione assolutamente in scìa con quell’ethos di spontaneità che è fondamento del progetto Daphni: muovendo da una selezione di nuove musiche da far girare durante il dj-set regolare al club londinese, Snaith ha incominciato a far modifiche in loco, manipolando melodie e suoni per creare un continuum fluido. In breve, si è ritrovato in mano un lavoro originale di oltre un’ora, che in realtà suona molto più come un disco sequenziato che un mixato in sé, non trattandosi assolutamente di una collezione curata di tracce di altri artisti.
La mancanza di uniformità risulta, però, fattore tutt’altro che negativo, fornendo all’artista canadese il viatico per mostrare le variegate influenze che contaminano il suo sound, finalmente lanciato al galoppo a briglia sciolta. Si parte dai ritmi funk in Face to Face per passare agli impulsi vibranti di Xing Tian e Carry On, si attraversano gli arpeggi melodici di synth in Poly per riemergere con la batteria incalzante e la variazione di piano in Hey Drum. La gamma sonora presa in esame spazia a tutto tondo in un universo multiforme dove l’atmosfera sembra armonizzata alla perfezione; e poco conta quali siano gli strumenti accostati gli uni agli altri, in un afflato che è anche il denominatore comune: questa musica vuole essere danzata.
Come accennato, sono solo quattro gli editing che entrano nel prodotto finale, ma è interessante osservare come l’intervento di Snaith sia chirurgico, in grado di trasformare gli originali con delicatezza rendendoli propri, anziché distruggere le identità sonore con modifiche massicce. Ad esempio Futurism di Jamire Williams si riveste di una pelle mutevole che crea la naturale intro per la successiva Poly, mentre il ritornello di You Can Be A Star di Luther Davis Group è mandato in loop come un mantra da discoteca, elemento indovinato nel panorama complessivo dell’album. Mentre l’ascolto prosegue, il disco si scurisce e c’è spazio per armonie più introspettive: tracce come Nocturne, The Truth e 406.42 ppm introducono elementi dub e sfumature distorte in un segmento di viaggio cupo. Il finale è una risalita con i pianoforti-inno di Fly Away e il synth-pop delle conclusiva Life’s What You Make It.
Fabriclive 93 è innanzitutto un prodotto nuovo, che ha tra i suoi punti di forza sicuri il fare djing in modo inusuale, a partire dai pezzi originali del dj, creati per l’occasione. A tale peculiarità si aggiunge un innegabile e certosino piacere di Daphni verso la modifica, e un talento eclettico raramente scovabile altrove. Un’alchimia vincente che, anche se forse non convincerà a pieno i puritani della dance music da club, apre porte finora invisibili per i fan di Snaith disposti a seguirlo attraverso i prossimi, assicurati, stargate.