Gabriella Gianfelici è nata a Roma, ma da diversi anni vive a Reggio Emilia dove ha fondato con Simonetta Sambiase la Associazionene Culturale “Exosphere” PoesiArtEventi con la quale organizza eventi letterari e non solo, e cura un Fondo Librario fruibile gratuitamente. Ha pubblicato numerosi libri di poesia tra i quali “L’angolo della vita”, “Come la notte innocente”, “Essere lo spazio tra due righe” della Pascal Ed. Siena. Si occupa di critica letteraria, svolge seminari presso Centri Culturali, Università. E’ co-fondatrice dell’Associazionene Donna e Poesia di Roma e si occupa del Premio “Donna e Poesia” giunto alla XXV edizione. Collabora ad iniziative di carattere sociale e civile tra le quali innumerevoli iniziative contro la violenza sulle donne. Da anni è giurata nella sezione Poesia del premio Il Paese delle Donne di Roma.
“È un sentiero che vibra” la poesia per Gabriella Gianfelici, come scrive nel verso finale della poesia che chiude la plaquette “Lei mi è venuta a cercare” (Lucaniart, 2024). Dunque la poesia è qualcosa di vivo che vibra nell’intimo della poeta, una modulazione di frequenza dell’animo che acutizza i sensi e mostra la realtà con maggiore nitidezza mettendone in luce anche le ombre senza diradarle, ma intessendo con esse un fitto dialogo. Le ombre che da lei stessa provengono, frutto, si percepisce, di antiche ferite e le ombre del mondo che incombono sulla nostra vita e di cui la poesia offre una chiave di lettura che risuona nell’unicità dell’essere di chi la riceve, di chi la accoglie. Non è infatti poesia che forza il lettore quella della Gianfelici, ma lo fa sentire come un compagno di viaggio nel dipanarsi delle emozioni e dei sentimenti che via via si esprimono nei versi, proprio perché è una poesia estremamente aperta e rivolta all’altro, all’altro che è fuori e dentro di noi. Si percepisce lo stupore verso la poesia stessa, verso la capacità della parola poetica di rendere canto anche le cose apparentemente più piccole per quell’attenzione che i poeti hanno verso il mondo nella sua totalità. Dunque anche verso le cose più umili di cui scovano la bellezza e ce la raccontano rendendo visibili i profondi movimenti della vita, le scoperete e le visioni del poeta che aiutano a meglio interpretare la complessità del reale. Così che “Non si dirà di noi/ che abbiamo rinunciato a cercare la luce” se poeta è chi sta “stesa accanto al germoglio che respira appena”.
Lucianna Argentino
Ciò che indossi
è per me straccio colorato
odoroso
di antica polvere
carico di migrazioni dolorose
che non oso vedere.
Non so pensare
alla tua fame
al tuo tetto di fango:
ma non voglio proteggermi
vorrei dirti:
irradiamoci.
Dai soffi e dalle cime
su infiniti poggi
come accese candele:
pace a te donna
del mio stesso universo
parte di me.
Scovato in mezzo ad altri libri
eri momento di ascolto silenzioso
le chiedevo, bambina curiosa e dolente:
chi è stato quest’uomo,
un piccolo libro rosso, edizione economica,
un mondo tutto da comprendere.
“fatto questo, di noci e fichi secchi
un pasto gli arrecò di regal sorte…”
affascinata dalla musica delle parole
cercavo in me le spiegazioni.
Ancora oggi sul mio comodino
il libro rosso persegue il suo cammino:
”Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai?..”
e stesse domande al nostro anelito ritrovo.
note: Giacomo Leopardi: Canti, ed.Bietti-Reggiani – Milano 1925
- Paralipomeni – canto VI – verso 39
- Canto notturno di un pastore errante nell’Asia.
Solo per un giorno
essere come voi.
Solo per un giorno
toccare integro il mio corpo
farlo volare in alto
e poi
distenderlo sulla terra
pesante e felice.
Solo per un giorno
cancellare
la ferita che mi rinnova
l’incubo
che spurga le mie viscere
che fa gemere le mie notti.
Solo per un giorno
non pensare
ad una triste sorte
che nella luce tiepida
di una fine giornata
di ottobre
s’incollò ai miei anni acerbi.
E per non vacillare
trasformare la realtà
pregando in silenzio
in un mantra tutto mio
dove la carezza rinsaldi
gli infami spacchi.
BALLATA PER FADWA TOQAN E JOSE’ CRAVERINHNA
A volte
la fiammella accompagna la mia notte
un vezzo
perché io ho luce
accanto a me
e penso a voi
poeti di luce
che luce non avevate mai.
A Fadwa che da Nablus
non andò mai via
e a Josè che morì
nello stesso letto di sempre.
Lottare con le parole dicevi
e con l’esempio
scacciare violenza e potere.
Tu, Josè, dicevi
cercami tra le cose
che per amore si danno.
Fadwa raccontava degli ultimi mesi
di non avere carta e penna
macerava dentro di sé parole immagini e ferite.
Josè scriveva il dolore della schiavitù
e del perdono che non è per dimenticare
ma per vivere giorni nuovi.
Maputo e Nablus erano belle
cantavate e intanto vividi occhi
accompagnavano i vostri versi:
così vorrei i poeti io
sognatori della realtà
senza soffocare il tempo per vivere.
Non voglio confondere la nebbia
col mio alito:
si affaccia l’anima
a guardare.
Non più camminare sulla cenere umana
non più raccogliere resti in mare.
Grido dal fondo di me: mai più!
Mastico la paura affinché
nessun orrore ritorni.
Camminare attraverso il vivere:
l’amore è infinita scintilla
che non si doma
che non si chiude.
E noi qui a rammendare storie.
Impallidiscono i visi nel tempo
ma ritorna la vita.
A NONNA VELIA
Con passi leggeri
la memoria s’incammina…
nebbia appare tra i vicoli
quando la luna sonnecchia sui tetti.
E accende il silenzio.
Nel tuo scialle nero, nonna,
avvolgevi la notte
e cullavi tra le braccia
i miei sogni di bambina.
Raccontavi stagioni e profumi
tra le rughe del viso intravedevo i tuoi anni
ma gli occhi brillavano mattini di sole.
Tra le mani stringevi
campi di spighe mature
e al fuoco dell’alba
lievitavi pane e biscotti.
Con pazienza aspettavi castagne e fichi
e la solitudine non esisteva,
tutto era legato ai voli di rondine.
Inseguivi angeli di vento e di pioggia
e infondevi fiducia e coraggio
con l’umiltà di chi sa esistere.
In questa notte
intima e piena
dove raccolgo paesaggi e speranze
ti rammento
guardando i miei capelli
identici ai tuoi
e le mie mani
che da te hanno imparato
ad assaporare ad accarezzare e
a raccogliere
respiri di vita.