In occasione dell’ultimo Premio Strega una giovane casa editrice si è fatta largo tra i colossi editoriali del nostro paese. TerraRossa edizioni, con il libro d’esordio di Michele Ruol Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia, è stata senza dubbio la sorpresa positiva di questa tornata del celebre premio letterario. Sorpresa, però, non per tutti. I più attenti alle dinamiche editoriali in questi anni avranno avuto modo di imbattersi in molti titoli di grande qualità e interesse tra quelli selezionati dalla casa editrice pugliese che passo dopo passo ha saputo costruirsi una solida reputazione nell’ambiente della narrativa italiana contemporanea. Abbiamo incontrato Giovanni Turi, direttore editoriale ma non solo, per farci raccontare com’è stata questa avventura allo Strega ma anche com’è il lavoro di una realtà che prova a diventare grande.

Prima di tutto una domanda ineludibile: credevate di rientrare nella cinquina del Premio Strega di quest’anno?
Ovviamente non credevamo saremmo mai riusciti a entrare in cinquina con un marchio piccolo e indipendente come TerraRossa Edizioni né quest’anno né mai. Altrettanto ovviamente siamo molto contenti di essere stati smentiti.
Cosa comporta per una casa editrice piccola, rispetto ai colossi editoriali che competono per la vittoria del Premio Strega, confrontarsi con questo tipo di palcoscenico in termini logistici e organizzativi?
Be’, se alcuni marchi possono prevedere con discreta approssimazione l’ingresso in cinquina di alcuni titoli e quindi stampare un numero adeguato di copie e avvisare l’autore che può, pur con qualche incertezza, organizzarsi di conseguenza, per noi ha significato implorare il tipografo di darsi da fare, immettere sul mercato una tiratura molto molto più alta del consueto (con il rischio di resi da qui a diversi anni) e cercare di aiutare Michele Ruol a gestire il tour di venti appuntamenti in tre settimane (insieme alle sue esigenze famigliari e lavorative: non capisco ancora come abbia fatto).
Sei d’accordo con la cosiddetta “quota indipendente” che riserva un posto allo Strega per le piccole case editrici?
È una novità introdotta da pochissimi anni mirata a dare spazio e visibilità anche a case editrici piccolo-medie, che quasi mai riescono ad accedere direttamente in cinquina (siamo stati una felice eccezione, quest’anno), per cui mi sembra assolutamente meritoria negli intenti e negli esiti.
In termini commerciali esiste davvero il ritorno di cui si parla nel rientrare nel novero dei finalisti del Premio?
Assolutamente sì, il ritorno commerciale c’è già accedendo nella dozzina dei candidati, perché moltissime librerie allestiscono scaffali appositi e magari scoprono case editrici che in precedenza non avevano mai trattato, così come è sempre molto vivo l’interesse dei lettori comuni introno al premio. Altro discorso sarebbe poi da fare per il gran numero di resi che una maggiore diffusione comporta, ma è un rischio che vale assolutamente la pena correre e generalmente compensato dagli introiti di vendite e visibilità.
In cosa differisce, e in cosa invece è simile, il lavoro di una piccola realtà come TerraRossa rispetto a grandi attori editoriali come Feltrinelli o Einaudi?
Questa domanda richiederebbe una risposta troppo lunga e articolata, per cui mi limito a riscontrare che una grande casa editrice pubblica e promuove ogni mese molti (anzi, troppi) titoli e inevitabilmente non può concedere i medesimi tempi di gestazione redazionale e le stesse opportunità di promozione a tutti; di contro gode di strumenti e spesso di un prestigio che gli facilitano molti passaggi. Una piccola casa editrice lavora con dedizione e scommette con la medesima intensità su ciascun libro in catalogo.
Com’è avvenuto il primo incontro tra te e Michele Ruol, come avete lavorato a questo libro e, infine, vi aspettavate di arrivare così lontano con questo titolo?
La scoperta di questo titolo la devo allo Studio Editoriale Crudo, e non smetterò mai di essergli grato; era nella loro vetrina e me ne sono innamorato subito: ho più volte ripetuto che ho inviato il contratto a Ruol prima ancora di terminare la lettura dell’Inventario. Quanto all’editing, abbiamo rivisto qualche passaggio, sostituito qualche oggetto deperibile con altri più duraturi e poco altro: l’autore aveva già fatto un ottimo lavoro di editing con Silvia Sirolini.
Riguardo al successo, forse prima ancora di me l’aveva immaginato Alessandra Mele, che come agente ha affiancato Michele Ruol da qualche mese, rivelandosi una presenza preziosa; io ci speravamo, perché l’eccentricità della struttura e il nitore della scrittura colpiscono subito, ma era davvero inimmaginabile arrivare sin qui e ne approfitto per fare una puntualizzazione: il libro ha riscosso tale entusiasmo da parte della critica, dei lettori e dei librai che qualcuno ha azzardato che fosse stato concepito per partecipare e vincere ai premi. È un’idiozia: se esistesse una presunta formula del successo, non sarebbero certo stati un esordiente (di professione anestesista) e un piccolo editore a tirarla fuori dal cilindro. Il mio lavoro, le mie aspettative e il mio impegno intorno a questo titolo è stato il medesimo che tributo a ogni libro di TerraRossa.

Ci racconti un episodio, una persona, o uno scambio di battute che ti è rimasto impresso di questo percorso che vi ha visto in giro per l’Italia insieme a Michele Ruol?
A girare è stato soprattutto Ruol ma di persone da nominare ce ne sarebbero tante, innanzitutto Walter Veltroni, che lo ha proposta al Premio Strega e che ha sempre dimostrato una cordialità, un’attenzione e una partecipazione gratuite e preziose. Vorrei poi far cenno ai tanti genitori che hanno vissuto un lutto simile a quello dei protagonisti del romanzo e che ci hanno scritto per ringraziare Ruol della delicatezza e precisione con cui ne parla.
Hai notato delle differenze nel sistema dello Strega con la vostra precedente partecipazione col libro di Petruccioli nel 2021?
In quel caso ci siamo fermati alla dozzina e, soprattutto, eravamo ancora in epoca di restringimenti a causa Covid, per cui è stato un percorso diverso sebbene anche in quel caso si trattasse di un esordio meraviglioso (a proposito, se non avete letto La casa delle madri, fatelo).
Seguendo i tuoi canali social c’è una sorta di rubrica involontaria in cui riporti spesso surreali scambi di battute tra te e persone che si approcciano alla casa editrice in modo assolutamente casuale. Dopo la vetrina del Premio Strega sarà sicuramente aumentata la quantità di invii di manoscritti e proposte anche di quelli diciamo non sempre centrati? Come si gestisce questo flusso continuo da parte di una piccola realtà?
Con tutta la pazienza e la cortesia di cui si è capaci. Ogni tanto ci scherzo su e sdrammatizzo, ma ho grandissimo rispetto di chiunque investa una marea di ore del proprio tempo per scrivere con esiti aleatori. Certo, informarsi e conoscere meglio le realtà alle quali ci si propone sarebbe preferibile, ma siamo in un tempo che troppo spesso ci costringe a essere precipitosi…
A tal proposito vorresti raccontarci quali sono i canoni che guidano la vostra selezione dei titoli da pubblicare?
La consapevolezza degli autori di possedere e far vibrare una voce propria e di nessun altro, l’utilizzo insolito degli strumenti espressivi, insomma la ricerca stilistica intesa però non come puro onanismo ma come opportunità di rafforzare la propria idea narrativa e renderla unica.
C’è qualche libro del vostro catalogo degli anni scorsi che avresti voluto vedere fare lo stesso percorso di Ruol?
Sarei tentato di nominare i titoli commercialmente meno fortunati, ma sarei insincero: ciascun titolo del catalogo, pur con le proprie specificità, è un tassello imprescindibile di un’idea di letteratura che non disdegna l’eccentricità e la complessità e avrei voluto avesse potuto incontrare un numero maggiore di lettori.
Per chiudere vuoi raccontarci cosa avete in programma per i prossimi mesi in termini di pubblicazioni e progetti?
Continuare a pubblicare poco e bene, a partire dalle prossime due uscite autunnali: a ottobre arriverà l’esordio di Germano Antonucci con La ragazza di luce, un romanzo che travalica i confini del noir per raccontare una storia di formazione e assenze, di illusioni e raggiri; a novembre la seconda prova narrativa di Luca Tosi, Oppure il diavolo, che conferma la capacità dell’autore di impastare oralità e riproduzione dell’ondivago flusso dei pensieri per plasmare personaggi vivi e malinconici, come già aveva fatto con Ragazza senza prefazione – ma qui secondo me fa anche uno scatto in avanti nella capacità di elaborare una trama solida e che si apre alle suggestioni del surreale.