L’amore visto da Valerio Mieli è una questione temporale: temporale nel senso di temporalesco, con tutti i suoi scrosci e le fratture del cielo, temporale nel senso di modellato da e modellante il Tempo. Se fosse un testo filosofico prenderebbe la forma di Liebe und Zeit ricalcando il titolo di un’opera che si appresta ormai ai suoi cento anni.
Così come gli Inverni erano dieci, scavando nello scorrere del sentimento, e i Ricordi affondavano nella dimensione temporale della memoria, così Scelgo Tutto (La Nave di Teseo, pp. 418) affonda le sue radici nelle dimensioni dell’attimo: l’attimo come bivio di altri infiniti bivi.
Il tema della così detta Sliding Door è stato sottoposto all’esame tanto da registi, come ad esempio nella nota dramedy del 1998, o in tempi recenti anche da autori rinomati come Paul Auster nel suo 4321, seppur ognuno da un’angolazione diversa, che fosse quella del nucleo dell’istante o semplicemente quella dei destini alternativi.
Mieli sceglie una via ibrida che porta ad una consapevolezza di una sorta di indistruttibilità del tempo, poiché anche il momento che potrebbe risultarci il più importante potrebbe in fondo non essere stato quello decisivo, così come quel momento stesso non concede talvolta la fuga da destini da cui per qualche scherzo crudele non ci si può salvare. Quella che da una parte sembra per il protagonista Cosimo, detto Cosmo come l’universo contenitore del Tutto e separatore del Niente, un’apertura ad un nuovo ventaglio di possibilità, risulta invece per l’altro da lui, talvolta rimestamento, talvolta un circolo di incontri eterni, in particolare per il personaggio di Sabina.
Sabina oggetto del primo amore che, anche quando non è l’amore definitivo, è forse in qualche modo l’amore più onesto, di quell’onestà data dal continuo emergere del nuovo. Se guardandosi ad uno specchio pieno di crepe Cosmo può vedere la sua immagine dividersi e sformarsi nelle sue tante realtà, lo sfondo di ogni nuovo subisce lo scotto sì di una modificazione, ma di una modificazione fangosa, che ancora alla realtà e pone l’interrogativo di fronte all’esistenza di un effettivo mondo possibile.
Nel romanzo di Mieli l’amore è un amore sconnesso, sfilacciato, così come emerge con forza dagli altri personaggi come ad esempio Marie-ma, Giacoma, Simona, Giorgio. Le storie d’amore nel romanzo di Mieli sono storie disallineate, un disallineamento che il lettore può direttamente esperire, ma che ai personaggi è oscuro e che proprio per questo alimenta le fila del dolore inconsapevole, di quello legato alle inevitabili scoperte, le batoste. Allo stesso tempo come ad emergere è il negativo, le parole si interrogano sull’eterno, sul significato di una delle parole amorose più usate ma allo stesso tempo più sconosciute, quel sempre che è così arduo da intendere ma che allo stesso riempie le promesse, abbraccia le volontà, o perlomeno le volontà dell’attimo della sua enunciazione, opponendosi alla sua stessa forza dilatatrice. La temporalità limitata allora riaffiora in questo momento come chiave di lettura di quello che è più di un farsi compagnia, ma che rimane alla lunga incastrato in una dinamica legata all’ineluttabile incertezza dell’eterno. In questo senso il tempo schiude il suo senso arricchendosi della sua dimensione spaziale, una dimensione del viaggio, nella quale il dove e il quando restano uniti come in un amplesso scivoloso.
DI fronte al bivio e ai bivi Mieli riesce a non cadere nel tranello dello squilibrio, la costruzione di storie duplicate, triplicate e così via, corre infatti sempre il rischio di trovare una storia dominante che renda le altre quasi un ostacolo alla lettura dell’oggetto di interesse. Mieli riesce invece a reggersi sulla corda tesa e nonostante non si possa evitare la generazione della preferenza davanti ad una vita rispetto alle altre, non si può neanche dire che si corra quantomeno il rischio del disinteresse.

E poi di nuovo l’amore ecco, questo amore che è come un miele aspro. È un amore di una molteplicità ombrosa che tanto brilla tanto nasconde, un amore fatto di un tendere-a senza mai in fondo sapere il proprio significato ultimo, una corporeità mai esposta, una sessualità e una sensualità sempre mostrata dagli avvenimenti secondari, dallo scivolare come anguille per il sudore, ai rapporti farraginosi e ben lontani dal sesso esaltante che è una delle più semplici proposte del contemporaneo.
L’amore manchevole è quello che attraversiamo nelle pagine del romanzo, un amore che non è solo un amore di coppia, ma un amore filiare, genitoriale, l’amore degli altri visto attraverso degli occhi che non possono capirlo fino in fondo ma, che possono in qualche modo leggerlo, l’amore delle persone a cui vogliamo bene che si sgretola o si rinsalda.
L’essenza cosmica del protagonista accoglie in questo senso la dimensione totale del titolo, scegliere tutto non è solo prendersi tutte le vite, ma anche nutrirsi di ciò che nelle vite affiora allo stesso tempo il suo contrario, proprio come in quel libro che compare nel romanzo, un libro che doveva insegnare a scegliere tutto e invece insegna a scegliere niente, insegna una via della contentezza. Perché anche di questo parla il libro di Mieli, di cosa significhi accontentarsi e di cosa sia invece volere una vita sbadabam, del reale e della sua proiezione, per fare i conti in fondo con quello che alla fine di tutto ci è rimasto tra le dita quando ci scontriamo con gli occhi che si chiudono, questa volta sì, per sempre.
Ma così come tutto si intreccia a ciò che ci circonda Scelgo Tutto è anche un romanzo di profonda solitudine, o meglio, sui gradi di sopportazione alla solitudine a cui ci si può affacciare. Cosmo attraversa gli amori e l’eremitaggio, coglie i limiti dei primi e del secondo ricostruendosi in tutte le vite molteplici all’interno delle quali viene proiettato, perché il senso di scegliere tutto forse è proprio quello di vivere tutto, per prendere da quel tutto il singolo mattoncino che ricostruisca le nostre sempre nuove totalità, senza dare però ad esso il significato della svolta, perché “certo che le cose poi vanno come vanno. Vanno dove vogliono loro. Hai fatto bene, hai fatto male? E chi lo sa“.