Sonnenallee (Einaudi, traduzione di Alice Gardoncini) è un romanzo delle piccole cose, ma di quelle che contano. Ambientato nella DDR negli anni ’80, l’opera di Brussig racconta la storia di un gruppo di ragazzi che abitano a pochi passi dal muro di Berlino che, tagliando proprio la Sonnenallee, in una percentuale assai curiosa, separa l’Est dall’Ovest.
Il romanzo di Brussig non spiega il politico, ma lo mostra all’interno della semplice quotidianità dei suoi personaggi, dalla guardia di quartiere ai controllori dei checkpoint. Il protagonista del romanzo è Micha, un ragazzo che galleggia nella normalità assoluta della sua età e che si avvia a scoprire quelle cose universali, che trascendono il politico, ma che vi abitano all’interno: l’amore, la musica, il rifiuto.
Micha, detto Miša, vive una vita tutto sommato tranquilla e ordinaria all’interno della realtà socialista di Berlino Est, abitando con i genitori in un piccolo appartamento, convivendo con l’ossessione della madre di inviarlo a studiare a Mosca e con la convinzione del padre di avere per dirimpettaio un agente della Stasi.

La realtà è quella delle apparenze da salvare a tutti i costi, dove anche la scelta del quotidiano mattutino può fare la differenza tra scalare le gerarchie sociali o rimanere impantanati in una vita senza uscite, dove una parola a voce troppo alta può trapelare da mura sottili e costare carissimo.
I personaggi vorticano intorno a piccole battute di spirito che tratteggiano il loro modo di vivere all’interno della dimensione della DDR, dal timore di non riuscire ad avere un futuro nei ranghi della società, ai commenti sarcastici verso alcune delle assurdità della burocrazia locale, all’Ovest che incombe con le sue luci colorate dall’altra parte del muro.
Ed è proprio dall’Ovest che viene la più grande minaccia per gli interessi di Miša, poiché Miriam, la sua prima gigantesca cotta, ha un feeling particolare con i ragazzi che attraversano il Checkpoint per trascorrere una serata all’Est, ragazzi che puntualmente catturano la sua attenzione più di qualunque Ossi. I maledetti Wessi che la sera gli rubano l’amore e di giorno, protetti dal muro, gli urlano sfottò continui: sulla casa, sui vestiti, sul suo stare al mondo.

Il passaggio unilaterale da una parte all’altra della Sonnenallee è un leit-motiv del libro che si fissa attraverso personaggi curiosi come lo Zio di Miša, che ad ogni visita vanta il contrabbando di merci in realtà non proibite come caramelle e bevande, e quella che diventerà la vera e propria missione di Micha: il recupero di una lettera d’amore dalla mittente sconosciuta, nella speranza che provenga dalla stessa Miriam.
Il recupero della lettera, tragicamente portata dal vento nella striscia della morte, diventa un gioco di invenzioni astruse che rimanda proprio alla stessa assurdità del doversi ingegnare così tanto per un solo oggetto scivolato via dalle mani, così come diventa una missione parallela la ricerca da parte degli amici di Miša di una copia di Exile on Main Street dei Rolling Stones.
Il libro cresce attraverso un climax per arrivare verso un finale dove tutte le cose risultano incatenate, dove ad andare a braccetto sono la sparizione del possibile e una gita a spasso con la morte.
A concludere il libro una postfazione di Franzen incentrata proprio sulle piccole delicatezze che il libro illustra, per mostrare che anche laddove via sia ciò che il mondo individua come l’oppressione riesca ad ogni modo a sorgere la vita in tutte le sue sfumature.
“Sonnenallee” si colloca in una terra di mezzo tra Goodbye Lenin e Le vite degli altri, un racconto che equilibra l’esser scanzonati della gioventù e l’ambiente circostante e che in questo suo essere spazio di transizione si identifica proprio in quella “striscia” dove tutto muore, ma dove anche si piantano le speranze dell’ignoto.