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Twitter: il medium del momento o il grande disinformatore?

Comments (2)
  1. Fabio Myskin ha detto:

    Scrive Toni Servillo (in un’intervista
    su Io Donna di questa settimana): “Se
    essere moderni significa essere velocissimi – per non capire niente, per non
    approfondire un cavolo, per non impegnarsi – allora io sono antichissimo.”

    Queste parole si sono affacciate
    nella mia mente mentre leggevo il tuo articolo come possibile chiave di lettura
    del quesito che tu hai posto e che ci poniamo in tanti.

    In questo senso credo che Twitter
    sia l’effetto più che la causa. Effetto di una evoluzione tecnologica, ed in
    particolare degli strumenti informatici, che ha depauperato l’idea
    stessa di giornalismo ridotto ormai a mera pubblicazione e diffusione di
    “breaking news”. Modifica della forma che è diventata di sostanza, in un rapido
    passaggio che, nel caso del giornalismo, ha visto trionfare l’opinione raccontata
    come fatto.

    La possibilità di comunicare in
    maniera diretta e costante e conseguentemente la speculare possibilità di
    accedere alle informazioni con le medesime modalità ha distrutto in pochissimo
    tempo la funzione, tipica del giornalismo, di verifica, di selezione, di
    approfondimento delle informazioni stesse. Dai siti dei quotidiani, ai blog
    fino all’uso di Twitter il passo è stato breve determinato com’è (e come s’è
    reso necessario) dal Dio della velocità, e dalla conseguente (folle) scelta che
    è preferibile precedere un concorrente nel dare una notizia falsa o irrilevante
    piuttosto che bucarne una reale che non si è fatto in tempo a verificare.

    In questo senso mi riallaccio ad
    una richiesta che facevi in un articolo sulla fruizione di questa webzine a
    proposito del film “No” e del discorso di Saviano: chiedere che si “sfogli”
    L’Indiependente è richiesta sacrosanta e condivisibile ma (ahimè) anacronistica.
    Perché nel momento in cui si sceglie di creare un blog o un giornale online si
    sta implicitamente accettando una fruizione totalmente differente. Come scrive
    Baricco ne “I Barbari”, non a caso l’espressione che si usa è “surf the net”. E “surf” è l’opposto di andare
    in profondità, di immergersi, di muoversi in senso verticale per approfondire e
    osservare piuttosto che farsi guidare rapidi dal vento con uno sguardo che non
    può essere altro che una carrellata rapida ed inefficace sul mondo che si sta
    guardando.

    Quella a cui negli anni abbiamo
    assistito è una mutazione senza precedenti per tempi brevissimi e per impatto.
    Sottrarsi è in parte possibile ostinandosi a filtrare il mondo attuale
    attraverso schemi classici, cercando ad esempio di seguire attraverso percorsi
    personali l’approfondimento di ciò che maggiormente può colpire i nostri
    interessi. Ma è possibile che la selezione naturale preservi chi invece si
    faccia portare dal vento 2.0 e lasci sprofondare sul fondo degli abissi queste
    strane creature marine che se ne stanno sotto il livello del mare.

    1. Gio Taverni ha detto:

      sicuramente è una richiesta anacronistica, però dipende un po’ da cosa e come scegliamo i contenuti, se facciamo un discorso di fiducia o siamo solo presi dai single post del momento, cioè dalla notizia appunto. credo che almeno un tempo contasse molto la ”fiducia” in un progetto: ma forse erano i tempi in cui si sceglievano anche ”pacchetti di pensiero” insieme ad un giornale, e non c’era molta interattività, cosa che ha contribuito a portare anche twitter, in fondo chi sceglierebbe altro quando può sentirsi protagonista in prima persona? è una rivoluzione, su questo hai ragione, anche velocissima, e coglie tutti impreparati: ma io credo che si possa ancora fare un discorso di fiducia (illusioni!)

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