Il 26 ottobre 2013 44.197 persone hanno girato altrettanti video con qualsiasi mezzo a disposizione (telecamere, cellulari, fotocamere, ecc…) per partecipare al progetto Italy in a Day che è poi diventato un documentario grazie alla selezione e al montaggio di 632 tra i video ricevuti.
Più che regista, curatore del progetto è stato Gabriele Salvatores che si è avvalso della bravura di montatori quali Chiara Griziotti e Massimo Fiocchi per scegliere tra le 2200 ore di immagini che gli erano state inviate: ciò che ne è venuto fuori è un atipico documentario, una sorta di diario collettivo fatto di riflessioni, confessioni, “un censimento delle emozioni e dei pensieri degli italiani” (di una minima parte ovviamente), un collage senza filtri e con un sottilissimo filo conduttore, ricercato e costruito con maestria da Salvatores e gruppo di lavoro, che non rendesse eccessivamente sconclusionato il montaggio di una tale quantità di video.
L’epoca della partecipazione mediatica, l’era del selfie compulsivo, del protagonismo e della voglia di apparire era la base su cui fondare un progetto del genere che, con questi presupposti, difficilmente sarebbe potuto fallire a livello numerico: non era, al contrario, facile prevedere la varietà di soggetti e di ambientazioni dei video che si sarebbero ricevuti così come la genuinità di chi viene ripreso.
Italy in a Day è un progetto figlio di Life in a Day di Ridley Scott che, nel luglio 2010, organizzò per Youtube e finanziato da una multinazionale una specie di “istantanea collettiva” con la stessa dinamica organizzativa dei video da ricevere ma con un montaggio completamente diverso da quello pensato ed effettuato da Salvatores e co. ; se nel caso di Scott il film prendeva un ritmo da videoclip musicale scegliendo simbolicamente la contemporaneità degli eventi, in quello di Salvatores la tecnica del montaggio si sofferma sugli individui evitando una messinscena indirizzata, affidandosi alle persone dei video, nel bene e nel male, e ad un accompagnamento musicale perfetto creato apposta dai Deproducers.
Dai volti in posa desiderosi di mostrarsi e parlare dinanzi l’occhio di una cinepresa (o qualsiasi cosa sia) ai neonati inquieti e piangenti nelle notti insonni, dall’astronauta Luca Pamitano che mangia le lasagne precotte nello spazio infinito al ragazzo che a bordo di una nave va in America ripetendo la traversata che fecero i nonni quando emigrarono un secolo prima, poi le attese negli ospedali per i parti così come per una visita qualsiasi, gli anziani suddivisi tra la saggezza, il senso di inutilità e l’arteriosclerosi che fa dimenticare persino il nome di un figlio…sono solo alcuni frammenti di una infinità di spezzoni di vita italiana in un giorno, il 26 ottobre 2013.
Progetto affascinante, di grande presa emotiva, ma anche molto furbo, costruito con maestria e, come già detto, con un rischio minimo di fallimento; perché va precisato che Italy in a Day è il classico prodotto che piacerà universalmente per la scorrevolezza, perché si racconta la realtà in maniera molto comune e senza eccessivo moralismo e men che meno intellettualismi, ma allo stesso tempo sarà gradito ai più snob così come ai cinefili per la sperimentazione cinematografica di un progetto del genere, un esperimento che però non deve diventare consuetudine banalizzando e rendendo “merce televisiva” quest’idea. A sottolineare il probabile gradimento generale ci sono stati i 10 minuti di applausi che hanno accoltoil film ai titoli di coda alla proiezione per il pubblico della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Oltre alla chiamata ai “15 minuti di celebrità” con l’invio di un video la furbata produttiva deve aver previsto anche il doppio ruolo delle persone coinvolte, in quanto le migliaia di partecipanti al progetto si sentono giustamente protagoniste e ovviamente diventeranno con parenti e amici spettatori di Italy in a Day, film che la Rai distribuirà nei cinema il 23 settembre, ma dopo meno di una settimana dall’uscita , il 27, trasmetterà su Rai Tre: ora, d’accordo che la distribuzione a tappeto sulle varie piattaforme disponibili è un auspicio per la sopravvivenza del Cinema del futuro, ma perché la Rai fa uscire nelle sale un prodotto che poi trasmetterà a distanza di 4 giorni su un canale del servizio pubblico? A parte i cinemaniaci e cinefili come il sottoscritto (e non è neanche detto), chi andrà a vedere al cinema un film che avrà a disposizione in tv dopo qualche giorno e quindi dopo qualche ora in streaming telematico (legale)?
Convinto che nessuna risposta a tal quesito risulterebbe soddisfacente e tantomeno, a mio parere, sensata, come buona parte dei criteri di distribuzione cinematografica nell’era contemporanea, ritengo Italy in a Day un documentario discreto e interessante e a tratti commovente.