Ogni anno durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il tormentone è: riusciranno quest’anno gli italiani a conquistare il Leone d’oro? Però poi se a vincerlo è un documentario come Sacro GRA di Gianfranco Rosi (Venezia 70. lo scorso anno), il mugugno si inasprisce per sottolineare che un’opera del genere non era degna del massimo riconoscimento.

Mai contenti, di base, noi italiani, figuriamoci i critici cinematografici divisi da sempre in fazioni, in sette, per simpatie, tanto che la maggioranza dopo aver stroncato quasi all’unanimità il film Hungry Hearts di Saverio Costanzo, alla notizia della Coppa Volpi all’interprete femminile Alba Rohrwacher per il ruolo della madre vegana che vuole crescere il figlio nel purismo assoluto a rischio della sua salute, invece di parlare della bravura incredibile di questa ragazza (compagna del regista Costanzo) si è soffermata sul contentino che in giuria Carlo Verdone è riuscito a strappare per il Cinema italiano.

Ad ogni modo Venezia 71. ha visto il trionfo del regista svedese Roy Andersson che ha ricevuto il Leone d’Oro per il suo film Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, e sfido chiunque a dire che un titolo del genere non meritasse a prescindere e sulla fiducia un riconoscimento.
La sequela di brevi scene in piano sequenza divise tra l’armonia tragicomica dei due protagonisti e la rigidità registica delle riprese di Andersson ha diviso non poco critica e pubblico e a quanto pare anche una giuria tutt’altro che unanime nei giudizi.

Le aspettative e le previsioni della vigilia sono state tutte smentite tanto che gli acclamati Birdman di Inarritu e Il Giovane Favoloso di Mario Martone non sono stati neanche menzionati durante la premiazione per non parlare del Pasolini di Ferrara che forse poteva aspirare al premio all’interpretazione maschile di Willem Dafoe nei panni del poeta di Bologna. A proposito dell’interpretazione maschile è sembrata un’esagerazione la Coppa Volpi ad Adam Driver per Hungry Hearts di Costanzo sopratutto se confrontata con prove da applausi come quelle di Elio Germano(Il giovane favoloso) e Michael Keaton(Birdman) così come quella di Romain Paul che però almeno ha vinto la Coppa Mastroianni per l’attore esordiente per il film Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte.

Alcuni riconoscimenti sono riusciti a trovare l’approvazione generale e su tutti va sottolineato il Gran Premio della Giuria a The Look Of Silence di Joshua Oppenheimer, un documentario eccellente degno erede-seguito di quel The Act of Killing che raccontava la “purga” anticomunista che nel ’65-’66 portò in Indonesia all’uccisione di circa un milione di persone; stavolta Oppenheimer mostra l’atroce normalità di un presente in cui persecutori e sopravvissuti a quel genocidio convivono senza che il loro paese abbia fatto i conti con quel fratricidio. Altra approvazione generale per il Leone d’Argento alla miglior regia per Andrej Koncaloskj che ha l’abilità di convincere stilisticamente anche quando i suoi film non piacciono come Le notti bianche di un postino presentato in concorso.
Premio speciale della giuria è andato al regista turco Kaan Mujdeci per il film Sivas parecchio contestato sia al momento della proiezione che durante la premiazione, mentre per la miglior sceneggiatura è stata premiata con l’Osella la “signora del Cinema iraniano” Rakhshan Bani E’Temad per il film Tales. Il Leone del Futuro Premio Luigi De Laurentiis per la miglior opera prima è andato al regista indiano Chaitanya Tamhane per il film Court che ha vinto anche per la sezione Orizzonti.

Un premio che dispiacerà a una compagine politica che senza nemmeno vedere il film ne ha chiesto il sequestro e il blocco della distribuzione cinematografica, è quello dato a Belluscone di Franco Maresco, Premio speciale della Giuria ad un’opera grottesca e geniale per cui si sono mobilitati immediatamente gli adepti del Cavaliere pregiudicato che hanno gridato alla vergogna e al “vilipendio”.
Visto il piagnisteo generale per il Leone mancato all’Italia va detto che il Cinema nostrano ha presentato a Venezia 71. pellicole molto interessanti capitanate ovviamente dai premiati Belluscone di Maresco e Hungry Hearts (per le interpretazioni) di Costanzo, oltre all’applauditissimo Il giovane favoloso di Mario Martone: il sorprendente Anime Nere di Gianfranco Munzi, Perez. di Edoardo De Angelis, La Trattativa di Sabina Guzzanti, I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, Senza Nessuna Pietà di Michele Alhaique, Arance e martello di Diego Bianchi, i documentari Italy in a day di Salvatores, 9×10 Novanta di Bonfanti-Giovannesi-Marazzi-Marcello-Fgaier-Piperno-Quatriglio-Randi-Rohrwacher-Sejko sull’Istituto Luce, The show MAS go on di Ra Martino, Patria di Felice Farina, La vita oscena di Renato De Maria, La zuppa del demonio di Davide Ferrario, Giulio Andreotti – Il Cinema visto da vicino di Tatti Sanguineti.
Quanti di questi film arriveranno in sala? Quanti dei film presentati a Venezia verranno visti e ricercati in sala dal pubblico (compreso il “piccione” di Andersson)? E’ il dilemma che si ripete ad ogni conclusione di Festival, con la consapevolezza che la distribuzione non va per nulla d’accordo con la varietà e la sperimentazione festivaliera.
