Non stavo cercando di fare la vittima, ma poi il mondo mi ha insegnato quanto sia potente come truffa. Crediateci o no, io volevo soltanto avere successo. Darmi da fare come Papà, ma restando vivo e fuori di prigione. Il mio disperato inseguire la vostra approvazione dipendeva tutto da quello. Avevo bisogno di quella approvazione per essere considerato un uomo di successo. Ne avevo bisogno per sentire che la mia vita aveva importanza.
A parlare è Javier Perez, protagonista di “Vittima”, l’esordio nel romanzo dello scrittore statunitense Andrew Boryga, pubblicato in Italia da 66thand2nd nella traduzione di Violetta Bellocchio. Quello di Javi, così lo chiama la sua famiglia, è un racconto in prima persona a partire dalla morte di suo padre, di cui è testimone oculare a dodici anni, fino alla caduta in disgrazia di Javi stesso, trascinato dalla sua ambizione. Un «povero ragazzino tragico», per usare le parole di Boryga: genitori portoricani, ma nato e vissuto nel Bronx, un padre assente visto solo qualche volta e una madre impegnata fino allo spasimo per dare al figlio una vita normale. Crescendo, Javi prende le misure con la propria identità, le origini e ciò che la sua storia personale comporta, in un mondo in cui la tragedia paga e rende privilegiati. Sembrerebbe un ragionamento controintuitivo quello di Boryga, che si è preso cura di questo progetto di scrittura per dieci anni prima di mandarlo alle stampe, ma è un’idea maturata di pari passo con il lavoro dell’autore come giornalista e opinionista, e per questo molto acuto e veritiero. “Vittima” racconta, infatti, delle dinamiche contorte della fama, in particolare in ambito editoriale, di un ragazzo che ha vissuto una vita svantaggiata e modesta, anche se non abbastanza, ma comunque caratteristiche che lo porteranno a costruirsi da solo un’identità di vittima del sistema. Sarà questa la garanzia del successo. Si tratta, allora, del romanzo di formazione di uno scrittore, ambizione chiara fin da bambino, e dei compromessi a cui deve sottostare per far sentire la propria voce. Si comincia con un blando “condire” la vita personale per entrare all’università con una borsa di studio, per poi continuare con questo abbellimento della sua condizione di POC, person of color, nell’ambito universitario con finti episodi di razzismo e marginalizzazione che interpreta con il nuovo set di concetti imparati da Anais, sua compagna, e dal Latino Thriving Center, un’organizzazione studentesca che si concentra sull’esperienza degli studenti latinx.
Prima dell’università, il Bronx era solo una zolla di terra su cui mi era capitato di nascere. […] avevo capito che per quasi tutti gli altri il Bronx evocava immagini di palazzi in fiamme, sparatorie e inseguimenti in auto, rapper, e uno zoo dove correva voce fossero gli animali a mandare avanti la baracca. […] A seconda della persona, vacillavano tra il guardarmi come una sorta di boss malavitoso che andava temuto e il considerarmi un mestissimo rifugiato da qualche paese in perenne stato di guerra che andava ignorato.
È Anais la prima a credere fortemente nella sua voce di scrittore, è lei a fornirgli gli strumenti per il ruolo di vittima conclamata, «La tua voce è importante» gli dice, ma poi è tutto merito di Javi che ci crede così tanto da contraffare la sua voce e creane una nuova di sana pianta, modellata su ciò che Anais, il Latino Thriving Center e future lettrici e lettori vogliono sentire. Javi è un moderno impostore: abbastanza comodo nelle sue origini portoricane da risultare credibile nelle denunce sociali sul giornale dell’università, ma anche abbastanza pieno di sé da non ritenere così gravi le invenzioni di cui saranno piene le sue prese di posizione pubbliche. E quando il castello di carta, e articoli, crolla in maniera plateale, il rifiuto di sé e di ciò che ha costruito con il lavoro di editorialista si fa assoluto e tragico, ma solo per un tempo limitato. L’ambizione da scrittore tornerà a farsi sentire.

Il romanzo, un esordio che trae beneficio soprattutto dallo spunto narrativo brillante e ben ragionato di Boryga, offre una rappresentazione interessante dell’editoria statunitense, ma anche del modo in cui diversità e inclusione delle minoranze vengono trattate, e su quanto la scrittura possa diventare pura performance a discapito della verità. È la performance di Javi il centro di tutto, non più la sua identità, né le sue origini, e a spingere l’acceleratore c’è l’ambizione personale, certamente, ma soprattutto un sistema editoriale sempre a caccia dell’articolo virale, di rottura, che smuove gli animi e agita i commenti. La verità del singolo, allora, viene sacrificata per il ben più importante numero di click. L’ebrezza del consenso che Boryga costruisce attorno al suo Javi spaventa per quanto risulta reale e pericolosa: inebria il singolo, ma anche, e soprattutto, un intero sistema di stampa pseudo alternativa.
Ogni volta che all’orizzonte spuntava la cresta di un nuovo caso, un nuovo problema, un argomento di tendenza, il mio compito era saltare su quell’onda e darle un qualche contesto personale che fosse in severo contrasto con gli elementi essenziali di cui si occupavano i veri «reporter» della rivista – i miei titoli erano sempre cose del tipo «Perché [inserire fatto di cronaca] è importante per me in quanto [inserire tratto identitario pertinente al contesto]» o «Quando è successo [inserire fatto di cronaca], ha risvegliato il mio [inserire trauma personale / dramma del passato semi-pertinente al contesto]» – e da lì andare ad accumulare i follower, i «mi piace» e i clic che il «Rag» amava sopra ogni altra cosa.
Javi cannibalizza storie e vite altrui e le plasma fino a toccare il successo vero, per poi bruciarsi come un moderno Icaro guidato solo da un ingiustificabile senso di impunità. “Vittima” riprende in maniera più matura e alcuni dei temi già presenti nell’editoria in lingua inglese, per esempio in Yellowface di R.F. Kuang, grande successo editoriale statunitense, ricco di colpi di scena, alcuni anche abbastanza incredibili, ma carente nella struttura e nel significato più profondo, significato che Boryga padroneggia con più mestiere. Il suo Javi tenta di manipolare un sistema malato già in partenza, si illude di piegarlo alla sua furbizia, ma di fatto è lui a essere masticato e sputato via. “Vittima”, allora, è un romanzo sulla lotta per diventare visibili, su quanto si è disposti a mentire per lo scopo e su quanto sia facile essere attivisti e icone nel panorama di mercificazione delle voci che è il web contemporaneo.