Santo Sud è il primo lavoro solista di Dario Sansone, leader dei Foja, storica band napoletana. Il suo percorso artistico attraversa, negli anni, non solo la musica ma anche la scrittura e il disegno. Lo stesso album prende le mosse da un libro omonimo edito da Comicon edizioni. Ha preso parte alla produzione di film d’animazione come “L’arte della felicità” e “Gatta Cenerentola” che hanno raccolto riconoscimenti del calibro di David di Donatello e nastri d’argento. A pochi artisti come Sansone può applicarsi a pieno titolo, infatti, l’aggettivo poliedrico. Ci siamo fatti raccontare da lui stesso la genesi di questo nuovo inizio che lo vede ricominciare da sé stesso.

Da dove nasce l’esigenza di (ri)partire per un percorso solista dopo tanti anni insieme a una band che ha fatto la storia della musica partenopea come i Foja?
Nasce dal bisogno di esplorare zone più intime del mio vissuto, con un linguaggio più personale. Dopo tanti anni, sentivo il bisogno di raccontare nuove storie in modo diretto, senza mediazioni, portando in musica la mia voce più nuda e sincera.
Il percorso solista presuppone la fine dell’esperienza Foja o i due mondi continuano a camminare insieme?
Assolutamente no. I Foja continuano a esistere e a camminare. Questo progetto è solo un altro ramo dello stesso albero: uno spazio parallelo in cui poter coltivare emozioni diverse senza rinnegare nulla del cammino condiviso.
In termini di scrittura e produzione, come ci si rimodula nel passaggio da fare un album in band a farne uno da solista?
Ci si mette completamente in discussione. Ogni decisione creativa ricade su di te: non c’è la mediazione del gruppo. È più faticoso, ma anche più libero. La scrittura si fa confessione, e la produzione cerca sonorità che riflettano questa intimità, in questa circostanza poi non avere la pressione sonora della band mi ha permesso di esplorare anche tonalità di voce più sussurrate.
Questo album è una sorta di concept in cui si esplora l’anima di Napoli ma non solo. In qualche modo sembra una fotografia dell’anima dei sud del mondo, territori e popoli che lo stereotipo vorrebbe soltanto solari ma che invece sono abitati anche da tante ombre, non è vero?
Sì, esatto. Volevo raccontare la complessità del Sud, che è luce e ombra, gioia e malinconia. Napoli è il mio punto di partenza, ma l’album guarda a tutti i Sud del mondo, fratelli per cultura, dolore, speranza e bellezza e soprattutto vuole essere oggetto di indagine sull’umanità, sulle sue contraddizioni. Tutto il lavoro è nato dalle riflessioni e dai sentimenti generati dalla forte gentrificazione che la mia città sta vivendo, che paradossalmente nel suo mettere in risalto Napoli la sta anche smaterializzando per certi versi.
Come nasce l’asse Napoli/Parigi in cui è germogliato questo disco?
È nato in modo naturale, grazie all’incontro con Seb Martel, suggeritomi dalla cantautrice Flo. Parigi è diventata una seconda casa creativa, un luogo dove ho trovato nuovi suoni e stimoli. L’asse Napoli/Parigi è diventato un ponte emotivo e musicale. La Francia è un luogo che da sempre ha grande curiosità ed attenzione per le forme artistiche inoltre musicalmente è crocevia di musiche provenienti dal mondo.
Come nascono le collaborazioni con i musicisti e i produttori che hanno preso parte a questo album?
Tutti le collaborazioni sono arrivate in maniera del tutto naturale, ho incrociato gli artisti presenti in Santo Sud lasciando che le occasioni si creassero in maniera spontanee. È stato un incontro di anime prima che di professionisti.
Il termine “artista” si adatta davvero bene al tuo percorso. Al contrario di quello che si può pensare tu nasci nel mondo del disegno per poi arrivare alla musica. Ci vuoi raccontare un po’ come porti avanti questo tuo lato parallelo che ti ha regalato anche diversi premi e riconoscimenti di un certo spessore?
Il disegno è il mio primo linguaggio. Ancora oggi lo porto avanti, spesso in parallelo ai progetti musicali. Quando disegno entro in uno spazio simile a quello della scrittura musicale: è sempre narrazione, è sempre emozione che prende forma. Lego l’atto musicale ad una piena e istantanea condivisione, la musica è fatta della stessa sostanza dell’anima e parla all’anima direttamente, il disegno è qualcosa di più intimo, di più personale che poi si apre agli occhi di chi osserverà quell’opera.
Che sia una graphic novel o una canzone, ci descriveresti il tuo processo creativo?
Parte sempre da un’immagine, un’emozione o una parola. Poi costruisco attorno, come se fosse un quadro o un racconto. La parte istintiva è fondamentale, ma arriva sempre un momento in cui serve lucidità per dare struttura. Entrambi i processi nascono da un’insofferenza, da un’irrequietezza.
Immagina di trovarti in un negozio di dischi come quello di “Alta fedeltà”: quali album consiglieresti a un ascoltatore che vuole avvicinarsi al tuo universo musicale?
Consiglierei:
Roberto Murolo – Antologia della canzone napoletana
Nirvana – “Bleach”
Pino Daniele – “Nero a metà”
Tom Waits – “Rain Dogs”
Neil Young – Harvest
A proposito di Sud del mondo, in questi giorni la città di Napoli è stata sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per la splendida risposta che la popolazione ha dato alla vittoria dello scudetto. Come hai vissuto questi momenti e che immagine secondo te è stata data della città al di fuori dei soliti stereotipi?
Sicuramente di una città intrisa di gioia, che sta maturando calcisticamente e come tifoseria, che mostra come sempre la sua unicità. È un momento magico sportivamente parlando, spesso possa riflettersi in altri ambiti, come quello culturale che necessità di attenzione e cura.