Tra tutte le band, gli Einstürzende Neubauten rappresentano certamente un unicum rispetto alla loro capacità di porsi come pionieri di una musica rivoluzionaria e indipendente, capace di reggere – mantenendo sempre un livello altissimo – l’inevitabile trascorrere del tempo. Alfieri di certo industrial europeo, il gruppo berlinese ha segnato quarant’anni di (non) musica guadagnandosi nel tempo la dimensione di band di culto e il rispetto della critica e dell’industria discografica tutta.
ShaKe Edizioni ha pubblicato a fine 2020 il volume Einstürzende Neubauten – Ascolta con dolore curato da Klaus Maeck che dei Neubauten è stato fan, amico e manager. Il libro su cui campeggia l’Halber Mensch, l’iconico simbolo della band, su sfondo dorato, appartiene alla collana Underground e non a caso: basta, infatti, sfogliarlo per accorgersi di avere tra le mani una pubblicazione particolare, sorta di samizdat musicale che è lontana dalla classica biografia. Il volume, infatti, raccoglie una serie di scritti, di recensioni degli anni ottanta, di contributi anche importanti – vedi Nick Cave – di disegni, fotografie, testi di canzoni, che ne fanno un oggetto gradevolissimo e particolare, quasi una fanzine clandestina che prova a fotografare – già nella forma – la carica rivoluzionaria e laterale della band tedesca.
“Inseguimento del fantasma degli Einsturzende Neubauten in un viaggio nel corso del tempo” secondo le parole dello stesso Maeck – Ascolta con dolore, con il suo analizzare praticamente – al netto di una coda finale che prova ad aggiornare il percorso successivo della band – i primi anni di attività dei tedeschi, offre al lettore l’opportunità di essere catapultato in quel periodo facendogli respirare quasi l’odore di cantine e case occupate, e concedendogli un’immersione nel linguaggio musicale del tempo che finisce col restituire con forza viva l’impatto degli Einstürzende Neubauten senza alcun filtro.
Ecco allora scoprire come la stampa fosse ossessionata dal carisma del leader Blixa Bargeld raccontato tra metafore e immagini fantasiose: «Un volto cadaverico al di là di ogni immaginazione. Sotto quel groviglio cespuglioso e animato di capelli si nascondono due grandi occhi, uno marcato dal mascara e l’altro pulito», «un ex becchino, barista, manager teatrale che prende il nome da una marca tedesca di penne a sfera», «l’esistenzialista dei poveri», «un piccolo ragno rachitico vestito di pelle».
Ma anche al di fuori dal clamore per personaggi certamente sui generis, concentrarsi tanto sulla natura rivoluzionaria dei loro live quanto sul significato alto dietro la loro proposta artistica. Quello che viene fuori dai numerosi contributi è, infatti, l’idea – fortemente ribadita dalle numerose interviste a Bargeld – di una band la cui espressione artistica è sempre stata in qualche modo subordinata a una filosofia capace di reggere il tutto – col senno di poi anche la svolta successiva meno rumoristica e maggiormente rarefatta.
Da una sala prove «come fosse in una miniera, distante mezz’ora dall’ultima fermata di autobus, sotto una tangenziale molto trafficata nella parte sud-ovest della città esattamente sotto l’architrave nord-est di un ponte autostradale», fucina di idee e rumore, i Neubauten si proposero come interpreti di un orizzonte e di una filosofia che coincideva con «il viaggio più emozionante di tutti: vivere la fine del mondo». Per i cinque «dilettanti geniali» come furono chiamati – con piacere reciproco – la loro creazione era il riflesso di un allontanamento dal mondo senza autocommiserazioni. Un «andarci incontro, con la consapevolezza che tutto sta per essere distrutto e dopo non ci sarà più niente». Una fine del tempo da vivere con un sentimento positivo, esplorando il vuoto e il silenzio e preparando il cammino a ciò che avrebbe potuto prendere il posto di un mondo al collasso, di un continente in rovina e di una Storia della quale si prevedeva già la fine.
Questa sensazione “di storia” che si percepisce nella città è qualcosa di immediato e durevole. Non esiste posto migliore per osservare da vicino come si è manifestato il Ventesimo secolo – tra gioie e dolori, rovine e sviluppo.
Del resto, in questo caso, non è possibile dimenticare come gli Einstürzende Neubauten furono forse l’espressione più autentica di quella Berlino dei primi anni ottanta che intuiva i possibili cambiamenti e al contempo era ancora schiacciata sotto il peso di una Storia che la rendeva simbolo stesso della Guerra Fredda. Dal primo concerto al Moon, il 1° aprile del 1980, con la band non al completo ma di fatto suo certificato di nascita ufficiale, i Neubauten avrebbero sempre conosciuto una dimensione live fortemente simbolica: dal concerto nel deserto del Mojave negli Stati Uniti che ne autenticò la caratura internazionale a quello storico al Palast der Republik di una morente DDR e di Berlino come simbolo di una nuova Europa, all’epoca emblema di un sogno che nessuno avrebbe immaginato tradito in una manciata di decenni.
«Ciò che facciamo è talmente lontano dal concetto di musica» – dice Blixa Bargeld – «che nessuno può più determinare le regole. Domani potremo affermare di non essere più una band piuttosto che un gruppo teatrale, e fare esattamente le stesse cose. Nessuno può dire dove finisce la musica, l’arte o la performance, l’installazione o dove comincia il palco. Le delimitazioni non sono mai state importanti. Per questo penso sia giusto definirmi un musicista, anche se percepisco una continua spinta esterna che mi porta ad espandere e amplificare il concetto di musica sempre di più, fino a che non ci sarà altro che musica.»
Una band che colpì fortemente il giovane Nick Cave dei Birthday Party in un racconto bellissimo: «stavamo nei Paesi Bassi… quando uscirono dalla televisione toni strani e ipnotici che sedussero immediatamente le mie orecchie in modo irresistibile, come se fossero un verme o una lingua» e ancora «Fu come se Ulisse e i suoi marinai ubriachi avessero aggredito una sirena solitaria, l’avessero impacchettata e legata, violentandola sulle rocce» una seduzione che avrebbe portato – con la scelta di Berlino come città d’elezione per i Birthday Party – prima a un’amicizia, quindi all’ingresso dello stesso Blixa nei nascenti Bad Seeds.
Stiamo arando un nuovo campo musicale in modo tale che possa essere fertile al momento giusto. L’ho già detto milioni di volte ma lo ripeto volentieri: prima cosa, questa non è musica, non ancora almeno, e se continueremo a farla per il tempo necessario, lo diventerà. Ampliare il nuovo mondo fino a che non ci sarà più nient’altro che musica.
Nel raccontare la nascita della band – formata in quegli anni oltre che da Blixa Bargeld, da N.U. Unruh, F.M. Einheit, Mark Chung e Alexander Hacke – questo libro ci ricorda l’incredibile valore di ricerca che si nascondeva dietro l’impianto rumoristico, la furia distruttiva dei live, l’uso di strumenti come martelli pneumatici, barili e seghe circolari. Un progetto artistico che, pur guardando nel vuoto della fine, è stato capace di andare avanti per oltre quarant’anni ormai, senza mai dimenticare la lezione del silenzio e l’ambizione altissima di una musica che sapesse dialogare con il vuoto.