Chitarre ed emotività: il concerto heavy del rapper nothing,nowhere.

Finalmente, dopo anni di peripezie, nothing,nowhere. torna in Italia per un’unica data, al Circolo Magnolia di Milano. La fauna concertistica che popola la venue fa capire perché chiamarlo “emo rap” è ormai riduttivo. Molti avventori, con le loro t-shirt degli Stick To Your Guns o dei The Devil Wears Prada, sembrano affamati di chitarre, mosh e circle pit, in cerca di qualcosa di alternativo a una scena New Core leggermente stantia. E la cercano sotto al palco di un rapper americano? Eh sì, perché Joseph Edward “Joe” Mulherin, ispirata penna di un cuore martoriato, l’ha messo in chiaro: “il mio futuro è sempre più heavy”.

Lo conferma “CYAN1DE”, potentissimo ultimo singolo del nuovo corso che vanta un featuring più che illustre: Pete Wentz. Lo storico bassista e autore dei Fall Out Boy ha contattato Joe Mulherin qualche anno fa, nella speranza di lasciare il suo zampino in nothing,nowhere. e in tutta risposta Joe – una volta passato lo stupore del fan incredulo – ha scritto un pezzo con cui far urlare Pete, come ai bei vecchi tempi di “Infinity On High”. Al Magnolia, a sostituire lo screamo di Pete, ma anche a rendere due-tre volte più heavy l’intero set, ci pensa Blake Hardman, ex chitarrista dei Counterparts che sembra aver trovato il suo nuovo posto nel mondo. Si respira anche un leggere brezza di revival nu-metal, di quei primi Anni Duemila che finalmente sembrano in grado di dialogare con le nuove generazioni, in una timida riscoperta di chitarre e distorsioni.

A vedere Joe Mulherin sul palco non si direbbe, ma la maggior parte di quella musica, rappata e urlata, è stata partorita in una casa sull’albero ad Hyde Park, nel Vermont. In uno studio di registrazione che sembra più un rifugio mistico, lontano dal caos delle grandi città, al riparo dal rumore metropolitano, ma cullato dal rumore bianco della pioggia. Lontano anche da una maledizione che in pochissimo tempo ha portato via quasi tutti gli esponenti più rappresentativi dell’ultima ondata emo rap statunitense. Lil Peep, XXXTentacion e Juice Wrld, sono tutti tragicamente scomparsi nel cupo triennio del 2017-2019, lasciando l’intero genere in preda allo sgomento. Forse deriva anche da questo tragico scenario la debolezza di “ruiner”, album del 2018, e la spinta verso nuovi orizzonti pop-punk nel successivo “Trauma Factory”, convincente sterzata piena di personalità, tradotta in un corposo preambolo per la nuova svolta in arrivo con il quarto disco.

Forse, semplicemente nothing,nowhere. non era nato per essere un progetto così facilmente incasellabile. Sul palco Joe Mulherin sembra infatti il frontman di una band, quella che – stando alle sue parole – ha sempre desiderato, pur essendo tuttora grato della scelta solista. Vorrebbe i pro, ma teme i contro. Questo in cosa si traduce? In un percorso discografico totalmente svincolato da dinamiche di gruppo, ma in un live che farebbe invidia a diverse formazioni core-oriented. E l’aggiunta di Blake Hardman è solo il più recente tassello di un mosaico sempre più evidente, nel quale i beat in base piano piano svaniscono, in favore dell’analogico.

Lo show è breve, forse troppo, dato che tocca a malapena l’ora di durata. Ignora totalmente “Bloodlust”, il bellissimo EP con Travis Barker, e un paio di singoli molto amati, come “I’m Sorry, I’m Trying”. Però in meno di sessanta minuti si vedono tutti i segnali di un progetto artistico destinato a crescere, ancora e ancora. Sing-along degni di un palazzetto, uno dei circle pit più grandi mai ospitati dal Circolo Magnolia – e dire che ci hanno suonato band come Architects ed Everytime I Die – e una connessione palco-platea alimentata dai profondi e dolorosi versi dei brani. Forse è proprio questo che rende nothing,nowhere. un punto di riferimento per Millennials e Zoomers, quelli emotivamente più complessi e incasinati. Quelli chiamati a sopravvivere a tutto, soprattutto a sé stessi.

Tutte le foto sono di Alise Blandini


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