Quel bizzarro omaggio a David Bowie in “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”

Seu Jorge in The Life Aquatic With Steve Zissou

Seu Jorge in The Life Aquatic With Steve Zissou

Parlare di colonne sonore nel cinema contemporaneo senza fare nemmeno un accenno all’immaginario di Wes Anderson sarebbe nelle migliore delle ipotesi inopportuno. Così come riferirsi ai suoi film trascurando il ruolo da protagonista che vi riveste la musica. Quel formidabile affresco familiare che costituisce The Royal Tenenbaums non sarebbe la stessa pellicola senza brani di spicco come – solo per citarne alcuni – These Days di Nico, Needle in The Hay di Elliott Smith, Fly di Nick Drake, a sottolinearne alcune delle scene più significative e drammatiche.

Infatti, l’attenzione maniacale per l’aspetto “sonoro” è ormai, insieme a tanti altri stilemi (le lunghissime carrellate, l’uso del rallenty, la cura maniacale per i dettagli scenografici, la divisione in “capitoli”), una delle peculiarità di questo regista. La musica viene spesso anche mostrata: inserire una cassetta nel mangianastri, suonare in scena, portarsi gli auricolari alle orecchie sono azioni offerte allo spettatore, su cui lo sguardo dell’operatore indugia. Gesti che permettono di definire la doppia natura delle colonne sonore di Wes Anserson, spesso giocate fra dimensione interna alla narrazione ed extradiegetica. Nel primo caso i brani che i personaggi scelgono per accompagnare una scena, oltre a essere funzionali a una loro maggiore caratterizzazione e a fornirci informazioni utili per collocarne le azioni in uno spazio-tempo e in un’atmosfera ben precisi, sono finalizzati a una definizione dell’ambiente come emanazione di coloro che lo abitano e lo attraversano. Quando è invece chi dà voce e colori alla sceneggiatura a decidere quale melodia convenga utilizzare lo fa per costruire nuove prospettive semantiche intorno ai movimenti degli attori in una determinata sequenza.

In “Life Aquatic with Steve Zissou” (2004), il cui titolo italiano è “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”, questa doppia natura risulta particolarmente evidente. Per poterla cogliere a dovere non possiamo però prescindere da qualche breve accenno alla sinossi del film.

La storia che vi viene raccontata è quella di Steve Zissou, oceanografo e documentarista il cui personaggio è esplicitamente ispirato a Jacques Costeau – l’intero film è un omaggio alla sua vita e attività, tributo che egli non apprezzò, prendendone con decisione le distanze – e del suo sgangherato equipaggio-troupe.

La caratterizzazione del protagonista (interpretato da Bill Murray, uno degli attori-feticcio di Anderson) si palesa in virtù dei rapporti che egli intrattiene con coloro che lo circondano. Steve fa parte di quella deliziosa galleria di padri fallimentari del mondo andersoniano: un adolescente che mal risiede nel corpo dell’uomo di mezza età in cui è intrappolato, egocentrico e impulsivo, poco desideroso di assumersi responsabilità di qualsiasi genere, specie se si tratta di quelle relative a una paternità. Poco dopo l’inizio del lungometraggio Steve incontra per la prima volta il proprio figlio trentenne, Ned (Owen Wilson), avuto da una relazione precedente: la sequenza ha luogo sulla Belafonte, la nave del “clan” Zissou, durante il party seguito alla presentazione dell’ultimo documentario dell’oceanografo all’italiano “Loquasto International Film Festival”.

Egli accetta di conoscere Ned e di frequentarlo essenzialmente per il supporto, dapprima umano e poi economico, che questi gli offre: Steve sta attraversando una crisi esistenziale perché i suoi film non riescono a riscuotere il successo di un tempo. In più, si dice sconvolto a causa della morte di Esteban, anziano membro dell’equipaggio, ucciso dal gigantesco e sconosciuto animale marino da lui battezzato “squalo-giaguaro”. L’obiettivo di Zissou è scovare il grosso pesce e ucciderlo (“Questo animale è con tutta probabilità una specie in via d’estinzione, qual è lo scopo scientifico della sua uccisione?” “Vendetta”) per vendicare il suo amico ma trovare i fondi per la spedizione sembra impossibile.

Il giovane Ned, da un giorno all’altro, si trova dunque a far parte dello strampalato staff della Belafonte e condividerne le surreali avventure, il racconto delle quali sarà oggetto della penna della bella e molto incinta giornalista Jane Winslett-Richardson (Cate Blanchett), l’unica a cui sembri interessare ancora qualcosa del “mondo acquatico” di Steve e del making of dei suoi documentari al punto da volerli narrare in un reportage. D’aspetto decisamente gradevole, tutt’altro che priva di pungente spirito critico e in fuga da una storia d’amore fallita di cui porta l’ingombrante fardello, Jane non tarderà a divenire una spina nel fianco dell’egocentrico Zissou.

L’eterogeneità degli stati emotivi e delle situazioni che l’equipe Zissou affronta è rispecchiata da una colonna sonora altrettanto differenziata che, come dicevamo qualche riga più su, in molti punti ha origine all’interno delle scene: circostanze in cui entrano in gioco la voce e la chitarra di Seu Jorge.

Egli interpreta l’addetto alla sicurezza Pelé Dos Santos, a cui in realtà pare importare molto più della musica che dell’incolumità della nave (indimenticabile la take durante la quale, tutto assorto nella propria versione di Space Oddity, dà le spalle ai pirati che abbordano la nave).

Per chi non conoscesse Seu Jorge, egli è un formidabile chitarrista e cantautore, considerato uno dei principali innovatori del samba-pop. Cresciuto in una favela vicino a Rio de Janeiro, ora risiede nell’olimpo degli artisti brasiliani più conosciuti e stimati a livello internazionale.

Il buon Pelé pare avere una fissa per David Bowie (non ci è dato sapere perché ma chiederselo sarebbe come domandarsi per quale ragione degli improvvisati pirati dovrebbero portarsi dietro, nel loro assalto a una nave, il proprio cane tripode, per poi lasciarlo lì. La sospensione dell’incredulità gioca un ruolo chiave nel cinema di Anderson), tanto da rivisitarne le canzoni vestendole con raffinati arrangiamenti per chitarra classica e traducendole in portoghese.

Ciò che abbiamo davanti è una rilettura intimista ed essenziale dei brani di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, Hunky Dory e Diamonds Dogs: la traduzione in portoghese conferisce a ogni canzone un effetto dolcemente straniante. Sfilano, con un proprio rinnovato morbidissimo sound, frammenti di Starman, Five Years, Rock’n’Roll Suicide, Rebel Rebel, Life on Mars e Changes. Un tributo appassionato che finirà nell’album The Life Aquatic Studio Sessions e di cui Bowie dirà: “Had Seu Jorge not recorded my songs in Portuguese I would never have heard this new level of beauty which he has imbued them with.” (“Se Seu Jorge non avesse registrato le mie canzoni in portoghese non avrei mai potuto cogliere questo nuovo livello di bellezza di cui le ha imbevute”).

Queste nuove versioni forniscono, di volta in volta, il mood della narrazione: smussano le spigolosità di una situazione, aggiungono una nota malinconica dove serve, sottolineano l’assurdità di una sequenza. Soprattutto si sposano con il racconto delle differenti sensibilità che popolano il micromondo compreso tra prua e poppa della Belafonte, a cui la spedizione di ricerca dello squalo-giaguaro fa da cornice e pretesto.

Le creature che si muovono in Life Aquatic With Steve Zissou sono infatti imperfette e buffe, con un carico di nevrosi e di vissuti di cui non andar fieri, sono antieroi professionisti, con una morale che si adatta alle circostanze e tuttavia capaci di affetto ma inetti nel trovare modi pacificati per esprimerlo. Mossi dall’impeto del momento, vittime della caotica materia di cui è costituito l’animo umano: personaggi che faranno presto breccia nel cuore di chi guarda, suscitando empatia e mantenendo allo stesso tempo un ruolo catartico. Chi ha un animo candido e persegue degli ideali è in genere destinato a soffrire di più, sul palcoscenico andersoniano così come nella vita.

Il vero Bowie riappare nelle sequenze più importanti del film come colonna sonora “esterna”: Life on Mars introduce e accompagna il primo surreale dialogo tra Steve e Ned, quando quest’ultimo rivela la propria identità. Nei frame successivi vediamo Steve, seguito dal movimento della macchina da presa (la struttura-nave regala a Wes Anderson felicissime opportunità di usare quelle lunghissime carrellate divenute celebri nella sua filmografia), percorrere lo scafo della sua nave, fermarsi sulla prua e contemplare l’oceano notturno immerso nei propri pensieri, stilizzata e caricaturale epifania del capitano di mare solitario e sulla via del declino.

È qui del tutto evidente l’intento parodico dell’uso della colonna sonora: Zissou è uomo meschino e vanesio, che tiene più a ciò che possono pensare gli altri che a essere o a diventare una persona migliore (quando porta a compimento un’azione meritevole è per trarne profitto oppure per far colpo sul prossimo. Allo stesso tempo in lui questo processo è in parte inconsapevole, com’è tipico del narcisista, al punto che è realmente convinto della bontà delle proprie intenzioni). Anche il suo aspetto è in contrasto con l’immagine a cui egli aspira: è in sovrappeso, avanti con gli anni, e il berretto rosso abbinato allo smoking conferisce ulteriore comicità a una scena in cui magnificenza e tensione drammatica della canzone cozzano con l’oggetto dell’azione, dialogano in virtù del proprio antitetico rapporto.

La lunga sequenza conclusiva, che vola sulle note di Queen Bitch (da Hunky Dory), segue Steve Zissou e poi tutti gli altri personaggi che si avvicendano intorno a lui nel percorso che dall’esterno del teatro in cui si svolge il Loquasto International Film Festival si snoda sino al porto e poi sulla Belafonte. In quest’ultima circostanza, a differenza di quanto accade nel caso precedentemente citato, la finalità del rapporto tra il brano musicale e ciò che viene mostrato non risiedono nell’ironia o nello straniamento, al contrario la musica sottolinea la struttura circolare della pellicola, conferisce ritmo e rende epico e indimenticabile il finale.

L’anima sonora del film s’identifica, è vero, con alcune delle pietre miliari della carriera artistica di Bowie, ma vi sono altri musici a rendere compiuto il senso di questo lungometraggio. Oltre a Mark Mothersbaugh dei Devo e alle sue sonorità elettroniche anni ’80 che contribuiscono a dissacrare ulteriormente le missioni di Zissou & Company (mentre commovente e magistralmente costruito è il Ned’s Theme, ascoltare per credere!), fanno la loro comparsa Iggy and The Stooges: la vulcanica Search and Destroy accompagna e conduce il momento in cui Steve si ribella ai pirati che tengono sotto sequestro lui e il suo equipaggio. L’accostamento ha un effetto formidabile sullo spettatore: da una parte provoca una reazione divertita (la ribellione del protagonista, oltre a mettere in pericolo tutti gli altri ostaggi, ha disastrose conseguenze: durante lo scontro uno degli stagisti viene ferito e una parte della nave va a fuoco), dall’altra lo spinge a fare il tifo per il grintoso exploit di quell’antieroe a cui si è ormai affezionato.

C’è poi quella Here’s To You cantata da Joan Baez, prodotta dall’interfono della mongolfiera personale di Zissou, sulle note delle quale egli cerca di sedurre Jane; c’è The Way I Feel Inside degli Zombies e c’è quell’incredibile incontro con lo squalo- giaguaro (gli animali marini, dall’aspetto volutamente fantasioso, sono tutti animati secondo la tecnica del passo uno da Henry Selick, regista e creatore dell’affascinante mondo di The Nightmare Before Christmas) durante il quale, dagli oblò dal loro sottomarino giallo (ogni riferimento non è puramente casuale), i nostri scorgono per la prima volta l’enorme creatura. I tempi dell’azione sono giocati sul crescendo di Staralfur dei Sigur Ros: pelle d’oca e brividi d’emozione ma, anche qui, quella che dovrebbe essere un’apoteosi viene rovesciata di senso, la commozione di Steve e i dialoghi assurdi la ridimensionano donandole quel tocco di affettuoso cinismo che è nello stile del filmmaker.

Life Aquatic with Steve Zissou è contemporaneamente storia d’avventura, commedia e dramma; è anche, com’è nella natura delle opere che introducono qualcosa di completamente nuovo (nonostante nel cinema di Anderson citazioni e riferimenti si sprechino), oggetto che rifugge le definizioni. La colonna sonora ne accoglie, sì, tutte le sfumature semantiche e gli stati emotivi ma fa di più: è pilastro indispensabile alla narrazione. Al di fuori di questa, possiede comunque un peculiare fascino e detiene una propria identità che la rendono autonomamente godibile nel suo essere punteggiata di piccole perle. Soprattutto costituisce un ascolto vivamente consigliato a chi volesse ricordare l’insostituibile contributo musicale che diede David Bowie a tanto (buon) cinema e quanto fu grande la sua influenza sui musicisti di tutto il globo.

The Life Aquatic With Steve Zissou OST
Hollywood Records – 2004

Canzoni:

  1. Shark Attack Theme – Sven Libaek
  2. Loquasto International Film Festival – Mark Mothersbaugh
  3. Life on Mars? – David Bowie
  4. Starman – Seu Jorge
  5. Let Me Tell You About My Boat – Mark Mothersbaugh
  6. Rebel Rebel – Seu Jorge
  7. Zissou Society Blue Star Cadets/ned’s Theme Take 1 – Mark Mothersbaugh
  8. Gut Feeling – Devo
  9. Open Sea Theme – Sven Libaek
  10. Rock N’ Roll Suicide – Seu Jorge
  11. Here’s To You – Joan Baez, Ennio Morricone
  12. We Call Them Pirates Out Here – Mark Mothersbaugh
  13. Search And Destroy – Iggy and The Stooges
  14. La Nina De Puerta Oscura – Paco de Lucia
  15. Life On Mars? – Seu Jorge
  16. Ping Island/lightning Strike Rescue Op – Mark Mothersbaugh
  17. Five Years – Seu Jorge
  18. 30 Century Man – Scott Walker
  19. The Way I Feel Inside – The Zombies
  20. Queen Bitch – David Bowie
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