Il blackout dell’industria musicale

La morte di George Floyd, soffocato da un agente di polizia durante un arresto a Minneapolis lo scorso 29 maggio, ha acceso da giorni un’ondata di proteste in tutti gli Stati Uniti, da Minneapolis a Los Angeles, da Atlanta a New York, e sollevato l’indignazione di un paese stanco delle ingiustizie nei confronti dei cittadini afroamericani e dell’abuso delle forze di polizia. Intanto anche il mondo della musica si sta muovendo e sono già numerosi gli artisti e le etichette musicali che stanno supportando la protesta. Nelle scorse giornate l’industria musicale ha proposto un blackout per la giornata di martedì 2 giugno in solidarietà alla comunità afroamericana dopo la morte di George Floyd, un’iniziativa per dire basta. In un messaggio diffuso sui social media con l’hashtag #TheShowMustBePaused, diversi artisti e etichette hanno chiesto una giornata per disconnettersi dal lavoro e riconettersi con la comunità, un passo di sostegno e responsabilità verso l’azione per provocare un cambiamento e un’inversione di marcia. Columbia Records è stata fra i primi a denunciare pubblicamente ogni forma di razzismo e ingiustizia, seguita a ruota da Sony Music, Warner Music, UMPG, Atlantic, Interscope Records, Motown, Caroline, Kobalt, Electric Feel Management, LVRN, Pulse Music e molti altri. “No justice. No music.” – recita uno degli slogan del mondo musicale per il BlackOut Tuesday, che forse continuerà a gettare idee anche nei prossimi giorni. Nel frattempo l’America continua a sollevarsi nelle strade.

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