Viterbini is God

Adriano Viterbini al Vasto Siren Festival 2014, Seppino Di Trana

Durante la metà degli anni ’60, nella stazione della metropolitana di Islington, a Londra, qualcuno scrisse con una bomboletta spray “Clapton is god”. Il buon Eric era appena stato protagonista di una metamorfosi incredibile, passando da chitarrista nella media e dal suono bruttino negli Yardbirds, ad ambasciatore inglese del blues, virtuoso dello strumento e con un suono mai sentito prima con John Mayall ed i suoi Bluesbreakers; tutto nell’arco di qualche mese.

La scalata all’Olimpo blues di Adriano Viterbini è stata decisamente più graduale, ed è ancora in pieno svolgimento. Qualche tempo fa però l’ho sentito suonare appena tre o quattro pezzi in coppia con Ramon, tuttofare talentuosissimo, e l’impulso che ho provato appena ha finito di suonare, è stato molto simile a quello che deve aver sperimentato l’anonimo graffitaro inglese di metà anni ’60. Quindi sì, a suo modo “Viterbini Is God”, e vi spiego anche perché.

Si sa, la terra d’origine del Blues più vero ed incandescente è il tanto decantato delta del fiume Mississipi, ma ormai quel luogo, almeno musicalmente, appartiene più alla leggenda che alla realtà musicale. Attenzione, non sto sostenendo che la musica che ha avuto origine da quel luogo magico, e che continua in parte a venire da lì, non sia blues che vale la pena di ascoltare, sarebbe folle. D’altronde lo stesso Adriano ha in quel filone de la “musica del diavolo” una delle sue maggiori ispirazioni, un conto però era nascerci 50, 60, 70 anni fa, un conto è farlo oggi. La musica è valida, lo spirito blues, forse, si è affievolito. Ed infatti Adriano Viterbini, nasce a Marino, poco distante da Roma, nella zona dei così detti castelli romani. Forse, oggi, e nell’ultima parte del XX secolo, è più blues lì che nel delta del Mississipi.

Nato nel ’79,dopo una gioventù passata ad imparare il pianoforte Adriano trova la sua controparte strumentale nella chitarra e a partire dal 2000 comincia a suonare stabilmente nell’ambiente romano. La svolta per la sua carriera, probabilmente per la sua vita, arriva nel 2007, quando insieme al batterista Cesare Petulicchio fonda i Bud Spencer Blues Explosion. Il primo album, acclamato da pubblico e critica, arriva nel 2009, ma è soprattutto con le micidiali esibizioni live che il duo accresce sempre più la sua popolarità. L’attitudine alla potenza sonora affonda le radici più nel grunge che nel blues, l’intensità dei loro concerti diventa quasi una leggenda metropolitana, del tipo vedere per credere, o meglio, ascoltare per credere. Da sempre, almeno per quanto mi riguarda, un vero artista blues deve convincere prima di tutto in sede live. Il disco diventa un bonus, un contorno alla capacità live di un artista; di conseguenza nonostante la musica dei BSBE agli inizi sia più vicina ad un grunge/alternative molto di moda durante i primi anni 2000 che al vero e proprio blues, per questa loro capacità ed attitudine in sede live si avvicinano molto al mio ideale di concerto di “musica del diavolo”.

Nonostante la loro dimensione ideale sia quella del club medio piccolo in cui il suono rimbalza dappertutto ed arriva alle nostre orecchie super compresso e potenziato anche in una situazione come quella del video sopra, nel concerto all’aperto per antonomasia qual è il concertone del primo maggio di Roma, la potenza sonora del “power duo” riesce ad esprimersi alla grande.

Con il gruppo Adriano pubblica altri due album, “Do It” nel 2011 e “BSB3” nel 2014 accrescendo sempre di più la sua tecnica e bravura oltre alla popolarità del duo che macina kilometri su kilometri affrontando centinaia di concerti. Già nel 2010 però aveva dato vita ad un progetto parallelo ai BSBE, i Black Friday, in cui sfogare in modo più evidente la sua vena blues ed approfondire lo studio delle tecniche proprie del genere, come l’uso delle accordature aperte e dello slide. Il gruppo è solo chitarra e voce (Luca Sapio dei Quintorigo) e permette quindi ad Adriano di approfondire il playing ritmico blues dovendo far fronte alla mancanza della controparte ritmica della batteria di Cesare Petulicchio.

È da questo momento in poi che la sua tecnica, in particolare per quanto riguarda l’uso dello slide, accresce a dismisura e penso che nessuno si scandalizzerà se affermo che nel panorama italiano, se non europeo, non ci sono assolutamente rivali. Questa costante ed evidentissima passione per la musica blues in tutti i suoi aspetti lo porta a migliorare talmente tanto che nel 2013, per Bomba Dischi, esce il suo esordio da solista, Goldfoil, un album strumentale di sola chitarra blues nel solco di artisti come Ry Cooder che lascia anche emergere un crescente interesse per la musica africana. Un disco bellissimo, intimo e personale ma che allo stesso tempo parla tutte le lingue del mondo e ha le potenzialità per raggiungere chiunque. A dimostrazione di ciò il tour che ne segue contiene diverse date all’estero, anche due negli States durante le quali inizia una collaborazione con il chitarrista di delta blues Reed Turchi, concretizzata poi nella registrazione di un album, “Scrapeyard”, del 2015.

Questo piccolo documentario sulla registrazione del disco da un’idea di quanto Adriano ami profondamente tutto ciò che riguarda il blues, dalla musica nuda e pura alla strumentazione alla storia. Dà soprattutto l’idea di quanto il suo stile e la sua bravura siano aumentati in modo pazzesco nel giro di qualche anno.

Dal 2014 in poi effettivamente Viterbini, messi in stand-by i BSBE, si dedica anima e corpo alla sua carriera solista e soprattutto a tante diverse ed interessanti collaborazioni, che lo fanno crescere e conoscere sempre di più anche altre i confini nazionali e strettamente “underground”. Da annoverare fra le più significative ci sono sicuramente quella dal vivo con Bombino, il chitarrista tuareg che suona un blues del deserto molto particolare, e la partecipazione, sia in studio che dal vivo, all’album Il Padrone Della Festa del trio di cantautori Fabri Silvestri Gazzè seguito da un tour di grandissimo successo lungo tutta la penisola. Ultima in ordine temporale è invece quella che lo vede partecipare, per diverse date europee, ai concerti di Raokia Traorè, punta di diamante della vivacissima scena musicale del Mali.

Questa sua capacità di adattare e modificare il suo stile a diversi contesti, rimanendo nonostante tutto sempre ben riconoscibile, è un altro elemento che mi fa trovare a fatica qualcuno a cui paragonarlo. Il modo in cui riesce a passare dal puro delta blues al cantautorato pop di qualità risultando sempre più che credibile non credo abbia tanti precedenti ed è, in un certo senso, lo specchio perfetto della nostra società contemporanea, in cui ci è in qualche modo richiesto di avere un piede nel passato ed uno nel futuro e contemporaneamente le mani in pasta in diversi generi e campi che potrebbero sembrare per natura in contrasto fra di loro.

Sulla scia di un successo ed un interesse sempre maggiore da parte di pubblico e critica, esce nel 2015 Film O Sound il suo secondo album solista, sempre per Bomba Dischi. L’album vede la collaborazione di diverse personalità di spicco quali Marco Fasolo dei Jennifer Gentle alla produzione, Fabio Rondanini (CALIBRO 35, Afterhours), Stefano Tavernese, Enzo Pietropaoli, Bombino, Jose Ramon Caraballo Armas (Daniele Silvestri, Bandabardò) e Alberto Ferrari dei Verdena, special guest nel classico di Sam Cooke Bring it on home, unico brano cantato del disco.

Il disco continua il discorso intrapreso con “Goldfoil” ma lo aggiorna facendo trasparire in modo più importante e chiaro le influenze africane e sudamericane, grazie anche alla presenza di Ramon. E qui, tramite una non troppo perfetta struttura circolare, torniamo all’inizio di questo percorso: Adriano Viterbini e Ramon. Ne avevo avuto l’impressione dal disco e dai video che si trovano in giro, ma dal vivo quell’intuizione si è trasformata in certezza: Jose Ramon Caraballo Armas è senza ombra di dubbio il complemento perfetto all’attuale stile chitarristico di Adriano Viterbini . I due dialogano in modo assolutamente istintivo e perfetto ad un livello che appare, anche agli ascoltatori meno esperti, decisamente sopra la media. La voce e le percussioni di Ramon (così come la più sporadica tromba) si integrano perfettamente con lo stile ormai ben definito e delineato di Adriano, che disegna melodie e pulsazioni ritmiche, eseguendo spesso al contempo anche le linee solistiche con una facilità disarmante. L’alchimia che si crea fra i due, come accade sempre in questi casi, non può essere assolutamente spiegata a parole ma va provata in prima persona dal vivo, chiudendo gli occhi e lasciando andare la testa ed il piede a tempo con il brano.

Insomma sembra che Adriano Viterbini abbia raggiunto la “completezza”, o comunque una grande maturità ed in un certo senso tranquillità e “sicurezza” artistica. Sono sicuro però che, avendo seguito fin dagli inizi la sua carriera, questa sarà la base di lancio per qualcosa di ancora più grandioso e non un punto di arrivo. Augurandoci che non lasci che il buon Ramon si allontani troppo, attendiamo eccitati e fiduciosi il prossimo passo di quello che probabilmente è il più grande chitarrista blues che il bel paese abbia mai prodotto.

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