Alfa Mist: il genio outsider tra hip hop e jazz

Quarto album e debutto con l’etichetta ANTI – Records per il musicista, produttore e composer britannico Alfa Sekitoleko, in arte Alfa Mist. Dopo i precedenti tre album da solista Nocturne (2015), Antiphon (2017) e Structuralism (2019), pubblicati con la sua etichetta Sakito, e tanti progetti trasversali altrettanto pregevoli, Bring Backs conferma a pieno titolo il talento del geniale musicista inglese.

Dai primi beat grime e hip hop al jazz, mischiando ad arte stili e background e imparando a suonare il piano a orecchio, il ragazzo di Newham è divenuto in poco tempo un artista all’avanguardia capace di attirare sempre più attenzione sulle sue produzioni. Outsider per indole, ha saputo anche ritagliarsi un ruolo importante nella nuova scena jazz inglese, conquistandosi un’ampia platea di seguaci grazie a talento, stile e coerenza, improvvisazione, raffinatezza melodica, versatilità e prolificità.

 

Uscito il 23 aprile, Bring Backs è scritto e prodotto interamente da Alfa, registrato a Londra in compagnia di musicisti e collaboratori di lunga data come Jamie Leeming (chitarra), Kaya Thomas – Dyke (basso e voce), Jamie Houghton (batteria) e Johnny Woodham (tromba), Junior Alli Balogun (percussioni), Peggy Nolan (violoncello) e Sam Repley (sax tenore, clarinetto).

L’album presenta nove tracce ispirate e legate da una poesia di Hilary Thomas , presente anche nel disco, che ruota intorno alla creazione e alla costruzione di una comunità in un nuovo Paese.

I testi, per lo più astratti ed incentrati su ritornelli brevi ed evocativi, diventano narrativa che scorre su ritmiche ora meditative ora frenetiche, curate splendidamente negli intrecci sonori tra l’avant-garde jazz, l’urban hip hop e il lounge downbeat.

Bring Backs incontra l’esigenza dei più colti e la curiosità dei neofiti, dimostrandosi accessibile e stimolante, col suo jazz caldo ed intriso di sentimento, e segna il ritorno al beat making (Run Outs ne è l’esempio perfetto).

Alfa Mist suona per lo più piano elettrico e synth, aggiungendo la sua voce solo occasionalmente e, pur essendo l’epicentro del disco, dà modo a tutti i musicisti di brillare liberamente su ogni traccia (capacità straordinaria e oggi quasi in disuso). Che ad accompagnarlo sia un quartetto, un quintetto o un settimino, ogni esperimento diventa una scelta artistica indovinata.

Dall’ intro dark di Teki al neo soul di People, dall’ hip hop in salsa spoken word di Mind The Gap al notturno smoky jazz di Runs Out, dall’esotica Last Card alla lunatica Coasting, il disco si chiude con i sette minuti di crescendo e assoli di Attune, la commovente Once a year e la riflessiva Organic Rust.

Bring Backs è un disco introspettivo, malinconico e meravigliosamente contemplativo, una nuova prova superata per un artista che ha successo non per fortunati algoritmi (come sostiene) ma perché realizza album jazz che poi finiscono in cima alle playlist hip hop. Chapeau!


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