Il fantasma dell’Agro Pontino | Intervista Alice Urciuolo

Crescere nell’Agro pontino. Crescere in adorazione e in odio. Del proprio corpo, degli altri, degli eventi che attraversano la vita degli adolescenti di provincia. L’adorazione che può trasformarsi in ossessione, in gioco possessivo. Crescere significa anche confrontarsi, specchiarsi nelle vicende e nei problemi altrui. Giorgio adora sua sorella Vera, che a sua volta adora suo fratello Giorgio, i genitori di Vanessa adorano la figlia, Diana deve confrontarsi con una scomoda voglia sulla sua pelle, con cui alla fine impara a convivere. Adorazione è un romanzo di formazione costellato da irrefrenabili adolescenti, che assistono alla metamorfosi dei loro corpi, delle loro menti, ma la vicenda ruota attorno a un omicidio. La morte della diciassettenne Elena, uccisa appena un anno prima dell’inizio della storia dal suo fidanzato Enrico. Uno spettro, una presenza invadente rievocata in maniera differente da ogni personaggio.

Alice Urciuolo è nata nel 1994 in provincia di Latina e vive a Roma. Come sceneggiatrice, ha lavorato alla serie Netflix Skam Italia. È stata inserita, da D di Repubblica, nella classifica delle cinquanta donne più influenti del 2020. Adorazione (66thand2nd), finalista al Premio POP, è entrato nella dozzina del Premio Strega 2021.


Quando nasce questo romanzo d’esordio e perché?

Il primo lockdown è coinciso con la scrittura di Adorazione. Avevo già iniziato, ma gran parte del romanzo è stato costruito in quei mesi difficili. Ho consegnato il romanzo a inizio settembre, l’isolamento, la chiusura di quel periodo si è rivelata proficua per la scrittura. Il suo approdo alla pubblicazione ha una storia a sé. Ho frequentato un corso di scrittura narrativa di Minimum fax, lì ho conosciuto il mio editor, Alessandro Gazoia, era il nostro docente del corso. Mi ha incoraggiata a continuare a scrivere, offrendomi la sua guida, ha creduto sin da subito in me. Lui ha presentato questo testo alla casa editrice 66thand2nd.

Le tre protagoniste del romanzo – Diana, Vera e Vanessa – in questa estate indimenticabile affrontano un cambiamento epocale. Diana muta il suo rapporto con il corpo, cambia la prospettiva: da oggetto di repulsione a strumento di fascino. Come cambia il rapporto con il corpo? Qual è il rapporto che lega le tre protagoniste del romanzo con il proprio corpo nell’epoca dei social?

Ogni protagonista si ritrova a vivere una storia personale con il proprio corpo. Sono convinta che esistono infiniti corpi e infinite esperienze legate alla sua scoperta. In Adorazione il corpo, per motivi culturali, è sempre il simbolo di qualcos’altro, è metafora. Questo vale soprattutto per Diana e Vanessa, due personaggi opposti, contraddittori. Vanessa è amata da tutti, anche in virtù del corpo con il quale è nata, che rispecchia i canoni di bellezza della nostra epoca, però il ruolo che le è stato assegnato dalla sua comunità le sta stretto. Diana ha una voglia che le ricopre la coscia e la natica destra, e che lei ha reso il simbolo di tutte le sue insicurezze. L’evoluzione della sessualità di Diana va di pari passo con un’evoluzione del rapporto con la sua voglia, dapprima odiata e poi adorata. Perché Diana a un certo punto scopre che ci sono tante persone che quella voglia non la disprezzano, ma che la adorano. Ma in questo modo Diana passa dall’odio alla feticizzazione di una parte del suo corpo, non è ancora libera. È per questo che quando penso al percorso di Diana mi torna sempre in mente una frase che Nietzsche scriveva a Lou Salomé: «È necessario dapprima emanciparsi dalle proprie catene, per poi emanciparsi anche da questa emancipazione. Ognuno di noi, seppur ciascuno in modo molto diverso, ha da penare con questa malattia delle catene, anche dopo averle spezzate». Infine, il percorso di Diana si compie in parte anche attraverso i social, un luogo che le offre la possibilità di rappresentarsi in maniera differente, di presentarsi come una persona diversa.

A proposito della provincia. Mentre sembra esservi un conflitto perenne fra centro e periferia della città, un dualismo antagonista che però fornisce la spinta vitale al cambiamento, è facile notare come i libri ambientati in provincia abbiano una caratteristica comune: sono immersi in una sorta di bolla temporale, nella quale i personaggi vivono se non contrari, ma comunque sospettosi verso qualsiasi novità. Il tuo libro conferma questo modello. Cosa distingue dunque, secondo te, la città, la periferia e la provincia?

I miei personaggi vivono in un acquario, e in un certo senso è molto chiaro il perché: la piccola provincia in cui vivono, come tutte le provincie, li ingloba e li intrappola in un mondo isolato, chiuso, che non fornisce loro esempi e modelli alternativi a quelli formatisi anni e anni prima. La società intorno a loro è ancora perfettamente regolata da valori patriarcali, e riporta ancora i segni dell’eredità fascista. Molti personaggi non riescono ad accorgersi di vivere in quest’acquario, come ad esempio Christian, ma altri intuiscono il pericolo della gabbia, come Vanessa e Diana.

Ma se le desiderava, perché non sognava mai di toccarle o di essere toccata da loro? E se invece non le desiderava, perché continuava a guardarle?

Questa voglia di andare, di raggiungere i luoghi, di tornare e ritornare, una specie di movimento elastico, rappresenta proprio l’esigenza di muoversi verso uno spazio diverso, sconosciuto, il futuro. Come si spiega il desiderio di una generazione che ha voglia di fare, di esplodere?

È il desiderio che è sempre appartenuto a tutte le giovani generazioni. I miei personaggi più di tutto cercano di ribellarsi ai ruoli che la comunità dove vivono ha loro imposto, e di trovare un nuovo percorso che faccia una deviazione dalla strada tracciata. Soprattutto, cercando di trovare modelli alternativi a codici comportamentali che sono stati loro imposti alla nascita. Non solo le ragazze, ma anche i ragazzi. Giorgio, ad esempio, ha ereditato un’idea di maschilità basata sul machismo e sulla repressione delle emozioni. Compie un gesto di violenza nei confronti di Melissa, ma è a sua volta vittima di un certo tipo di condizionamenti culturali.

Molti scrittori hanno deciso di non trattare i social come argomento letterario, eppure è una realtà tangibile e non trattarla sarebbe come occultare una parte della realtà. Quali rischi e vantaggi ha approcciarsi a un sistema come quello dei social che usiamo quotidianamente, quindi non una materia astratta e lontana?

Come scrittrice io penso che tutto possa essere oggetto di letteratura, senza eccezioni. La resistenza a inserire i social mi sembra paragonabile alla riluttanza di qualche tempo fa a inserire nei romanzi le telefonate. Poi, dipende da che tipo di romanzo si vuole fare. Per quanto riguarda Adorazione io volevo fare del racconto della realtà una cifra stilistica, e in questo senso escludere l’esistenza dei social sarebbe stato impossibile.

Teresa Ciabatti è stata una delle prime a notare che ci troviamo di fronte a «una nuova generazione di narratori e di narratrici incredibili. Jonathan Bazzi, Giacomo Mazzariol, Mattia Insolia, Fuani Marino, Josephine Yole Signorelli, Giulia Caminito. Sono persone che hanno fatto fare un passo avanti non solo alla letteratura, ma anche alla società, all’Italia». Per temi, età e linguaggio, fai parte anche tu di questa nuova generazione di scrittori. Ti senti parte di un gruppo omogeneo e compatto o vedi davanti a te tante voci diverse senza un punto di contatto?

La mia sensazione è quella di un gruppo con cui condivido molti temi e ideali. Questa nuova generazione di scrittori ha molto da dire, da raccontare. I nomi che hai citato sono tutti scrittori con cui mi sento in sintonia e penso che uno dei temi letterari che più è mutato negli anni sia quello dell’amore. Stiamo assistendo a un’evoluzione dell’idea di amore nella società, cambiamento che si riflette nei libri che si scrivono, come ha detto Andrea Donaera nel suo articolo “Come cambiano i sentimenti nei nuovi romanzi italiani” su Domani. L’istituto del matrimonio non è più considerato una tappa obbligatoria, l’idea di famiglia è cambiata radicalmente.

Quali sono i tuoi punti di riferimento letterari?

Sono molti e diversi tra loro, nel tempo e nello spazio. Per Adorazione riferimenti fondamentali sono stati La più amata di Ciabatti, Atti osceni in luogo privato di Missiroli, Troppi paradisi di Siti, Le ragazze di Emma Cline, Le particelle elementari di Michel Houellebecq. E poi due classici: Madame Bovary di Flaubert, Lettere a Milena di Kafka.

Se dico Premio Strega, qual è la prima cosa a cui pensi?

Penso a Canale Mussolini di Pennacchi, mi colpì molto la vittoria di quel libro che parlava di luoghi vicini a me, ho seguito il suo percorso con grande entusiasmo. Per quanto riguarda la mia esperienza, sto vivendo la corsa al Premio con gioia e curiosità. Semplicemente mi godo questo momento.

Che progetti hai per il futuro?

Ho diversi progetti come sceneggiatrice, e ho già in mente il secondo romanzo.

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