Amanda Rogers – Wild

Di una bellezza senza inganni, la cantautrice newyorkese Amanda Rogers ha un volto che difficilmente si dimentica e lunghissimi capelli biondi che la fanno sembrare una specie di creatura elfica, ma ancor più a rimanere impressa è quella sua voce morbida e insieme graffiante che la rende unica nel suo genere.

I paragoni con le personalità femminili alternative americane come Tori Amos, Fiona Apple o Cat Power si sprecano, ma a definire ciò che propriamente incarna non sono di certo i confronti: neanche quelli con l’inimitabile Tom Waits per la poetica oscura dei suoi testi, perché con otto album alle spalle e una carriera che ormai sfiora i tre quinquenni, l’affascinante Amanda non ha bisogno di comparazioni.

Wild è un doppio tributo alle radici di una donna che nonostante sia cresciuta a Syracuse nello stato di New York ha saputo coltivare dentro di sé la passione e il rispetto per la natura: si tratta di un album essenzialmente folk, ma fortemente influenzato dai richiami più disparati. A mani basse comincia con il conquistarsi la nomina di Signora del Blues con Honey You’ll Bee, ballata rock grintosa e docile, che non deve tradire il titolo “mieloso”.

Le sorprese sono molte, ma è un disco consigliato a chi non ha fretta di consumare un prodotto e digerirlo ancor prima di averlo osservato, ammirato o respinto, è necessario concedersi numerosi ascolti prima di arrivare ad un punto di contatto con il lato selvaggio di Amanda. Date queste premesse la strada è tutta in discesa e planare lungo le note acute del suo piano sembrerà un idillio senza fine, aggrappandosi ai vapori caldi intrappolati in una cabina doccia di Sad Song e ondeggiando al ritmo di Can’t Stop o di The State I’m In.

Venature country invece riecheggiano in More, More, More, mentre in Light Sleeper possono vibrare per la prima volta le casse dei sintetizzatori, così dimostrando di saper utilizzare con eleganza l’intero patrimonio sonoro. Amanda Rogers è un’artista capace di ricavare da uno scarabocchio un graffito grunge o di produrre musica classica con una sola pennellata, facendo di questo suo eclettismo un marchio di fabbrica: audace e schiva, realizza la sua opera nona attraverso antitesi e parallelismi, proprio mentre si apre il sentiero per giungere in quella tanto agognata radura senza ostacoli.

Autrice ed interprete, rielabora in modo struggente, quasi commovente la sua personalissima versione di Creep, un po’ Thom Yorke, un po’ Elliott Smith o forse semplicemente se stessa, quel che è sicuro è che non vi fermerete ad un unico ascolto. Dietro a quei campi di grano in scala di grigi c’è un mondo di colori, parola di Amanda Rogers.

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