Tra Nadia e Ahmad c’era il muro: un racconto

L’unico straniero di cui si fidasse, a parte qualche egiziano, era Hans il tedesco, coi suoi lineamenti duri e biondi, e la passione per la coltivazione del luppolo di birra. Hans era presente al funerale della sorella di Amhad, Alia, in quell’inverno maledetto in cui perdette il padre e la sorella a distanza di qualche mese. Hans aveva regalato ad Amhad un libro di poesie tedesche, sperando di placare in qualche modo la terribile rabbia che gli scavava un incolmabile solco nel cuore con la bellezza dei versi dei suoi conterranei. Sapeva che non sarebbe mai stato possibile sostituire una presenza fisica come quella di Alia, sorella adorata, con delle parole, per quanto meravigliose: ma almeno ci aveva provato, e in fondo Amhad dopo qualche tempo riuscì persino ad appassionarsi alla poesia di Heine. Hans lavorava per lo Zeit come reporter di guerra, aveva lasciato ad Amburgo una famiglia felice per inseguire quella passione di raccontare, e attraversava spesso il confine a Gaza per capire dal vivo le dinamiche di un massacrante conflitto. Ad Ashkelon, sul lato israeliano, era entrato in contatto in particolare con i Cohen, da cui riceveva spesso informazioni perché Mister Cohen era un ex ufficiale di alto grado dell’esercito israeliano, e sapeva prevedere puntualmente ogni mossa di battaglia come un astrologo prova a fare con le stelle. L’incontro con Nadia Cohen, la figlia maggiore che studiava all’Università di Tel Aviv, non fu dei più felici: l’improvvisa morte di Yona, il bel soldato di cui si era innamorata e con cui imbastiva ormai una storia a distanza da un anno, separata dalla terra e dall’ipotesi della guerra, l’aveva richiamata a casa in preda a una folle voglia di vendetta.

‘’Devi smetterla di essere così passionale Nadia.’’, Mister Cohen era sempre freddo di fronte alla morte. Aveva dovuto imparare ad esserlo negli anni delle guerre più folli. ‘’Sapevi che poteva succedere da un momento all’altro’’. Ma Nadia non aveva la buona tempra del padre, tutto era sempre andato esattamente come voleva nella sua vita, quella deviazione malsana corrispondeva alla prima reale delusione mista a rabbia personale nel percorso di Nadia. Hans la osservava completamente fuori di sé, ospite in quei tre giorni nella casa del padre. Pensava che fosse veramente un peccato che una ragazza così bella dovesse soffrire terribilmente le conseguenze di una battaglia disperata, ma nello stesso tempo non riusciva a togliersi dalla testa il dolore di Ahmad a Gaza. La mattina prima di ripartire per Gaza City la trovò a colazione da sola in cucina: era la prima volta che potevano parlare direttamente.

‘’Tu saresti un reporter?’’, disse lei, visibilmente severa in volto.

‘’Sì.’’, Hans era quasi imbarazzato, poteva vedere la scollatura dalla t-shirt che usava come pigiama, e immaginare il seno di quella ragazza molto più giovane di lui.

‘’Allora dimmi: cosa vogliono dall’altro lato questi qui? Perché non la smettono?’’

‘’Penso si facciano più o meno le tue stesse domande di là da qui.’’

‘’E tu saresti dalla loro parte quindi? Sei uno di quelli che scrivono per quei giornalacci comunisti europei? Gli anti-occidentali che ci vogliono tutti morti?’’ Hans restò in silenzio, si versò del caffè. ‘’Forse voi siete troppo viziati in Europa per capirci.’’

‘’Sei troppo arrabbiata adesso per discutere di questo, Nadia.’’

Mentre era sulla jeep con altri giornalisti stranieri, diretto verso Gaza City, Hans pensò che avrebbe dovuto proprio farli incontrare, Nadia e Ahmad. Credette per un attimo che potesse essere una storia da raccontare sulle pagine dello Zeit, ma presto questa idea gli sembrò soltanto crudele, e carezzò la semplice idea di una presentazione tra i due ragazzi. In fondo avevano la stessa età, e parlavano entrambi molto bene in inglese. Per un attimo gli sembrò che l’unica soluzione possibile al conflitto israeliano-palestinese potesse essere quella di far incontrare in un grande rumoroso pub tedesco la popolazione, bere tutti insieme litri di birra per dimenticare.

‘’Vuoi venire con me a Tel Aviv tra qualche giorno, Ahmad?’’. Per Hans Ahmad era diventato un amico piuttosto che un traduttore.

‘’Non attraverso il confine, lo sai. E comunque sarebbe impossibile.’’

‘’Con me è possibile, posso vedere di fare in modo.’’

‘’No, Hans. Non me lo chiedere più.’’

‘’Non sei curioso di sapere com’è Tel Aviv? Come vivono di là?’’

‘’Non me ne frega niente. Sono solo dei bastardi.’’, e così si commiatò per andare a pregare. Ma due giorni dopo il tarlo della curiosità si faceva ancora vivo nella testa di Ahmad, pensava che forse era un’oppurtinità di capire cosa cavolo volessero questi ebrei, era un’opportunità di studiarli, eventualmente offenderli dal vivo. Il giorno prima che Hans partisse disse che sarebbe andato con lui a Tel Aviv. Hans fece in modo di far passare il confine ad Amhad come suo traduttore, in qualche modo ci riuscì, e dopo estenuanti ore di viaggio furono a Tel Aviv. La sorpresa di uno sguardo palestinese che osservava lo stile di vita di là dalla sua terra era insieme dissacrante e spietata. Hans accese la rete internet e scrisse a Nadia, ricordando le parole di Mister Cohen: ‘’se hai bisogno di un contatto a Tel Aviv scrivi a mia figlia’’.

‘’Perché qui il mare sembra diverso?’’, chiedeva Ahmad. ‘’Non sto dicendo più bello, dico diverso.’’

Si sarebbero incontrati al bar dietro l’Università di Nadia alle cinque in punto. Quella mattina Nadia aveva deciso di indossare la maglietta degli Smiths che gli aveva regalato Yona, entrambi devoti ascoltatori di Morrissey. Quando Hans la vide arrivare incontro al loro tavolino, lungo il viale dell’Università, notò subito quella tshirt: stavolta il collo della maglietta copriva quasi tutto, lasciando il da fare tutto per l’immaginazione.

‘’Ti piacciono gli Smith!’’, esclamò Hans quasi complice di quella passione.

‘’Sì.’’, lei fu secca nel rispondere, fissò con gli occhi quel ragazzo dai tratti arabi che sedeva accanto ad Hans: in fondo era un ragazzo affascinante, quasi bello, ma era troppo seccata da chiunque non fosse chiaramente israeliano per prendere in mano le redini della presentazione e cedere al ricatto di ammettere a se stessa che fosse carino quel tizio.

‘’Io li adoro.’’ Hans in qualche modo era già innamorato da giorni di quella ragazza dall’aria sconfitta. Intanto Ahmad la osservava in silenzio, risvegliando dentro di sé antichi dissapori per l’intera dinastia ebraica. Non poteva fare a meno di pensare alla sorella, e di contro mentre la guardava, pur affascinato da quei suoi lunghi capelli, non poteva che disprezzarla immediatamente a pelle.

‘’Dimmi pure.’’, Nadia si sedette con loro, aspettando un chiarimento per quell’invito inaspettato.

‘’Tuo padre mi ha detto che quando fossi stato a Tel Aviv avrei potuto contattarti. Non credo tu però sia informata come lui su quello che succede. In realtà mi piaceva anche piacere presentarti lui: è il mio traduttore, Ahmad. Viene da Gaza City.’’

Per un attimo Nadia restò allibita, come si permetteva quello sconosciutissimo reporter amico di suo padre di presentargli un nemico? E perché faceva il doppio gioco così alla luce del sole? Aveva sempre disprezzato quelli che non riescono a prendere una parte chiaramente.  ‘’Beh?!’’, seppe dire solo questo. Hans si rese conto che aveva sbagliato a pensare di organizzare quell’incontro pensando che sarebbe tutto andato per il meglio, sottovalutando le conseguenze dell’odio che viene fuori da due morti così fresche. Qual era il prossimo passo?, dire avete una cosa in comune?, entrambi avete perduto qualcuno che amate in questa stupida guerra fratricida? Restò in silenzio, come fa un tedesco quando pensa troppo.

‘’Hans, amico mio, hai sbagliato. Mi spiace dirtelo.’’, Ahmad si alzò quasi infastidito e si allontanò lungo il viale.

‘’Cosa pensavi di fare scusa?!’’, Nadia era furiosa.

‘’Niente, niente. Avete perduto entrambi una persona che amate da poco, e pensavo poteste confrontarvi.’’

‘’Ma hai il cervello fuori posto?’’, Nadia urlò. ‘’Neanche per idea io parlo del mio ragazzo con quello lì. Ma lo vedi in faccia, lo sai da dove viene? La sua gente lo ha ammazzato!’’

Ahmad se ne stava a pensare mentre continuava a passeggiare senza meta e direzione: una vera ebrea, antipaticissima. Tornò indietro al tavolino e disse solo rivolto ad Hans: ‘’Credo sia ora di andare.’’

‘’Hai capito perché voleva farci incontrare?’’, intervenne lei. ‘’Dice che tu hai perduto una sorella, e io ho perduto il mio fidanzato, ma cazzo non capisce che siamo su due fronti diversi? Che io e te facciamo due vite diverse?’’

‘’Non lo capisce lui, come può capirlo, è un europeo.’’ Ahmad fece un ghigno. ‘’Io non so neanche chi siano quei tizi sulla tua maglietta, né voglio saperlo. Mi sembra anche stupido mettere delle facce sopra le magliette.’’

‘’Lo vedi Hans?’’, fece Nadia. ‘’Lui trova stupido che io ascolti gli Smiths.’’

‘’Ma neanche li conosce, magari gli piacerebbero.’’ disse secco Hans.

‘’No che non mi piacerebbero.’’ tagliò corto Ahmad. ‘’La vostra musica non mi piace.’’

‘’Lui ascolta solo l’imam cantare al mattino!’’, rise Nadia. Per un attimo Ahmad la guardò con disprezzo, quasi infuriato per quella battuta, poi non potè trattenersi un sorriso.

‘’Io non ascolto solo l’imam al mattino, stai sicura donna.’’, disse lui.

‘’Mi chiama donna! Capisci, Hans?’’

‘’Mio dio ragazzi, state calmi.’’, disse Hans. ‘’Siete due persone intelligenti e sveglie, possiamo anche stare seduti una mezz’ora senza far drammi.’’

‘’Se lei non si infuria solo perché la chiamo donna, cosa che tra l’altro è, sì.’’

‘’Nadia, insomma, sei una donna.’’, rise Hans.

‘’Le ragazze occidentali sono strane, Hans. Si offendono con poco. Mia sorella la chiamavo capra di continuo da piccoli, e lei mi lanciava i sassi per difendersi dalle mie parole.’’ Ahmad rise.

‘’I sassi?!’’, chiese Nadia con stupore.

‘’Sì, i sassi. Noi siamo bambini che si divertono di là, mica come voi di qua.’’

‘’Strano concetto di divertimento.’’

‘’Ti sta provocando Nadia.’’, intervenne Hans.

‘’A che pro? Vuole risvegliare il mio senso di disagio esistenziale, il mio orgoglio ferito di donna occidentale? Cosa vuole?’’

Com’era bello Ahmad, pensava Nadia. Non gli erano mai piaciuti i palestinesi, ma lui era davvero bello, con i capelli mossi dal vento a Tel Aviv quel pomeriggio, e i ricci scuri. E com’era bella lei, ma tipicamente odiosa come tutte le donne israeliane, pensava Ahmad.

‘’Io non voglio provocare nessuna reazione. Però sì, stavo scherzando.’’, rise.

‘’Sai Ahmad’’, disse Hans. ‘’Mi ricordi me quando incontrai mia moglie. Io venivo da un piccolo paese del Sud della Germania, e lei era una cittadina di Amburgo, sempre così emancipata. Voleva farmi sentire inferiore, ma io per tutta risposta le dicevo sempre che lei si era perduta tante cose a crescere in città. La libertà, per esempio. Alla fine le ha rimpiante tutte.’’, rise.

‘’A Gaza non ce n’è di libertà, Hans.’’

‘’E’ tornato serio, il nostro uomo.’’, rise Nadia.

‘’Serissimo!’’, fece Hans.

Lui li fissò provocatoriamente, poi scoppiò a ridere con loro, quasi rilassato.

Restarono insieme per un mese tutti e tre, come se avessero dimenticato ognuno i propri affari, come se insieme avessero deciso che fosse il caso di staccare, prendere una pausa: Hans, dal suo lavoro di reporter, Ahmad dal suo paese e Nadia da qualsiasi cosa che non fosse incontrarli. Se ne andavano al mare, spesso, e poi a bere insieme al tramonto: era così bello tutto quanto che Ahmad pensava che dovesse durare per sempre. Mentre scorrevano le giornate, si rese conto a un tratto, di provare dei sentimenti particolari nei confronti di Nadia, anche se non riusciva a riconoscerli. Aveva la sensazione che gli mancasse quando non c’era, per esempio, e una particolare emozione all’idea di incontrarla. Si ritrovava davanti allo specchio a fissare i capelli, a voltarli da un lato e poi dall’altro per sembrare più affascinante, sempre prima d’incontrarla. E poi la guardava: a volte capitava così tanto che Nadia se ne accorgeva e passavano la serata a fissarsi, senza che nessuno dei due andasse oltre, come se ci fosse un qualche muro a separarli. La prima volta tutto era successo in un locale di Tel Aviv mentre Nadia aveva incontrato Rafael, compagno di corso e aspirante compagno di letto se solo lei glielo avesse concesso. Quella sera Ahmad prese in giro Nadia davanti a Rafael, e a scorgerle il sorriso si emozionò. Si rese conto, lentamente, che questo sentimento speciale che cresceva era reciproco, ma provava a combatterlo ugualmente, ben sapendo che tutto sarebbe finito presto, e che sarebbe rientrato a Gaza. Da parte sua Nadia si affidava alla casualità, e nell’attesa di sapere cosa stesse per succedere s’accorse che non sarebbe successo un bel niente. Anche perché arrivò il giorno in cui tutto tornò alla normalità: Hans rientrò in Germania, e con lui i due ragazzi non ebbero più scuse per incontrarsi.

**

Nell’estate del 2014 il conflitto tra Israele e Palestina era ritornato un tema caldo, un eccezionale topic trend della rete che costrinse Hans a tornare di malavoglia a Gaza come inviato. Era trascorso così tanto tempo che ormai si era abituato all’Europa, e Ahmad e Nadia erano archiviati nella sua mente solo come lontani ricordi. Tuttavia non poteva tornare a Gaza senza cercare Ahmad. Lo trovò seduto a terra davanti all’ingresso di casa a dipingere qualcosa, di primo mattino. Riconoscersi immediatamente fu il primo passo di un lungo saluto e il ritrovamento di vecchie smorfie e risate.

”E così ora sei un artista.”, sorrise Hans osservando il paesaggio che Ahmad stava dipingendo su tela.

”No no. Mi diverto soltanto, ma guarda quanto dipingo male Hans. Provo ad essere realista, ma non mi riesce neanche un palazzo.”

La tela di Ahmad in effetti risultava un po’ naif, tuttavia Hans apprezzava il tentativo. Ahmad invitò Hans a entrare con lui in casa per bere qualcosa di fresco, e invitandolo a conoscere sua moglie.

”Ti sei sposato dunque? Tante novità.”, Hans era eccitato dalla vita dell’amico, in qualche modo pensava che si stesse ritagliando una propria quotidianità pur circondato da una violenza che sembrava riecheggiare nelle strade, e persino nei suoi dipinti di palazzi a pezzi.

”Da pochissimo.”, sorrise Ahmad, che aveva mantenuto un suo carisma, una sua bellezza, una sua forma.

Restarono a parlare per un poco di quello che stava succedendo, travolti a tratti dalla compagnia della moglie di Ahmad, e poi parlarono del tempo, dell’Europa, del secolo in corso, del mare e dei costumi da bagno. Nessuno dei due faceva ancora quel nome, anche se continuavano a girarci intorno, senza tuttavia sfiorarlo. Poi Ahmad si offrì di accompagnare l’amico verso il suo alloggio. Gli disse che lo avrebbe ospitato, se solo la casa non fosse stata così piccola. Per la strada uscirono fuori tutte le parole.

”Mia moglie è una brava donna, una mia cugina di lontano grado. Ma non è innamorata di me, so per certo che avrebbe voluto sposare un altro suo cugino. E io non riesco a fare a meno di pensare a Nadia.”, Ahmad fissò l’amico.

”Non ho mai capito cosa vi ha separato.”, Hans trovava folle la resistenza di Ahmad.

”Non lo vedi in giro, cosa ci ha separato?”, respirò. ”Un diverso concetto di libertà, una diversa narrazione delle cose, un’ironia, un’auto-ironia e una sorte che non avremmo potuto condividere in piena coscienza senza sentirci disgraziati. Di qui è sopportabile tutto questo, come osservare l’impercettibile movimento delle cose senza giudizio, con un afflato di nostalgia e niente più. Ma viverlo e conviverci, sarebbe stato terribile Hans.”

Hans accese una sigaretta e fissò il ragazzo con una certa pena. Pensò che il concetto di rinuncia in Occidente non esisteva più, che questo gesto in Europa sarebbe risultato troppo complicato da comprendere, figlio di una concezione di perdenti e spiriti sacrificali. Tuttavia sentì una sorta di senso di colpa nel provare pena per lui: il sentimento della pena era quello che ci si aspettava da un europeo, ma non era quello esatto da provare.

”E tu, come te la passi lì?”, fece Ahmad.

”Bene. Sto producendo una birra, quando vorrai venirmi a trovare, quando vorrete – tu e tua moglie, te la farò assaggiare.”

”Grazie dell’invito.”, Ahmad sorrise con un diniego del labbro.

”Ho pensato anche io a voi due, spesso. Ma ultimamente ero troppo distratto dalla mia vita. Hai notizie di lei?”

”Nessuna. Dal giorno in cui sono tornato qui, nessuna.”, lasciò scorrere un po’ di secondi in silenzio prima di chiedere: ”E tu?”

”Mi ha scritto. All’inizio mi scriveva spesso, mi raccontava, mi chiedeva di te, ma di te non sapevo più niente, eri scomparso. Credo avesse nostalgia, mi invitava a tornare…”, sospirò. ”Io non avevo la minima intenzione di tornare qui. Ci butto troppa sofferenza in questa storia, e ti assicuro che in Europa soltanto riesco a dimenticarla. So che è vigliacco, ma è la mia confessione per te.”

”Nemmeno io tornerei qui fossi in te.”, rise. ”Però ho letto tutti i tuoi tedeschi intanto. Alcuni sono sopravvalutati, ammettiamolo. Ma mi rendo conto di una cosa leggendo le storie che vengono da altri posti: l’arbitrarietà di tutta questa faccenda che chiamiamo vita, sai. La casualità di nazioni, razze, guerre. Faresti bene a tornare in Germania.”

Si fermarono sulla costa, accanto al mare. Fu qui che Ahmad rivelò un segreto all’amico. ”Quando la sento, lacerante dentro, la nostalgia, vengo qui, in un qualunque posto che sia a pochi passi dall’acqua, e fisso le onde, Hans. Ti ricordi la mia faccia quando ho visto il mare a Tel Aviv? Ora è l’unica circostanza che mi attacca alla realtà, l’unica occasione che ho di ricordare.”

”E per tutta la vita vivrai qui, Ahmad?”

”Vivrò come viene. Non c’è altra scelta.”

 

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