Il ritorno della psichedelia | Animal Collective | C2C MLN

C’è chi dice che il tempo della psichedelia è passato, che siamo cresciuti e abbiamo messo la testa a posto, che quelle cose da hippie californiano ormai si vedono solo nei film… ma ecco che, dopo l’eclettica esibizione di GFOTY, si spengono le luci dei Magazzini Generali e qualcosa dentro di noi si riaccende. Torna in circolo quella dose di mescalina che quando eri al liceo e guardavi Paura e Delirio a Las Vegas sognavi di mandare giù. Torna a galla l’angoscia adolescenziale, la spensieratezza, l’euforia ingiustificata degli anni passati. Si riaccendono le luci e il palco è trasformato.

Entrano gli Animal Collective e alle loro spalle si illumina una surreale pittura rupestre al neon. I tre personaggi raffigurati hanno i volti distorti e i loro lineamenti confusi fissano il pubblico spruzzando arcobaleni di colori. Intanto, le voci di Avey Tare, Panda Bear e Geologist iniziano a intrecciarsi formando la spirale sonora che accompagna le note di Lying In The Grass. I ritmi tribali della batteria portano gli spettatori in un’altro mondo, dove esistono solo due dimensioni e i colori sono più brillanti che mai. Invece di parlare danzano, accompagnati da sassofoni, sintetizzatori, scacciapensieri, chitarre e altri suoni di provenienza non ben precisata. Ogni istante è sovraccarico di informazioni che riportano alla mente il passato: una frase di un film, la prima sbronza, un abbraccio, il suono della campanella, il clacson della macchina dei genitori.

Il concerto non dà respiro e gli Animal Collective continuano a suonare ossessivamente senza mai fermarsi, nemmeno per prendere gli applausi. Le canzoni, veri e propri concentrati di immagini ed emozioni che si susseguono freneticamente, sono collegate tra loro da interminabili minuti di improvvisazione psichedelica, in cui le tipiche batterie incalzanti e minimali di Geologist e compagni vengono improvvisamente sostituite da rumori di fondo, glitch e delay che fanno perdere agli spettatori ogni cognizione temporale.

Ma ecco che dopo questi sbalzi di umore e qualche secondo di pausa, i primi dall’inizio del concerto, inizia FloriDada e la temperatura dei Magazzini Generali incomincia a salire vertiginosamente. La batteria e i cori che richiamano il surf rock dei Beach Boys incendiano la pista e tutto il pubblico finalmente si lascia andare completamente. C’è chi balla, chi poga, chi fa stage diving, chi limona con il proprio vicino, chi guarda in cielo come per ringraziare una volta tanto qualcuno lassù per aver creato tutto questo. E tutti quanti sudano. I Magazzini Generali diventano una bolgia incontrollabile che si muove a ritmo di quattro quarti, mentre corpi in estasi e danzanti si sfregano tra loro, scambiandosi sudore ed energia positiva sulle note scanzonate di Hounds Of Bairro.

E proprio quando la temperatura diventa quasi insostenibile, gli Animal Collective cambiano registro, e come degli sciamani ipnotizzano il pubblico con i due veri capolavori del concerto: Bees e Loch Raven. Ormai completamente in mano alla band, gli spettatori si svegliano dal sonno mistico al ritmo di Summing The Wretch, che con le sue complesse armonizzazioni vocali annunciano la fine del concerto.

La serata dei Magazzini Generali continua con con Mikael Seifu e una platea più che dimezzata. Dopo un’ora e mezza di follia torna a governare la razionalità, e i campioni di musica africana e jazz continuano a far ballare i pochi rimasti. Seguono le ottime performance di DJ Marfox, DJ Nigga Fox e Lotic, ma un po’ per colpa del cambio radicale di genere rispetto agli Animal Collective, un po’ per le poche persone rimaste dopo il concerto, la notte sembra non decollare mai. Così, a serata ormai finita, decidiamo di andarcene anche noi per continuare a cercare qualche ultimo sprazzo di colore lisergico nel cielo grigio di Milano ormai albeggiante.


Fotografie di Alessia Naccarato

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