Antonioni, Cortázar e l’infedeltà di Blow-Up

Nel 1965 Michelangelo Antonioni si trasferisce a Londra. Sta lavorando a Blow-Up e ha due assilli per la testa: un racconto breve e la swinging london.

Monica Vitti, sua compagna, è costantemente bloccata sul set di Modisty Blaise, così il regista si reinventa girovago, cominciando a studiare dall’interno il fenomeno della cultura pop.

Piccolo passo indietro. 1964. Neanche il tempo di ultimare le riprese di Deserto Rosso che Antonioni ha già in mente qualcos’altro. Sta giusto perlustrando Le bave del diavolo per il soggetto del suo prossimo film; il lavoro di Cortázar, però, verrà spremuto e ridisegnato nel giro di un anno.

Testuali parole: Non mi interessava tanto la vicenda, quanto il meccanismo delle fotografie. La scartai e ne scrissi una nuova, nella quale il meccanismo assumeva un peso e un significato diversi.

Ma la proclamata infedeltà all’opera di Cortázar, esiste davvero?

Non ci rimane che analizzare per punti le differenze più evidenti a cavallo delle due opere, trascendendo quelle più ovvie, legate al gap tra mezzi creativi.

IL PROTAGONISTA

In Cortázar Roberto Michel è un fotografo dilettante, di mestiere traduttore. Antonioni opta per un rampante fotografo professionista di moda. Si chiama Thomas. Con ogni probabilità trattasi di un escamotage per tirare in ballo la beat generation, per cui non parleremmo di stravolgimento ma di trovata scenica. Perché Thomas viene interpretato da David Hemmings? Innanzitutto l’ambiente col quale il regista entra in contatto alterna grandi celebrità e perfetti conosciuti, in un cocktail sempre in movimento. E poi affidarsi a Terence Stamp sarebbe stato troppo facile.

IL MEZZO

Che funzione assume il procedimento fotografico? E quale il ruolo della fotografia-risultato? Rivelazione di una realtà mediata e artefatta, oppure come strumento di indagine e speculazione sulla vicenda umana?

Michel, nelle ultimissime pagine del racconto, cade ipnotizzato nell’incantesimo dell’allucinazione. Osservando un ingrandimento della foto originale, i personaggi ritratti cominciano ad animarsi in un turbine di movimenti frenetici, sigillando Roberto in un trip psicotropo.

Antonioni cerca di stemperare le atmosfere oniriche e dà concretezza al tutto. Come? Con un tocco noir: nell’ingrandimento niente più nuvole, uccelli, sibilanti lingue nere. Soltanto una pistola che occhieggia da un’aiuola. Così Thomas avvia una specie di indagine, tra sopralluoghi e interrogatori.

La fotografia, in entrambi i casi, svela la distanza incolmabile tra mondo reale e costruzione sociale. Anche in blow-up, nelle sequenze finali, va in scena l’assurdo. Il cadavere, che il giorno prima Thomas aveva scovato nel parco, è sparito. Allora il protagonista si imbatte in un confronto tennistico tra mimi, e comincia a percepire lo schioppo della pallina sulle racchette. Ma non c’è nessuna pallina. Forse non c’è nessuna partita in corso, in verità.

L’AMBIENTAZIONE

Parigi, Londra e l’Italia. Cortázar sceglie Parigi. D’altronde la vicenda potrebbe svolgersi ovunque. In un primo momento Antonioni pensa di ambientare il film in Italia, ma si rende conto che c’è uno spicchio di Inghilterra che conosce meglio di qualsiasi città peninsulare. Così sceglie Londra, e decide di raccontare la swinging City in tutto e per tutto, complice il fidato Tonino Guerra, che lo accompagnerà in un pellegrinaggio non proprio francescano tra locali e gallerie d’arte.

Il nome di Michelangelo Antonioni ha sempre creato dibattito. Sono molti gli argomenti delle varie letture. E la sua malcelata insolenza nell’approccio ai fondamentali, e quel suo accollarsi a malincuore il ruolo di artigiano della perfezione, e quella irruenza nel rapportarsi con l’universo. Truffaut una volta disse che Antonioni era l’unico regista importante sul quale non aveva nulla di buono da dire. Tra le tante colpe affibbiate negli anni al regista emiliano, tenderei a non includere, però, quelle legate alla sua presunta slealtà. Antonioni commercializza i suoi spunti, crea riferimenti popolari da opere magnifiche ma prive di risonanza. L’originalità di Blow-Up, per tornare al nostro nodo, se guardiamo bene, non svilisce la grana di un tributo autentico a uno splendido racconto, che rimane il vero ed unico soggetto dell’opera filmica. Parigi o Londra, Roberto o Thomas, pistole o allucinazioni, conta poco. L’amore per l’assurdo trionfa sovrano, e la fedeltà di Antonioni splende oltre ogni dichiarazione.

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