Apolide, il festival tra i boschi dove tutto è possibile

Foto di Gabriele Ferrari

Natura, tenda, amici, birra e tanta musica. Si potrebbe dire che non serva altro per immergersi fino al collo nelle vacanze. Ma quando il tutto è racchiuso in un festival che, oltre alla line up caleidoscopica per rispondere ai diversi gusti, offre workshop, spazi per attività fuori dall’ordinario – come parkour, slacklining, escursioni – ma anche giochi per i più piccoli, yoga e shiatsu, l’estate è servita. E se sembrano pochi quattro giorni, dal 19 al 22 luglio, quelli in cui Apolide, nato nel Comune di Alpette e organizzato dall’Associazione Culturale TO LOCALS e da Dunter, ha catalizzato l’attenzione sui rigogliosi e appartati boschi dell’Area naturalistica Pianezze di Vialfrè, l’intensità con cui si potevano vivere dice assolutamente il contrario.

Foto di Gabriele Ferrari

Lo confermano i numeri: quattro aree campeggio (Quiet Camp, Joongla Camp, Van Camp e Family Camp a seconda di esigenze di rumori, veicoli o spazio), l’esperienza di 15 edizioni e la line up con più di 50 artisti che si sono alternati sui tre palchi – Main stage, Boobs stage per concerti acustici e reading e Soundwood aperto all’elettronica e alle sperimentazioni – con dietro un team di centinaia di volontari dello staff di ARFF. E l’affluenza di tanti che hanno scelto di perdersi nella natura a mezz’ora da Torino, rinunciando al letto comodo e alla connessione internet super veloce per godersi qualche ora di evasione completa.

Foto di L. Romussi

 

Le giornate sono state scandite da grandi nomi della musica che hanno guidato il viaggio del festival tra le sonorità nazionali e internazionali. Protagonisti della prima serata, la rock band italiana i Ministri, in tour per il nuovo disco Fidatevi, in scena dopo Technoir Joah Thiele, per poi abbandonarsi allo Xanax Party notturno. Alice Merton, invece, in programma nella seconda serata con Andrea Poggio, Populous djset, Témé Tan, M¥SS KETA, ha stupito con il suo singolo No Roots e una potenza che ha sfidato la pioggia e l’allerta meteo che alla fine hanno però costretto l’annullamento degli altri concerti.

Foto di Gabriele Ferrari

E se non c’è festival senza inconvenienti climatici, questi non hanno bloccato il gran finale dedicato a Samuel. Una vera festa, un viaggio lungo la sua carriera, My story nonché l’unica data estiva del frontman dei Subsonica che ha solcato le epoche crescendo con i suoi fans e lo ha voluto ricordare per Apolide allo scoccare della mezzanotte dell’ultima sera, prima di cedere la scena a Digitalism. Ad aprire, per entrare nel mood giusto, l’amico nonché conterraneo cantautore, produttore artistico, autore, musicista Alberto Bianco, in arte Bianco. Con i pezzi di Quattro, più qualche chicca storica, tra queste Corri corri duettato con una ragazza del pubblico per le strofe di Levante, ha svegliato un bosco assopito dalle lunghe giornate di festa. Una folla danzante su Punk Rock con le Ali e 30 40 50, ha poi accolto sul palco Dan Owen, per la prima volta in Italia dal Regno Unito.

Samuel Romano – Foto di L. Romussi

E proprio con Bianco e con un numeroso gruppo di amici che Samuel Romano ha voluto condividere il palco. Loro, i volti della sua carriera, i frame di un percorso artistico pieno di deviazioni rivelatesi vincenti e di scelte azzeccate. Tra questi Ale Bavo degli LNRipley, Christian Tozzo dei Linea 77, Pierfunk dei Motel Connection, Cato e Parpaglione dei The Bluebeaters, Mudimbi, Robbo, Lallo degli Amici di Roland e El Tres, Papanico degli Africa Unite e ancora la sezione fiati formata da Sergio Chiricosta, Stefano Cocon e Gabriele Pera. Una big band divertita e pronta a divertire con la sintonia rafforzata negli anni, sulle note del Codice della Bellezza e non solo. In un coro unico, con il pubblico che brandiva palloncini e telefonini chiedendosi: «Gli alberi, le foglie, il sole, un temporale e io cerco una risposta». E lì, nei boschi di Vialfré, tra gli uccelli canticchianti e la musica assordante quella risposta è come si fosse palesata.

 

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