L’esperienza d’ascolto di Tabula Rasa di Arvo Pärt in chiesa

a cura di Martina Bonetti

La sera del 29 Gennaio ha avuto luogo un esperimento musicale: Tabula Rasa, un componimento per orchestra degli anni ’70, riprodotto con computer e casse all’interno di una chiesa d’artista. Il pezzo è di Arvo Pärt, compositore estone tra i più grandi del Novecento. Ha una storia particolare, stilisticamente parlando, perchè come spesso accade anche a noi si rende conto di aver sbagliato strada e modifica completamente la rotta. Dopo aver sperimentato la musica d’avanguardia all’inizio della sua carriera, infatti, capisce di dover eliminare tutto quei sovrappiù della musica contemporanea tornando al passato. La sua scoperta avviene per un ritrovato interesse nei confronti della musica antica, canti gregoriani e testi sacri, che spesso si riduce a semplici scale o arpeggi. Less is more. Grazie a questo cambiamento di direzione il compositore crea un vero e proprio stile minimalista, lavorando con pochissimi elementi alla ricerca della perfezione in ogni singolo suono, quasi alla ricerca del divino.

Quale miglior luogo, allora, di una chiesa per ascoltarlo? Ma non una chiesa qualunque, quella di Dan Flavin. Partendo da una struttura degli anni ’30 ubicata nella zona Sud di Milano, nel 1996 l’artista americano, celebre per l’uso dei neon nelle sue opere, ha ideato un progetto (realizzato successivamente da Fondazione Prada) che consiste in un’installazione di luci site-specific quasi ultraterrena. Entrando si ha la sensazione di aver varcato la soglia di un’altra dimensione, una dimensione di sogno. La struttura della chiesa è sempre lei, rimasta immutata nel suo mantenere un sapore di autorevolezza e di tempo passato, ma è immersa in una combinazione di colori che ne cambia completamente l’aspetto. Luce blu, poi rossa, poi gialla: notte, alba, infine giorno. La resurrezione cattolica ma anche il nascere e lo spegnersi di ogni nostra giornata.

È un concerto, ma non c’è un musicista e non ci sono strumenti musicali. O almeno non tradizionali. Solo un computer e casse molto particolari, con forme mai viste, di legno. Sacro e profano, un po’ The Young Pope. Si chiamano Acusmonium: un sistema di proiezione del suono nello spazio creato nel 1974 a Parigi, che attraverso altoparlanti diversi l’uno dall’altro riesce a diffondere le onde acustiche secondo le caratteristiche della sala in cui ci si trova. Prende così forma un insieme di vibrazioni e suoni che viaggiano tra la natura e l’artificio, tra il rumore di un bosco o di un fiume e quello di un sintetizzatore. Si viaggia in un altro mondo, immersi nel proprio silenzio e in quello di tutti i presenti seduti intorno, trasportati da un’onda ora impercettibile ora potentissima. Le note di Tabula Rasa si diffondono attraverso le casse in ogni angolo della chiesa, e assorbiti dalle luci blu, rosse, gialle abbiamo pensato tutti di essere un po’ più vicini al divino, ovunque esso sia.

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