Bertrand Cantat e il dibattito sul diritto di suonare

“Mi chiamo Bertrand Cantat e nel 2003 sono stato condannato a 8 anni di carcere per aver messo fine alla vita di Marie Trintignant”, con queste parole il musicista francese ex leader dei Noir Désir annuncia la decisione di ritirare la sua partecipazioni ai festival estivi a seguito di polemiche e petizioni che chiedevano l’annullamento delle date. “Ho pagato il mio debito con la giustizia, non ho beneficiato di nessun privilegio. Chiedo il diritto al reinserimento sociale e a esercitare il mio mestiere”, aggiunge Cantat nel comunicato.

Che esista un dibattito su cosa rappresenta Bertrand Cantat è assolutamente legittimo, così interviene la Lega per i Diritti dell’Uomo in un comunicato pubblico. Gli organizzatori sono liberi di programmare e organizzare, ciascuno è libero di andare o meno a vederlo, aggiungono, chiarendo che in uno stato di diritto nessuno si fa giustizia da solo o fa giustizia a qualcun altro al posto della giustizia. Nel frattempo le proteste non si placano, e le date del tour di Cantat continuano a trovare contestatori, le polemiche non si fermano, con ripetuti appelli al ministro della cultura francese per fermare il tour di Cantat.

La storia è abbastanza nota. Nel luglio del 2003 a seguito di un violento litigio, Bertrand Cantat uccide la compagna Marie Trintignant, attrice e figlia del noto attore francese Jean-Louis. I due si trovano in Lituania, e Cantat viene prontamente condannato a otto anni di carcere. Quattro anni dopo il giudice Laflaquiere decide per la libertà condizionata del musicista, “per gli sforzi di reinserimento sociale”. È il 2007, e naturalmente viene tenuto in stretta sorveglianza, ed è sottoposto all’obbligo di non rilasciare interviste o scrivere alludendo alla vicenda.

A questa storia – chiara, netta – si aggiunge l’epilogo tragico di un’altra delle compagne del musicista francese, quella Kristina Rady che era già stata prima moglie di Cantat, e che si toglie la vita dopo essere tornata a vivere con l’ex compagno. Naturalmente non ci sono prove che indichino che il suicidio della Rady sia collegato direttamente a Bertrand Cantat, ma la trama solletica la curiosità popolare.

 

Bertrand Cantat e Pascal Humert nel progetto Détroit

 

Resta aperto l’annoso dibattito sul diritto di continuare la carriera per Bertrand Cantat, acuito dal duro scontro delle due parti. Da una parte chi inchioda l’assassino alla sua storia, alle sue colpe e alle sue vicende, dall’altro chi crede che Cantat abbia pagato per queste colpe e possa essere reinserito, avere il diritto di continuare il mestiere dell’artista. Eppure, a guardare al passato, quando il musicista francese aveva collaborato con Pascal Humbert per il progetto Détroit, il tono delle polemiche intorno al disco era sembrato meno duro. Se quel disco aveva raccolto le sue (pur poche) recensioni, stavolta il clima intorno al ritorno di Bertrand Cantat solista – a suo nome – ha aperto uno scomodo vaso di Pandora. Dalle polemiche intorno alla copertina dedicatagli da Les Inrockutibles, al silenzio pubblicitario che ha circondato l’uscita di questo disco: un tutti in riga che fa al caso dell’era in cui siamo. Di contro tuttavia, le polemiche d’intorno hanno l’effetto opposto di creare un canale di promozione al disco e al tour di Cantat.

Intanto le date del tour solista sono ancora in programma, e anche i contestatori si aggiungono alle tappe del tour. Come ha ben sintetizzato la Lega per i Diritti dell’Uomo che esista un dibattito sulla vicenda di Cantat è sacrosanto – e bisogna continui, ma davvero siamo diventati così incattiviti da disprezzare il reinserimento sociale? Chissà dove ci porterà il vento, cantava qualcuno.

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