Bezos e il Washington Post: non tirate fuori le camicie da Gordon Gekko dalle soffitte

Un giorno, potrebbe anche essere fra decenni, i giornali stampati su carta diventeranno un prodotto di lusso”, queste è quanto ha dichiarato Jeff Bezos, fondatore di Amazon, in un’intervista rilasciata alla NBC, aggiungendo che “sebbene la gente allevi ancora cavalli, questi non sono la loro prima scelta per andare in ufficio”.

Frasi che evidenziano, ancora una volta, l’opinione che la Silicon Valley ha in merito al ruolo futuro della carta stampata: un lusso, un vezzo, che i nostalgici, gli antiquati e i più ricchi dovranno pagare caro. Ciò che è paradossale è che Bezos ha acquistato da poco più di due mesi il Washington Post, storica testata americana d’inchiesta, ora in precarie condizioni economiche: 54 milioni di dollari di debiti generati nel 2012, che si aggiungono ai 21 del 2011.

Ma, al di là della metafora utilizzata, che sicuramente riempirà i titoli di svariati quotidiani (cartacei), le parole del CEO di Amazon, piuttosto interlocutorie, non offrono anticipazioni della sua strategia a breve termine per risollevare le sorti del giornale. Almeno due restano i punti oscuri nell’operazione, come accade spesso quando si parla di Bezos (la sua azienda non rivela i dettagli delle proprie vendite, fondamentalmente per motivi fiscali).

La prima domanda che attanaglia gli analisti è il motivo che ha spinto un guru del digitale ad investire in questa operazione, che altro non è se non un tentativo di convertire uno dei baluardi del giornalismo d’inchiesta “old school” al mondo 3.0 che lui stesso ha contribuito a plasmare. Tre le ragioni politiche: proteggere Amazon dalle pesanti accuse di evasione e sfruttamento della manodopera, cautelarsi nell’agguerrita battaglia degli ebook, che ha già conosciuto le prime schermaglie legali da milioni di dollari, e, last but not the least, fornire un appoggio “borghese” e mainstream all’agenda politica liberale, liberista e internazionalista portata avanti dalle personalità più in mostra della Silicon Valley con il consenso bipartisan del Congresso, concretizzatasi nel progetto FWD.us. Utilizzare la stampa per fini politici? Non occorre essere degli estremisti della realpolitik per rendersi conto che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole della California.

Allo stesso modo, non necessiteremo di un Master in economia per analizzare il secondo nodo oscuro dell’operazione, ovvero come agirà la nuova gestione del Post, almeno nel primo periodo. Dei tre capisaldi dell’economia americana “da esportazione” (o da adattamento cinematografico, interscambiabilmente) degli ultimi trenta anni, finanza creativa, startup, debito, a mio parere Bezos si affiderà esclusivamente a quest’ultimo, il più antico e demodè della santa trinità del business. Insomma, non c’è da aspettarsi nessun revival anni ’90, non tirate fuori le camicie da Gordon Gekko dalle soffitte, ma non sarà nemmeno la strada della ricerca e delle piccole imprese tecnologiche quella che risolleverà la testata simbolo del Watergate. Questo ingrato compito sarà svolto dai 25 miliardi di dollari che costituiscono il patrimonio stimato di Bezos, almeno fino a quando il suo team non riuscirà ad inventarsi un nuovo modello di business per l’editoria: non proprio facile come scaricare un ebook.

Anche da questo punto di vista, Bezos si rivela più fedele alla tradizione del previsto: una tradizione più recente, ma ormai ben radicata, il cui simbolo sta nella guerra tra lo schieramento Guardian (l’unico erede, inglese tra l’altro, della grande tradizione del giornalismo d’inchiesta made in America), fautore del giornalismo online gratuito, e quello guidato dal New York Times, seguace del paywall (numero limitato di articoli disponibili, abbonamento all’edizione online per 15$ al mese). Due metodi diametralmente opposti con cui l’intero mondo del giornalismo sta affrontando, ormai da un decennio, un complesso periodo di transizione in cui le vendite cartacee diminuiscono in maniera più che proporzionale rispetto all’aumento dei ricavi dalla pubblicità online. Le filosofie saranno pure inconciliabili, ma lo stesso non si può dire del modus operandi, comune a tutte le testate: tagli al personale, fine del reportage sul campo ma, soprattutto, la scelta di appoggiarsi ai più ricchi magnati del pianeta per coprire i loro debiti.

Il Guardian, controllato da una compagnia inglese, The Scott Trust Ltd,  ha perso 100000 sterline al giorno tra il 2009 e 2012, e il trend non sembra destinato ad invertirsi, il NYT ha ricevuto un prestito da 250 milioni di dollari da parte del magnate messicano delle telecomunicazioni Carlos Slim, che detiene l’8% delle azioni del gruppo, e la vicenda del Post si inserisce perfettamente in questa cornice.

Paradossalmente, se da un lato l’ultimo decennio ha portato a una progressiva trasformazione “in orizzontale” del giornalismo, al passaggio dalla notizia “costruita” (nel miglior senso possibile) in redazione al reportage su youtube, dall’altro lato mai come oggi il mondo del giornalismo, indebitato, confuso, alle corde insomma, è nelle mani di quei poteri “verticali” da cui dovrebbe fuggire. C’è chi (come Matt Yglesias) vede questa spirale senza fondo nell’indebitamento con la speranza di guadagni futuri come naturalmente insito nel giornalismo e chi lo ritiene un fatto temporaneo dovuto alla crisi. Al di là di questo, però, ciò che è paradossale è che proprio questo stesso modello ha portato Amazon ad essere una azienda da 120 miliardi di dollari. Basti pensare che i Kindle vengono venduti sottocosto, in modo da poter occupare quote sempre maggiori del mercato, e i guadagni netti dal sistema di vendite online rasentano lo zero. Indebitarsi per “creare un mondo in cui un libro o è autoprodotto o prodotto da Amazon”, citando le recenti parole di Franzen, un monopolio perfetto, citando chiunque abbia mai aperto un manuale di economia; questo l’obiettivo dell’azienda americana.

Manipolazione politica, indebitamento, centralità del denaro cash: il Bezos-mondo e il sistema la carta stampata hanno molto più in comune tra loro di quanto vogliamo illuderci di credere. Forse è proprio per questo che nessuno si scandalizzerà se e quando il Post diventerà una semplice App nelle mani di Amazon.

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