Born in Mistery | Thom Yorke

Thom Yorke - live

Esistono sicuramente diversi elementi fondamentali a creare un enigma. Il deus ex machina avvolto nelle tenebre che un po’ si vede, un po’ si nasconde. Sfugge, come quando si cerca di prendere la nebbia, ma poi ti avvolge quando cala. Una danza fra più corpi che si costituisce in uno solo, oppure le radici binarie della materia del domani o in un deserto sterminato di bit che destruttura il tappeto sonoro, con nessuna chiave di lettura, o forse tutte, nello stesso preciso istante, fra la comprensione e il totale smarrimento.

Se, per quanto difficile, trovare un nucleo o un frammento ricorrente è possibile in ciascun componimento dei Radiohead – dalla carica giovanile ma estremamente determinata di Pablo Honey alla terza umanità di Kid A, fino all’imprevedibile crollo emotivo che caratterizza la catarsi di A Moon Shaped Pool – il percorso solista di Thom Yorke vive di un enigma insoluto, di un programma che gode nel non avere soluzione di continuità e nel non risolversi mai. In fondo, anche l’oscurità perde consistenza e il suo grado di terrore, quando ricerca una esecuzione ritmica o si ostina nel darsi un equilibrio che, forse, nemmeno c’è.

Thom Yorke è quello di The Eraser, uscito nel 2006, la versione rubik negli incastri di Tomorrow Modern Boxes o quella allucinata, composta e neoclassica di Suspiria. O anche quello dei diciotto giorni di musica ininterrotta, delle playlist per accompagnare il sonno o dei live alle Boiler Room forse inesplicabili. Il frontman rigido, distaccato, ombroso. Il ballerino imprevedibile, caloroso, scatenato. Chi è Thom Yorke?

 

Sometimes I don’t even recognize myself in some of the music I’ve made, which is always what I’m looking for, I guess.
Thom Yorke x Crack Magazine, 2019

 

Presente, passato e futuro, sono tre sostanze, tre tempi che caratterizzano la composizione sonora dello Yorke solista e scandiscono ognuno i tre componimenti. L’ultimo è, tendenzialmente, il senza tempo di Suspiria che non è niente più di un tempo sentimentale, emotivo, che si struttura con le immagini del remake di Guadagnino – certo – ma per la stessa ragione si regge anche in solitaria. Tempo emotivo, dicevamo, che dall’orrore arriva a generare situazioni continuamente sospese, fra la vita e la morte. La genesi di un enigma, nell’opera di costante tensione di Dario Argento come in quella di Thom Yorke. Tempi dispari quelli con cui esordisce timidamente The Eraser, il presente conosciuto di Black Swan o quello di un attimo dopo, come la profezia in Analyse (A self-fulfilling prophecy of endless possibilty / You’re born and raised across the street / In algebra, in algebra / The fences that you cannot climb / The sentences that do not rhyme / In all that you can ever change / The one you’re looking for) o la molecole di quiete e di pace (Atoms for Peace). Il pre-tempo, dato e substrato aprioristico di Tomorrow Modern Boxes, composto fra le bruciature sonore che danno sostanza a Guess Again! e alle sbavature alterate di The Mother Lode.

Mostri meccanici che si riproducono e sudano nella scomposizione in numeri primi della cassa armonica. Thom Yorke alle spalle, tende i fili, attorno a una capacità vocale – per dirla con Simon Reynolds d’annata – in grado di suonare sempre ‘live’, di dominare lo spazio musicale, come accadeva nelle performance di Kid A e Amnesiac, come se Yorke riuscisse a modulare «his vocals knowing the kind of spatiality it would be moving through». Anche quando si dà poco, come nella colonna sonora di Suspiria, gli echoes mai detti e dichiarati si conformano in un mistero che nemmeno il piano, onnivoro del suono, riesce a spiegare. Di chi sono quelle voci? Sono urla? Sono risate? Sono solo respiri, sì, ma forse del male.

 

 

In ogni enigma esistono domande, supposizioni e complici. Quello di questa storia si chiama Nigel Godrich, vero partner in crime dei Radiohead, prima, e di Yorke solista poi, da The Eraser agli Atoms for Peace. Il sodalizio con Godrich, il ‘sesto Radiohead’, è l’immagine di quegli incontri nati e accaduti per una ragione precisa ma dal fondo inestricabile. Composta dalle possibilità, dal gusto della casualità o solo, dalla necessità per cui certe cose accadono. Vivono in simbiosi, come spina di collegamento, e poi come parte attiva. Thom Yorke non ha mai negato l’importanza di questo rapporto, della eterodossia musicale del produttore di Westminster per cui non sembra esserci onestamente un limite nella sperimentazione.

 

Nigel Godrich is very into this idea that if you’re going to do something weird with a track, you make it weird there and then, rather than doing it in the mix afterwards, because the effect changes the way people play. They’ll play to it. And that’s really inspiring, because it’s like having a new instrument. If you’ve got an incredibly cool reverb or something on your voice, suddenly you’re really excited about what you’re doing again.

Thom Yorke x Wire, 2001

 

Come in una partita di Cluedo, Yorke e Godrich giocano per supposizioni, per lanci e rilanci, senza che il colpevole venga mai fuori. Ancora un’altra arma, un’altra situazione, un altro assassino. Una lacrimosa e poi il minimalismo, tutte e due insieme, perché no, non più testi ma suggestioni. Ciò che accade in Suspiria e, a tratti, in TMB è un ragionamento che si avvale del dubbio non più per creare una sorta di disorientamento nel fruitore ma come principio d’ascolto. Nessun porto sicuro. Puoi ballare, sì, puoi anche spaventarti, oltre la porta del conosciuto si accede solo in una direzione e, quando si ritorna, non si è più gli stessi. Le discussioni cominciano e non sanno mai dove vanno a finire. Un lavoro di continue rielaborazioni fino a scavare nel fondale quello che la musica classica, per un certo limite linguistico, non può raggiungere mentre l’elettronica, con una partita di movimenti pressoché infiniti e oltreumani, può indagare ancora oltre. Tre ragioni per una sola distopia, la prossima.

 

The dystopian thing is one part of it, yes, but for me, one of the big, prevailing things was a sense of anxiety. If you suffer from anxiety it manifests itself in unpredictable ways, some people have over-emotional reactions. [For] some people the roots of reality can just get pulled out, you don’t know what’s happening. Then eventually reality comes back. For some reason I thought a really good way of expressing anxiety creatively was in a dystopian environment. I had so many visual things going on at this point. Another one was where everybody was travelling to work but their bodies were telling them that they wouldn’t do it anymore. They were refusing to cooperate, so they were doing these involuntary movements.

Thom Yorke x Crack Magazine, 2019

 

Nell’intervista a Crack Magazine, forse, Yorke ci lascia una prima e timida ammissione sulla sua vita oltre i Radiohead, fatta di riscritture e sperimentazioni, di incubi e ansie di un uomo straordinariamente normale, che non ha mai rinnegato il suo ruolo pubblico («Yeah. One day at a time, mate. You will be impeached shortly, mate. You are not a leader, love—and the people are going to see it very soon, love. One day at a time. You can’t sustain this. It’s not going to work. Good luck. One day at a time. We ain’t stupid» disse in riferimento alle elezioni di Trump e Theresa May) quanto l’ha interpretato e fuggito in maniera autonoma. Thom Yorke può forse apparire come una figura lontana, del genio che si sfiora soltanto una volta nella vita ma che, proprio per questa abitudine, quando ritorna colpisce anche nei punti che non sembravano essere scoperti.

 

Exit mobile version