The Rise and Fall of Ziggy Stardust

Era in treno, annoiato, David Bowie, quando lo sguardo si posò sull’insegna di una vecchia sartoria: Ziggy. Era il nome che cercava per dare un’identità al suo alter ego,un alieno sessualmente ambiguo protagonista di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Più che un disco, fu un evento: da allora l’iconografia della musica rock non fu più la stessa.

Non era un semplice 33 giri quello pubblicato il 16 giugno 1972, ma il manifesto di un nuovo modo di fare arte. Fra il 1972 e il 1973, nei panni di Ziggy Stardust, David portò in giro uno show dalle mille meraviglie dove il vero Bowie e la figura teatrale si confondevano tanto da rendere sottilissimo il confine tra realtà e finzione scenica. “Fu un processo mentale straordinario e drammatico al tempo stesso”, racconta Bowie. “Mi ero lentamente trasformato in Ziggy, l’uomo David viveva in balia del personaggio da palco. Per liberarmene, l’ho ucciso in concerto annunciando in pubblico la sua definitiva scomparsa”. Ma Ziggy non se ne sarebbe mai andato così facilmente,perchè aveva in sè il germe della rivoluzione che piaceva tanto al Duca Bianco.

La sua ambiguità sessuale dettò i canoni su cui personaggi dello spettacolo come Amanda Lear avrebbero basato la propria carriera. Ziggy e i suoi capelli arancioni sparati in alto precorsero la moda del punk e delle sue creste ribelli. Per la prima volta la danza divenne elemento centrale dell’intero show di Ziggy. Regista dell’operazione è il celebre mimo Lindsay Kemp. Ziggy è l’incontro tra Alexander De Large, il folle psicopatico di “Arancia meccanica” di Stanley Kubrick, e Thomas Jerome Newton, l’alieno del film “The man who fell to earth” di Nicolas Roeg. Dal punto di vista sonoro Ziggy Stardust “fu la rottura della tradizione machista del rock. La gente, che si aspettava qualcosa di soft, si trovava di fronte una band in raso e paillettes. Poi li spettinavamo con il volume delle chitarre. Uno shock”. Parola di David Bowie.


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