Boxeur the Coeur – November Uniform

Voto: 7,5/10

Paolo Iocca è uno di quelli che, senza iperboli né estremismi linguistici, non si stenta a definire un “piccolo genio”. Perché suona qualsiasi strumento, dalla chitarra al banjo, al pianoforte, fino ad arrivare alle diavolerie elettroniche; perché capace di muoversi a 360° tra progetti musicali di varia natura e consistenza, apportando sempre un evidente valore aggiunto; perché è distante anni luce dalla mentalità di chi tende a confinarsi entro determinati recinti musicali e geografici, che alla lunga impoveriscono e portano a creazioni quanto meno anonime e banali.

Così, chiusa la bella parentesi Franklin Delano e messo in congelatore il progetto Blake/e/e/e, tra una pausa e l’altra della proficua collaborazione live con gli …A Toys Orchestra, Iocca si traveste da alieno e diventa Boxeur The Coeur, moniker con il quale pubblica il suo primo lavoro da solista, “November Uniform”. Il risultato è un caleidoscopico viaggio tra melodie orecchiabili di stampo sixties, atmosfere più cupe in cui si addensano nubi di stampo electro-wave, loop ossessivi, effettistica e sintetizzatori indemoniati, che si incontrano e scontrano simmetricamente creando inaspettati giochi di colore.

Ad aprire l’album è “Forewords”, brano dal sapore vagamente anni ’80, dominato da una ripetitiva drum-machine e dagli innumerevoli effetti applicati alla voce di Paolo, che creano una claustrofobica quanto affascinante cappa sonora. Il contrasto con la successiva “Our glowing days” è netto: qui l’atmosfera si fa solare e un motivetto catchy, cantato su un giro di piano continuo e incalzante, rievoca istantanee di giorni brillanti e gloriosi, forse oscurati dal tempo ma che non possono (e non devono) essere rimossi dalla memoria.

Intelligenti echi pop/dance fanno invece capolino in “Essay on holography”, pezzo dal travolgente ritornello new-wave sul quale difficilmente si riesce a restare immobili, mentre “The secret abilities”, con gli inaspettati giochi di contrasto tra le strofe kraftwerkiane  e un ritornello spensierato che se ne distacca completamente, sorprende generando repentini cambi d’ambientazione.

“Low tide lost at sea” funge da vera e propria pausa di riflessione, un intermezzo costruito su un giro di piano circondato da sprazzi di effetti elettronici, che si avvicina alla purezza dell’ambient, preparando il terreno alla seconda parte dell’album.  Ad aprirla è “Stormily reassuring”, brano incentrato su un giro di basso quasi meccanico e su un synth impazzito che accompagnano per mano l’ascoltatore fino all’esplosione finale e, senza interruzioni, alla settima traccia, “Dusk Jockey”, più un’appendice della precedente che un vero e proprio pezzo a sé stante.

Con “Immortal bliss” i ritmi rallentano: un pianoforte psichedelico detta il tempo al cantato in falsetto, le percezioni si dissolvono poco a poco e si finisce per abbandonare i sensi in una dimensione atemporale, accentuata dalla lunga coda del brano. Si giunge così alla conclusione del viaggio con “A minimal anthem”, pezzo con velleità da tormentone, grazie ad una ripetitività di suoni e testo che lo trasformano in un vero e proprio “inno” alle rinunce (“We can do without… we can sure survive…”: “possiamo fare a meno di un sacco di cose”, suggeriva Paolo in un’intervista, nello spiegare il significato del titolo), e con “An angel was seen on the crime scene”, traccia cupa e rumorosa, in netta contrapposizione alla precedente, in cui tutto ruota attorno a campionamenti di comunicazioni radio tra militari statunitensi in Iraq e irriconoscibili inserimenti vocali di Jacopo Incani, alias Iosonouncane.
L’ennesima scommessa della Famosa Etichetta Trovarobato è, dunque, vinta: Boxeur the Coeur spiazza, rivelando tutta la sua poliedricità, si allontana dal “già sentito” di cui spesso l’indie italiano viene tacciato e regala un lavoro articolato e ricco di interessanti spunti.  “November Uniform” si presenta così come un album privo di provincialismi, un insieme di diverse sfumature melodiche, con punti di contatto in varie esperienze musicali degli ultimi 50 anni ma, al tempo stesso, lontano da qualsiasi epoca, piovuto com’è da quel pianeta solitario in cui luce ed ombra non si pongono in contrasto l’una con l’altra, ma creano insieme scenari dai colori più affascinanti, nei quali eclissarsi.

(Recensione pubblicata anche su Sonofmarketing)

Tracklist:

  1. Forewords
  2. Our Glowing Days
  3. Essay On Holography
  4. The Secret Abilities
  5. Low Tide Lost At Sea
  6. Stormily Reassuring
  7. Dusk Jockey
  8. Immortal Bliss
  9. A Minimal Anthem
  10. An Angel Was Seen On The Crime Scene
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