Carla Bozulich’s Evangelista @ Galleria 19

21 Novembre 2011

Galleria 19, Napoli


Viene dal Greenwich Village, porta con sè tutto un immaginario di desolazione americana, di droga ed eccessi. L’ex leader dei Geraldine Fibbers ha ormai da anni intrapreso la sua carriera solista, prima col suo nome reale Carla Bozulich, poi con quello del suo alter ego, Evangelista, con cui si identifica la sua intera band di supporto. Dopo due anni e mezzo dalla sua storica performance napoletana nella sala del Toro Farnese al Museo Archeologico Nazionale, ritorna in città, questa volta a Galleria 19.

A guardarla da vicino sembra un po’ un folletto. Entra timida sul palco, nel suo completo rosso con la gonna a righe, ha più di quarant’anni, eppure in qualche modo appare come una bambina. La scena è scarna, a farle da cornice sono giusto i suoi musicisti: Tara Barnes al basso, John Eichenseer al violino e alla batteria verticale, e Dominic Cramp alle tastiere.
Carla Bozulich imbraccia la chitarra mentre la musica in sottofondo (un brano di Caruso scelto da lei per creare l’atmosfera) sfuma, ricoperta da uno spesso strato di feedback. Da’ le spalle al pubblico mentre è impegnata a percuotere le note acute della sua sei corde. In un vortice rumoristico, l’improvvisazione si interrompe e lascia spazio alle canzoni. “Black Jesus” apre il concerto, tra lenti e ossessivi accordi dissonanti, la voce si fa intensa e capisci che quella donna che sembra una bambina ha un carisma incredibile. Lo sguardo magnetico, il suo modo di attirare l’attenzione quando canta e suona con una teatralità compita che porta il pubblico a concentrarsi sulle parole, le sue urla sommesse, quasi sussurrate. Get onto your knees è il mantra che ripete, mentre l’atmosfera scura  gonfia l’aria di pathos, come una bolla che sai che prima o poi deve esplodere ed è solo questione di tempo. La batteria si lancia in lampi quasi industrial mentre la voce scorre funerea e marziale. La melodia malata e lacerante della ballata folk “E! Talons” fa capolino tra un mare di distorsioni e di ricami violinistici: impossibile non pensare ai Velvet Underground di Venus in Furs, fosse anche solo per quello “shiny shiny” ripetuto nel ritornello. Il secondo estratto dal nuovo album In Animal Tongue arriva, si tratta di “Artificial Lamb” ed è un bellissimo saliscendi vocale che insegue le brevi e fitte trame chitarristiche che fanno da colonna portante al pezzo. Appare più rilassata ora Carla, saluta e presenta la magistrale cover di “Pissing” dei Low, non si può resistere a tanta intensità, la mente va alla PJ Harvey della prima ora, anche se la pasta della Bozulich è fatta di una sacralità più austera e meno aggressiva della rockeuse inglese. E’ una questione di profondità, di modo di affrontare il palco. Il blues potente di “Lucky Lucky Luck” fa fare un altro salto nel passato, è l’ennesima trasformazione, ritmata e pulsante, ideale introduzione della mistica “Die Alone”, una preghiera strillata al vocoder tra urla e sospiri vibranti.  Non si può non pensare alla teatralità delle grandi rocker femminili, Patti Smith in primis. Non si può non farlo quando la cameristica “Steal away” viene declamata quasi fosse un gospel, quando si libera la furia liberatoria di “You Are a Jaguar” o  quando scende in mezzo al pubblico, per dare spazio al momento più intenso della serata: quella “That’s the creeps” che cede all’intimità e alla sofferenza, sussurrata brancolando tra gli astanti. E’  un gioco sensuale che la porta quasi a chiedere riparo al suo pubblico, appoggiandosi alla gente, stringendo mani, per confessarsi e urlare in faccia a ognuno “Can you feel it?”. Difficile restare impassibili, impossibile non farsi coinvolgere. Il concerto canonico finisce, ma non ci si può certo sottrarre alla sincera richiesta dei bis. Ritornerà due volte Carla, dicendo di amare Napoli, di amarci così tanto da volerci uccidere.

Ed è forse con queste parole che varcheremo l’uscita della Galleria 19, con addosso quella sensazione di sporco che solo le grandi emozioni sanno lasciare. Per una volta ancora nella nostra città.


foto di Lucio Carbonelli

video di Ila Sonica

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