Carmen Consoli – L’abitudine di tornare

É tornata dopo cinque anni la Cantantessa, si è dedicata alla famiglia, ha messo al mondo un figlio ed è diventata ancora di più, se possibile, una donna con la D maiuscola. Torna alla musica dopo un album, Elettra, che era una piccola perla della canzone d’autore nostrana, geniale nelle sue melodie e nelle trovate armoniche, ma anche nel riuscitissimo approccio cantautoriale dei testi, un punto di arrivo e di equilibrio da cui è assai facile scivolare giù. Carmen non torna perché, come dice, ha l’abitudine di tornare, ma lo fa solo perché ha veramente qualcosa da dire. Ed è così che il suo nuovo disco parte esattamente da dove c’eravamo lasciati, dalla cronaca di un paese e dei personaggi che lo animano, dalle storie di ordinaria follia (ma anche miseria) che ci ritroviamo ogni giorno ad ascoltare nei TG o a leggere sui ai giornali. Nulla di nuovo dunque, l’ha sempre fatto e continua a farlo, quello che cambia pero’ stavolta è il punto di vista: la bambina impertinente lascia spazio ad una donna di 40 anni, ad una madre, che ha in qualche modo modificato il suo sguardo sul mondo. E allora succede che l’irriverenza e l’aggressività del passato lasciano spazio alla riflessione e, in qualche misura, anche alla speranza. La rabbia e l’indignazione restano sempre perché quando si parla di mafia o degli sbarchi dei migranti a Lampedusa non si puo’ fare a meno di tirarle fuori.

L’abitudine di tornare é un disco che bada poco alle sperimentazioni musicali, che mette da parte la ricerca armonica raggiunta con il precedente disco, ma ci regala quei saliscendi vocali che tanto ci mancavano, quell’universo di “ridenti” che ci fa sempre sentire un po’ a casa. E’ un album che racconta il tradimento, l’amore, il delitto, l’omosessualità e la miseria con la semplicità e la schiettezza che sono proprie solo dei grandi cantautori, unisce le melodie italiche à la Modugno con dei testi che sono delle vere e proprie cronache che lasciano il giudizio all’ascoltatore (la scuola degli chansonniers francesi e di Fabrizio De André).

Non sarà il disco più bello di Carmen, ma è sicuramente una lezione di stile per il pop italiano, la dimostrazione che il nazional popolare può essere fatto a livelli alti, senza paraculismi e soprattutto mantenendo sempre un proprio stile inconfondibile.

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