Cesare Battisti, latitante

È una trama intricata quella dell’Italia degli anni Settanta: si calcolano 362 vittime tra il 1969 (ovvero dalla strage di Piazza Fontana) e il 1980 (e siamo a quella della stazione di Bologna), senza contare neanche i feriti. È la ‘’strategia della tensione’’ ordita da trame politiche nascoste e ancora oggi non chiare, sono gli anni caldi delle denunce di Pier Paolo Pasolini al silenzio dei dirigenti della Democrazia Cristiana e del Pci (‘’La cosiddetta strategia della tensione ebbe la finalità di rimettere l’Italia nei binari della “normalità” dopo le vicende del ’68 ed il cosiddetto Autunno caldo’’ – si legge nel Memoriale Aldo Moro). ‘’Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).’’. È il 1974, Pasolini lancia una bomba su carta che resterà pressappoco inascoltata, morirà l’anno dopo in circostanze mai risolte. Nel quadro di una lotta civile politica che fa affogare l’Italia nei suoi anni di piombo, con la paura alle costole del terrorismo e dello stragismo mascherato di rosso e di nero, iniziano a nascere formazioni di matrice operaia come i Pac (Proletari armati per il comunismo): siamo nella Milano del 1977. I Pac rivendicano l’estraneità al sistema di potere, sono gruppi di giovani in lotta, così li descrive il loro esponente più famoso, Cesare Battisti: ‘’Il terrorismo è solo di stato, dei servizi o dei fascisti. Noi eravamo combattenti di una lotta armata di liberazione. Era una follia uguale.’’. Ma chi è Cesare Battisti? Latitante, terrorista, scrittore – chi più ne ha, più ne metta.


Le accuse. Il 6 giugno del 1978 Antonio Santoro, maresciallo della Polizia penitenziaria accusato dai Pac di maltrattamenti e torture ai danni dei detenuti, viene trovato morto davanti all’uscio di casa: tre colpi di pistola secchi. Secondo le testimonianze del pentito Pietro Mutti l’assassinio è opera di Cesare Battisti con la complicità di Enrica Migliorati: Mutti (a capo dei Pac) otterrà uno sconto di pena come collaboratore di giustizia. Il 16 Febbraio 1979 è una giornata fondamentale, a Milano viene ucciso il gioielliere Pierluigi Torreggiani: è la vendetta dei Pac contro Torreggiani accusato di aver sparato e ammazzato un rapinatore. Sono le ore 15 a Milano. Lo stesso giorno, alle ore 18, in provincia di Venezia viene stroncata anche la vita di un macellaio, Lino Sabbadin. Sempre Mutti indica in Battisti l’autore dei delitti, tuttavia per dimostrare una cosa del genere bisognerebbe iniziare a credere nel dono dell’ubiquità, dunque le accuse su Cesare diventeranno poi quella di ‘copertura armata’ nel caso Sabbadin, e di mandante nel caso Torreggiani. L’ultimo delitto è quello di un agente Digos, Andrea Campana, anche in questo caso il collaboratore di giustizia Mutti godrà di sconti di pena dopo aver accusato Battisti. Teniamo presente che Battisti nega di aver partecipato alle azioni dei Pac dopo l’omicidio di Aldo Moro, ovvero dopo il 9 maggio 1978: ‘’l’organizzazione non includeva l’uccisione di persone nelle sue direttive. I PAC si differenziavano dalle Brigate Rosse e da altre organizzazioni per questa ragione. E questo fu il motivo della mia rottura con i PAC dopo la morte di Aldo Moro. I PAC sostennero l’uccisione di Moro.’’. Secondo Cesare le testimonianze che condurranno al suo arresto sono estorte a Mutti con la tortura e la promessa di sconti di pena.

La fuga. In questo quadretto di giochi di bombe, stragi, omicidi, e pentiti, Cesare Battisti verrà arrestato, ma riuscirà a evadere dal carcere di Frosinone nel 1981 fuggendo a Parigi, dove vive per circa un anno da clandestino prima di rifugiarsi per un periodo in Messico. Però in Francia negli anni ’80 dominava la dottrina Mitterand, ovvero il diritto d’asilo francese: ‘’La Francia prenderà in considerazione la possibilità di estradare cittadini di un Paese democratico autori di crimini inaccettabili’’, ma si riserva di farlo nel caso di Paesi ‘’il cui sistema giudiziario non corrisponda all’idea che Parigi ha delle libertà’’ (fonte Wikipedia). In particolare ai francesi non andava a genio la figura del collaboratore di giustizia all’italiana, una figura centrale nel caso-Battisti. È grazie a questa dottrina che Cesare potè vivere in Francia per anni, diventando anche scrittore di successo.

Estradizione? Con la fine della dottrina Mitterand viene concessa nel 2004 l’estradizione di Battisti, che torna in latitanza, e si rifugia in Brasile (sostenendo di aver ricevuto l’aiuto dei servizi segreti francesi per la fuga). Il resto è storia recente, l’arresto in Brasile, la libertà e la mancata estradizione, con tutte le polemiche del caso.

E tutti gli altri terroristi? ‘’Io non sono una persona così importante. Io sono uno tra le migliaia di militanti italiani degli anni ’70. Sono uno tra le centinaia di militanti che si rifugiarono in giro per il mondo, in fuga dagli anni di piombo dell’Italia. Perché tutto questo a me?’’ – probabilmente, come scrive Leonardo, perché è troppo più fotogenico di tutti gli altri clandestini o ex terroristi in giro per il mondo (di cui si può leggere una lista a questo link). Battisti è sempre stato al centro della scena, da una parte – quella degli accusatori, e dall’altra – quella dei difensori, ha scomodato nomi importanti, basta scorrere la lista dei firmatari degli appelli pro, tra cui compariva anche un giovane Roberto Saviano che poi successivamente ritirò la firma.

Garantismo alterno. Prendiamo come spunto Bernard Henry Lévy, intellettuale francese che ci spiega gli argomenti non difensivi ma garantisti a favore di Battisti. L’Italia ‘’nell’urgenza della lotta al terrorismo degli anni 70, si è dotata di un arsenale legislativo contemplante, in particolare, una legge sui pentiti capace di accordare ad un uomo un’impunità totale o parziale a condizione di scaricarne il peso su qualcun altro. E’ quanto accaduto a Battisti’’ – scrive Lévy. E ancora: ‘’Tra i punti critici della democrazia italiana, c’è un’altra bizzarria, e si tratta di quella legge sulla contumacia per la quale un imputato, condannato in sua assenza e poi catturato dalla giustizia, si vedrà applicare automaticamente la pena già stabilita senza la possibilità, come avviene in Francia per esempio, di essere giudicato un’altra volta.’’ – ragion per cui, appena entrato in Italia scatterebbe immediatamente l’ergastolo per il latitante. Infine, ‘’Non si affronta un problema tanto enorme quanto quello degli anni di piombo italiani fabbricando un mostro, incollando sulla sua schiena la totalità dei crimini dell’organizzazione cui apparteneva, cucendogli sulla pelle l’intero carico dei peccati di un’epoca di cui egli non fu che una pallida comparsa’’

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