Colapesce – Un meraviglioso declino

Restiamo in casa / l’amore è anche fatto di niente“, un disco è anche fatto di niente, che non è un modo sprucido per stroncare Colapesce, ma l’elogio dei momenti di riposo dal noise violento che è la nostra vita (reprise: ascoltare Un meraviglioso declino nei momenti di spacco, mentre si sorseggia un amaro troppo amaro, e andare con la testa altrove, sopra un Satellite bianco, tra i 20 e i 200 all’ora, premendo a turno il piede su freno e acceleratore a seconda dell’andatura del tempo, se piove c’è il sole, se si ha fretta o c’è l’inverno nevoso fuori). “Ti porterò in India / giuro ti ci porto / anche senza un rene“, finalmente un cantautore che racconta la realtà senza parlare della marca delle scarpe, dell’oggettistica hipster; finalmente qualcuno che parla del vino senza bisogno di dire che è Bordeaux; finalmente qualcuno che scrive i testi sentendoli nelle vene. Senza far troppi giri di parole basta ascoltare La distruzione di un amore per entrare nella poesia di Colapesce, a poco a poco che l’amore si distrugge c’è un vuoto e un’impossibilità, “non riesco a sfiorarti“, pur essendo a un palmo di mano: questa è la verità, buttate tutte le chiacchiere di cui ci invasano il cervello da mattina a sera con parole vuote e perbene (il perbenismo oggi è dire quello che ci si aspetta che diciamo). “Lo stipendio da niente / dimezzato dai vini” è la verità. La semplicità di ritrovare parole come “occhi” – in questo ventunesimo che potrebbe usare sinonimi come cerchi luminosi di pupille addobbati a rayban fantochic – è quasi spiazzante nel duemilaedodici: a pochi passi dalla fine del mondo sarebbe bello tornare a parlare come la prima umanità, usare occhi e capelli, nuda e cappotto. E’ questa la via di fuga da I barbari annunciata da Urciullo?

Il disco si era già fatto apprezzare per i suoi richiami al mondo analogico nel video del singolo M’illumino, in cui scorrono oggetti, ricordi, fotografie, dischi, tutto un mondo che racconta una biografia intera. Ascoltando questi pezzi sembra quasi di tornare a vecchie magie sincere, con la consapevolezza vaga che questo mondo nuovo sia per la maggior parte devoto a pubblicità nichiliste, che sforano in tutte le arti. Si respira in parte l’amicizia di Urciullo e Alessandro Raina (ndr – in attesa di ascoltare il nuovo disco degli Amor Fou, che dovrebbe tentare nuove direzioni), c’è qualcosa di un ritorno di fuoco del passato in entrambi gli autori, ma anche il coraggio di affogare dentro la testa: “io la notte ancora sto sveglio / a pensare al tempo che ho perso / e ne accumulo altro” (Bogotà, fantastico pezzo di chiusura) – teniamolo a mente questo pensiero, ci accompagnerà spesso.

42 Records, 2012

Tracklist:

  1. Restiamo in casa
  2. Satellite
  3. La zona rossa
  4. Un giorno di festa
  5. Oasi
  6. Le foglie appese
  7. Quando tutto diventò blu
  8. I barbari
  9. La distruzione di un amore
  10. Sottotitoli
  11. S‘illumina
  12. Il mattino dei morti viventi
  13. Bogotà
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