Colin Stetson – All This I Do for Glory

Pensare al sassofono è un meccanismo veloce che con un rapido gesto mentale conduce in maniera immediata all’universo jazz: il bebop di Charlie “Bird” Parker, il misticismo di John Coltrane, il free di Ornette Coleman, le atmosfere latine affidate a Gato Barbieri in Ultimo Tango a Parigi, solo per citare alcuni tra gli esempi più illustri. Anche il rock ne ha beneficiato, anche se con saltuarietà, dal sax che incornicia Us and Them dei Pink Floyd sul lato oscuro della luna come nell’intro leggendario di Your Latest Trick dei Dire Straits, senza dimenticare l’apporto di Clarence Clemons nella E-Street Band di Springsteen fino alla moltitudine di sassofoni e registri con cui i Radiohead condirono l’orgia sonora di National Anthem.

Eppure lo strumento brevettato dal belga Adolphe Sax nacque nell’ambito della musica classica tanto da avere una sorta di battesimo nobile ad opera di Hector Berlioz (forse il compositore più attento alla strumentazione orchestrale) e da lì in poi ha attraversato la musica d’avanguardia, colta e non, dell’intero novecento.

Di tutto questo Colin Stetson rappresenta, oggi, un punto d’arrivo capace di convogliare dentro la sua produzione tanto il jazz quanto l’avanguardia senza tralasciare eccellenti collaborazioni con Arcade Fire, Bon Iver e Tom Waits. L’avevamo lasciato giusto un anno fa con Sorrow in cui il musicista canadese rileggeva addirittura la Terza Sinfonia di Gorecki.

Uscito il 28 Aprile per la 52 Hz, il nuovo disco, uscito a distanza di un anno dal lavoro precedente, è l’ennesimo passo in avanti che il musicista porta a compimento in un percorso artistico e musicale assolutamente originale nonché inequivocabilmente privo di compromessi.

All This I Do For Glory, primo vero album solista dal 2013, funziona come una suite di quaranta minuti, formata da sei pezzi indipendenti in cui emergono fortissimi alcuni dei tratti salienti dell’estetica e della tecnica musicale di Colin Stetson. Da una parte i sassofoni (alto e basso) unitamente alla sua prodigiosa capacità tecnica di respirazione circolare, dall’altra la sua peculiare tecnica di registrazione che raccoglie attorno allo strumento e intorno a sé tutta una serie di microfoni per non perdere nessun tipo di sfumatura del suono (una specie di parossismo della ben nota tecnica di registrazione di Manfred Eicher alla ECM).

Il risultato è un mix tra una musica sicuramente elitaria e intellettuale e allo stesso tempo un suono che riesce a essere percepito come denso, fisico, corporeo. Il respiro di Stetson, per due volte colto nell’incipit di un’inspirazione prima dell’impressionante tour de force, il suono delle chiavi dello strumento, quello delle dita del musicista: tutto contribuisce a creare una tessitura sonora di grande profondità capace di alternare linee melodiche quasi retrò (nella title track sembra quasi di cogliere il tema di Twin Peaks) a ossessive ripetizioni che molto devono alla nuova onda di recupero del minimalismo (in Spindrift forti sono gli echi di Riley e Reich più dell’onnipresente, spesso citato a sproposito, Glass), un’atmosfera sorretta dall’hardcore che richiama il sax del nostro Luca Mai degli ZU (non a caso apprezzati dall’altro grande alchimista dello strumento, John Zorn) fino alle dichiarazioni d’intenti nei comunicati stampa relativi al disco, che riportano l’influenza dei lavori di elettronica anni novanta di Aphex Twin e Autechre (di cui si avvertono precise eredità lungo i solchi).

All This I Do For Glory è un disco complesso, ricco, stratificato che nulla concede alla fruizione facile e in definitiva al pubblico che altrove lambisce. Un disco che non nasconde le sue aspirazioni, che si pone come “l’inizio di una storia d’amore fatale nello stile dell’antica Grecia” e non ha paura di tirare in ballo “ambizione, eredità, aldilàma che sicuramente rientra, suo malgrado, all’interno di un ristretto mondo più di nicchia che fa della sperimentazione e della ricerca i fari irrinunciabili del proprio percorso. Tenendosi lontano tanto dai gusti del pubblico quanto dalla fugacità delle mode, inseguendo solo, come dice il titolo, l’eternità della gloria.

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