Il romanzo di Colson Whitehead e gli Stati Uniti delle disuguaglianze

Esce per Edizioni Sur La ferrovia sotterranea (traduzione di Martina Testa) di Colson Whiteheand, ultimo Premio Pulitzer. Al centro del romanzo dello scrittore newyorkese la storia della giovane Cora e del razzismo sempre più feroce.


Per molti è il romanzo spinto da Oprah Winfrey nel corso del suo programma, per altri è il capolavoro sulla schiavitù che ha ottenuto meritatamente il Premio Pulitzer e il National Book Award. Quello di Colson Whitehead è un libro che ripercorre, attraverso la storia della protagonista Cora, una lunga serie di contingenze che emergono da uno dei paesi in cui il razzismo non smette di riempire le pagine della cronaca nazionale e locale.

In un’America sempre più allo sbando in fatto di diseguaglianze sociali particolarmente salde a quella che è la sua storia, in un’America in cui il presidente eletto gioca a ad una sorta di partita a scacchi con quelle che sono le problematiche di un’intero popolo, Whitehead rimette al centro del dibattito culturale la situazione attuale del razzismo, e lo fa scegliendo di immergere tutta la sua energia narrativa in una vicenda intrisa di schiavitù e deportazione ambientata in pieno Ottocento.

Colson e Ophra

L’autore di Zona Uno e de La nobile arte del bluff (entrambi editi da Einaudi), delinea con La ferrovia sotterranea un attento sguardo su quello che è stato, trattando la vastissima parte di discrepanze che noi siamo chiamati a combattere nel presente. Cora è una ragazzina che lavora nelle piantagioni della Georgia e che sceglie di fuggire via verso gli stati del Sud, a loro volta teatri irredimibili di violenze inaudite ai danni dei neri. In lei si possono rintracciare tutte le caratteristiche che la designano come l’eroina perfetta di una vicenda che semina sgomento in ogni raccapricciante dettaglio, dallo stupro subito nella prima parte del romanzo fino alla lunga serie di maltrattamenti perpetuati da finti salvatori della patria.

Colson Whitehead ebbe quest’idea qualche decennio fa, pur comprendendo comunque che non era abbastanza lucido per dedicarsi alla stesura di un romanzo del genere. Poi, come un fulmine a ciel sereno, ancora prima della sua pubblicazione ufficiale – quando il romanzo girava ancora tra le scrivanie della casa editrice Doubleday -, arriva l’endorsement di Oprah Winfrey, che con la sua famosissima O in copertina ha fatto poi schizzare il romanzo in cima alle classifiche di vendita. Anche Obama, nelle sue ultime vacanze estive dalla Casa Bianca, ha portato con sé quello che Whitehead era riuscito a racchiudere in poco meno di quattrocento pagine. Per non parlare del Premio Nobel Toni Morrisson e del suo giudizio appassionato in merito alla scrittura dell’autore newyorkese e di quello che era stato capace di concepire.

La schiavitù negli Stati Uniti è un tema parecchio rilevante, sopratutto in seguito all’elezione di Trump e di quelle che sono le sue posizioni in merito alla condizione discriminatoria di cui sono soggetti i neri. Un romanzo che scatena una violenta tempesta riflessiva all’interno dell’opinione pubblica, tanto da vincere in così poco tempo due dei premi statunitensi più prestigiosi. Whitehead si fa carico del peso rappresentato dal pregiudizio e dalla scarsissima propensione all’affrontare temi delicati come quelli del razzismo e lo fa con elevata capacità di giudizio. In più, con un presidente particolarmente vicino al Ku Klux Klan, che lotta inutilmente a colpi di tweet stralciando ogni dignità, ha fatto sì che La ferrovia sotterranea incontrasse un’approvazione tale da decretare le sorti di quello che diverrà – incrociamo le dita – un classico della letteratura americana.

Lontano dai riflettori che non perdono tempo nel cercare le impronte ed i lineamenti del Grande Romanzo Americano, Colson Whitehead tiene a precisare la sua posizione alla larga dalle etichette che lo vorrebbero incasellare come esponente di spicco del filone letterario prettamente afroamericano insieme al talento di Ta-Nehisi Coates . Da sempre famoso per la sua commistione di generi, questa volta ne La ferrovia sotterranea ci si imbatte nel realismo magico marqueziano più autentico che possa esistere. In una delle numerose interviste rilasciate, è lo stesso Whitehead che conferma la contaminazione stilistica ricevuta dello scrittore sudamericano, dato che proprio nei giorni precedenti alla stesura definitiva del romanzo terminava la rilettura di quella cosa mastodontica che è Cent’anni di solitudine.

E così, all’interno della sua collana BigSur, Edizioni Sur inserisce un pezzo fondamentale della letteratura americana finalmente disponibile nelle nostre librerie. Spetta a noi farne tesoro.

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