CORE: un boutique festival senza anima

Tutte le foto – tranne quando specificato – sono di Andrea Sciorato. Al report ha contribuito David Pacheco 

Quest’anno abbiamo inaugurato la stagione dei festival a Bruxelles, nella capitale delle istituzioni europee: il CORE Festival è stato il nostro primo appuntamento di un’agenda che si preannuncia molto fitta. 

CORE si presenta come il figlio di Tomorrowland e Rock Werchter: il primo è ormai un evento di larga scala di musica elettronica (più di mezzo milione di partecipanti l’anno scorso), conosciuto in tutto il mondo; il secondo, sempre made in Belgium since 1976, è divenuto di carattere internazionale negli ultimi anni grazie a line-up di rock mainstream. 

Alla sua seconda edizione, il CORE Festival è stato benedetto da due giornate di fine maggio molto calde e soleggiate – per nulla scontate a Bruxelles – e ha ospitato nella location dell’Osseghem Park (sotto l’Atomium) 40,000 visitatori e 69 artisti su 6 palchi. La line-up è il vero punto forte di tutto l’evento: super eterogenea, bilanciata sia di genere che di generi e per tutti i gusti. Tra i nomi più interessanti, ci sono Honey Dijon, Masego, NxWorries, Romy; in prima fila, i Moderat, gli Alt-J e Angèle; ci sono anche i nostrani Nu Genea, con tutta la banda e un nuovo sassofonista; altri volti noti all’hip hop, come Little Simz, Pusha T, Caballero & Jean Jass. I palchi sono allestiti nel grande parco brussellese con megaschermi, varie installazioni video e un grande lavoro di luci e scenografia. 

Fin qui tutto bene. 

Il pubblico

Sembra chiaro sin dall’inizio che l’operazione di target di questo festival sia abbastanza confusa: da una parte ci sono i biglietti troppo cari per un festival “popolare”: se puoi pagare 147€ per il Combi Pass (o 82€ per un giorno solo), non sei un giovane stagista o studente expat. A quello vanno aggiunte le spese per mangiare e bere all’interno del festival: 20€ per 11,50 gettoni che volano via come briciole se una birra Jupiler costa 4 gettoni e un sandwich almeno 7. 

Dall’altra, la pre-selezione della audience è palesemente fallita nel momento in cui – come riporta BRUZZ, uno dei media partner di CORE – molti biglietti sono stati distribuiti tramite contest sui siti di giornali e radio, o rivenduti su Ticketswap a prezzi stracciati (50€ per i due giorni), o addirittura regalati su siti pirata nelle chat di WhatsApp, come hanno riportato diversi partecipanti. 

Link ai biglietti gratis per il CORE in una chat WhatsApp

Questo approccio ha decisamente allargato la tipologia dei festivalieri del CORE – probabilmente un rischio calcolato dagli organizzatori, alla ricerca di un pubblico da fidelizzare per le prossime edizioni – ma ha anche reso il festival in sé un’accozzaglia di anime diverse: l’anima hip hop, portata avanti da Little Simz, Pusha T e Caballero; l’anima pop rappresentata da Angèle, la Taylor Swift dei belgi; l’anima dance di The Blessed Madonna; e l’anima indie degli Alt-j e Unknown Mortal Orchestra.  

Angèle al CORE Festival. Copyright © CORE

I festival nordeuropei sono famosi non solo per l’organizzazione impeccabile, le line-up ricercate o le location suggestive; si sa, o ci si aspetta – senza essere ipocriti – che il clima di festa sia facilitato ed esaltato anche dall’assunzione di sostanze, che da queste parti circolano agevolmente, grazie a una legislazione più “rilassata” (per la cannabis) e alla vicinanza ai Paesi Bassi e ai relativi porti di Anversa e Rotterdam. Eppure, c’è chi – mentre fumava al festival – dice di essere stato avvicinato da agenti della polizia in borghese: “O ci dai tutto quello che hai, o ti portiamo in stazione, ti perquisiamo e se hai qualcosa addosso ti multiamo e sei espulso dal festival”. 

Alcuni festivalieri in un momento di relax. Copyright © CORE

Molto inusuale per Bruxelles, dove la norma è che questo tipo di consumo è abbastanza tollerato in tutti i luoghi pubblici. Sembra quasi che all’interno del festival ci fosse una policy un po’ più restrittiva, per la serie – se devi farlo, non lo fai sotto i miei occhi (che è più o meno la regola anche in Italia). Oltre al “danno” la beffa, se si pensa che molti degli artisti – soprattutto quelli hip hop – abbiano incitato dal palco ad accendere uno spinello e godersi la musica. 

Le performances

Proprio a causa di un line-up e di un pubblico molto variegati, alcuni artisti non hanno ricevuto l’accoglienza che meritavano: Little Simz ha regalato uno show incendiario, in cui ha cercato di animare  in tutti i modi la platea del palco principale: “Can I try something new? Imagine being in a dingy little club in Brussels”. Ma a un certo punto è sembrata quasi infastidita da alcuni spettatori che non smettevano di gridare durante un momento di “sermone rap”. 

Anche Masego, stella nascente dell’R&B americo-giamaicano, ha ricevuto poco calore sebbene i suoi pezzi fossero estremamente caraibici. Anderson .Paak (in veste di Nx Worries) ha addirittura chiamato decine di ragazze a ballare sul palco pur di intrattenere (un’operazione molto probabilmente già concordata). 

I nostri  compaesani Nu Genea, nonostante qualche problema tecnico, hanno portato caldissime vibes mediterranee e c’è chi dal pubblico ha mostrato fieramente la fascia dei campioni d’Italia.

Di notevole fascino il palco “Altverda”, una sorta di anfiteatro romano sotto l’Atomium in cui si sono esibiti The Blessed Madonna, Romy, Honey Dijon e Denis Sulta; lo stage – perfetto per l’anima dance del festival – consiste in più di 10 pilastri che reflettono gli alberi del parco di giorno e si accendono con vari visual di sera.

Una intrusione di ragazze sul palco durante lo show di Nx Worries

E infine un piccolo excursus sul rap made in Belgium: per alcuni fan, la presenza di Caballero & Jeanjass nel cartellone sarebbe stata sufficiente per andare al CORE. I due leggendari rapper belgi hanno contribuito al movimento rap che è emerso all’inizio degli anni Dieci e sono – insieme ad altri – i principali pionieri dell’hip hop belga. Sfortunatamente, il pubblico era composto principalmente da giovani che conoscevano soprattutto le canzoni più “radiofoniche”. Anche i due artisti lo sapevano e hanno infatti scelto di proporre una scaletta con il loro materiale più commerciale, invece di puntare sul rap vecchia scuola degli ultimi dischi. Il risultato è stato uno spettacolo fiacco, con gli stessi artisti e il pubblico in attesa della fine. Non si è visto nemmeno un centimetro di mosh, come di solito accade ai loro concerti.

Delusi dal concerto tanto atteso e scottati dal sole del palco principale, gli amanti del rap si sono dunque diretti verso il palco “Endoma” – l’unico al chiuso – per trovare Benny The Butcher, di una delle crew rap più autentiche del mondo: Griselda. Qui, il pubblico – che sembrava totalmente diverso da quello del resto del festival – vibrava forte e incitava il rapper a sputare fuoco. Qui non c’è stato rap commerciale, non c’erano melodie – a parte i beat – né canzoni che si possano definire “radiofoniche”, ma solo hip hop puro. L’atmosfera cupa del palco-tenda e le vibrazioni dark vecchia scuola si sono adattate perfettamente: il pubblico era in sintonia con l’artista. Benny ha dimostrato che il genere è tutto da scoprire. Il contrasto tra i due spettacoli e l’approccio degli artisti è stato enorme e si è visto.

Infine gli Alt-J e i Moderat hanno chiuso il festival in grande stile, grazie anche alle atmosfere suggestive create dai visual sui grandi schermi del palco principale. Se è vero che ognuno degli spettatori aveva una band del cuore per cui venire al CORE, loro hanno messo d’accordo tutti, sarà perché hanno un pubblico di appassionati fedeli sin dall’inizio della loro carriera; un appunto da tenere a mente per la prossima edizione.


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