Cosa resta di queste elezioni europee

1. I popolari vincono sui socialisti

Se non vogliamo fare i veneti della situazione dobbiamo anzitutto guardare ai risultati globali di questa tornata elettorale di elezioni europee: in Europa vincono i popolari guidati da Juncker, anche se i socialisti registrano una crescita. Per il PPE vittorie di consensi in Spagna, Irlanda del Nord, Germania, Finlandia, Austria, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Lettonia, Lituania e Cipro. I socialisti trionfano invece in Italia, Portogallo, Svezia, Slovacchia e Romania. Per i liberali dell’Alde la vittoria invece arriva solo in Olanda, Repubblica Ceca ed Estonia. Il gruppo EFD raccoglie soprattutto consensi nella Gran Bretagna dell’Ukip di Nigel Farage (partito indipendentista), mentre tra i non iscritti ai gruppi europei si registra il successo francese del Front National di Marine Le Pen.

2. Bello candidarsi alle europee da antieuropeisti

Con un 25% circa di consensi il Front National di Marine Le Pen cresce fino a diventare il primo partito eletto in terra francese, cavalcando l’ondata di sentimento antieuropeo. Certo che candidarsi a rappresentare l’Europa con questo spirito è un po’ come quando Salvini è sceso al Sud per un tour in versione Lega Nord. Proprio la Le Pen rivolge vittoriosa un appello agli altri gruppi che condividono queste sue disgraziate idee per costituire il gruppo unico Alleanza Europea per la Libertà; in cui probabilmente confluirà proprio la Lega Nord di Matteo Salvini, il Partito della Libertà austriaco che ha ottenuto un 20% scarso in patria (quello che fu di Haider, per intenderci), e altre formazioni euroscettiche come i fiamminghi belgi, e altri gruppi sparsi dalla Danimarca alla Germania! Urlo di consensi euroscettici anche in Danimarca per il Danish People Party che arriva a sfondare il 26% con un programma anti-immigrazione. Mix condito dal grido fuori dall’euro.

3. La faccia di Nigel Farage

Le fotografie di Nigel Farage sembrano quelle di un comico piuttosto che di un politico: con quella faccia a denti aperti trionfa in Gran Bretagna il suo partito indipendentista Ukip. L’uomo che si è detto preoccupato dall’ipotesi di avere come vicino di casa un rumeno, stimato in Italia nientepocodimenoché da Beppe Grillo, l’uomo che chiede l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea (solo perché dell’uscita dall’euro lui non può populisticamente dir nulla) e di bloccare l’immigrazione per almeno un numero tot di anni casuale (in questo caso ha scelto il numero cinque estraendolo da un cappello magico), è riuscito a raccogliere consensi in terra inglese anche grazie alle sue uscite strampalate.

4. Il fronte del Sud che parte dalla Grecia di Tsipras

L’obiettivo di Alexis Tsipras è quello di creare un fronte di paesi del Sud d’Europa che cerchino di riportare attenzione verso i problemi che affliggono una crisi che è stata sentita soprattutto in queste zone, spesso dimenticate dalla prevalenza degli interessi dei paesi del Nord Europa, Germania anzitutto. Ha provato a creare una rete che ha unito questo filo rosso e che è arrivata anche in Italia con la lista L’altra Europa per Tsipras, che è riuscita nell’obiettivo di raggiungere la soglia di sbarramento. Ma il vero trionfo è stato in Grecia, nella sua terra, quella che fu di Alekos Panagulis: un successo che lo vede superare il 26%, primo partito greco. Con tanta pace di Alba Dorata.

5. La Svizzera inizia a diventare ingombrante

Guardiamo la posizione di questo paese neutrale nel cuore dell’Europa: è chiaramente ingombrante, diventa sempre più un problema gestire il flusso dell’astensione. Senza citare Antonio Gramsci e tutta la retorica dei partigiani, non è forse arrivato il momento di fondare un movimento separatista vero del genere: ”Spostiamo la Svizzera”?

6. Il Partito Democratico vince

Ci sono un paio di paradossi sull’oltre 40% del Partito Democratico. Il primo è che ora che finalmente riesce ad uscire dal complesso delle vittorie a metà la causa a cui contribuiva, ovvero la vittoria socialista alle europee, arriva seconda. Tuttavia la vittoria di Matteo Renzi e del Partito Democratico è chiara e netta stavolta: il risultato migliore di tutta la storia democratica, che diventa anche una spinta per probabili (ci saranno prima o poi?) elezioni nazionali. Vince la leadership forte di Renzi, e soprattutto vince un’Italia che da un giorno all’altro sbanda da un grande consenso all’altro. Il paradosso dell’italiano è sempre vivo, e muta insieme agli anni: berlusconismo e anti-berlusconismo sono stati i grandi poli di attrazione del consenso popolare negli ultimi faticosi anni. Con Renzi finiscono entrambe le ere geologiche come all’improvviso.

7. Beppe Grillo perde 2,5 milioni di voti

Dovremmo dire M5S e non Beppe Grillo, perché lui è solo il prestanome del Gran Partito delle Stelle in cielo, ma è anche un gran segreto di Pulcinella chi comanda la nave sul timone. Il vinciamo noi che da ieri sera diventa #vinciamopoi.

Non c’è molto da aggiungere a questo dato, tranne che quel 21% è ancora troppo. E che al Sud e nelle isole le percentuali di M5S e Forza Italia sono amaramente più alte.

Ps. Un bel ciao! per l’esclusione di Fratelli d’Italia della Meloni.

(foto di copertina: Filippo Monteforte / AFP – Roma)

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