La voce di David Grossman dalla Fiera di Francoforte

Frankfurt am Main, Hessen, Hesse, Deutschland, Germany. Georgien ist der Ehrengast der Frankfurter Buchmesse 2018. Alljaehrlich im Herbst, findet in Frankfurt am Main, die Frankfurter Buchmesse, die groesste Buechershow der Welt statt. Guest of Honour Georgia at the Frankfurt Book Fair 2018. ?? Copyright: Marc Jacquemin / Frankfurter Buchmesse Presse- und Unternehmenskommunikation Ausstellungs- und Messe-GmbH des Boersenvereins des Deutschen Buchhandels Braubachstra??e 16 60311 Frankfurt am Main press@book-fair.com ?? Copyright-free for journalistic purposes only, no other rights are available. ?? Copyright frei nur fuer journalistische Zwecke. Keine Model-Release-Vertraege/Persoenlichkeitsrechte der abgebildeten Personen vorhanden. Keine Weitergabe an Dritte. Belegexemplar erbeten an: Frankfurter Buchmesse Presse- und Unternehmenskommunikation Ausstellungs- und Messe-GmbH des Boersenvereins des Deutschen Buchhandels Braubachstra??e 16 60311 Frankfurt am Main press@book-fair.com

Qual è il contributo di scrittori e poeti, ma anche traduttori, redattori, editori, agenti e lettori: come la grande comunità globale dell’editoria può contribuire all’attuale realtà determinata dalla pandemia di coronavirus? Nell’immediata esigenza di un “vaccino spirituale” che contrapponga “qualcosa di significativo al senso di restrizione e di annientamento” legato allo straordinario contesto storico che stiamo vivendo, lo scrittore israeliano David Grossman, in occasione del lancio della Fiera del Libro di Francoforte, ha richiamato chi scrive e racconta a esercitare lo “spirito di osservazione” connaturato a tale attività per vigilare sui cambiamenti in atto in tutto il mondo, e sulle conseguenze che il crollo di sicurezze personali e nazionali è destinato a far emergere, come la Storia insegna. Ne ha pubblicato ieri alcuni estratti La Repubblica, con traduzione a cura di Alessandra Shomroni.

“Probabilmente assisteremo a un aumento degli episodi di nazionalismo, di fondamentalismo religioso, di xenofobia, di razzismo e a gravi violazioni della democrazia e dei diritti civili”, ha affermato Grossman. “E noi scrittori osserveremo, scriveremo, documenteremo e metteremo in guardia da chiunque cerchi di attuare manipolazioni linguistiche e cognitive. Da chiunque minacci i nostri diritti civili e umani”.

La più importante fiera dell’editoria mondiale, con oltre 250.000 visitatori annui, ha dovuto stravolgere la sua abituale formula, per un’edizione 2020 quasi completamente digitale. E così, in streaming dalla sua abitazione alla periferia di Gerusalemme, lo scrittore e attivista per la pace Grossman ha invitato la comunità letteraria a tenere gli occhi bene aperti sui mesi a venire. “Un evento come l’attuale pandemia di coronavirus avviene forse una volta in un secolo. Il destino ha voluto che accadesse a noi. È una malattia orribile, letale, che ci fa sentire impotenti. Osservarla, osservarne le conseguenze, è come fissare il sole. Ma gli scrittori hanno sempre fissato questo o quel sole e raccontato ciò che hanno visto. È la natura di questa strana professione”.

David Grossman

Farsi aquile per i lettori, e raccontare il reale, difendendolo. La scrittura sarà utilizzata come resistenza “ai cliché, a vuoti slogan, ad affermazioni indiscriminate che spianano la strada all’istigazione, al pregiudizio e al razzismo”. I mesi a venire sono un eccezionale osservatorio e una prova difficile, occorrono lucidità e tanta speranza: e una luce, quella della poesia che ci tragga in salvo, dalla paura e dall’ oscurità. E di speranza e poesia parla un aneddoto che Grossman ha regalato al pubblico connesso da ogni angolo del mondo. Una storia, così come gli fu riferita da Abraham Sutzkever, uno dei più grandi poeti yiddish, vissuto nel ghetto di Vilnius durante la seconda guerra mondiale.

“Così Sutzkever mi narrò della notte in cui scappò dal ghetto: «Mi convinsi del potere racchiuso nella poesia nel marzo del 1944, quando dovetti attraversare un campo minato. Nessuno sapeva dove fossero le mine. Vidi persone fatte a pezzi. Vidi uno stupido uccello che si era avvicinato troppo. Qualunque direzione prendessi, qualunque passo facessi, avrebbe potuto significare la morte. Ma fra me e me ripetevo una melodia» (e per “melodia” lui intendeva una poesia). «E al ritmo di quella melodia camminai per un chilometro nel campo minato, e ne uscii». Poi disse la seguente, sorprendente, frase: «Potresti ricordarmi che melodia era? Io non ricordo…». E io posso immaginarlo con un sorrisetto, quasi a dirci che la melodia la si dimentica sempre. Sta a noi reinventarla, con parole nostre, per non sentirci impotenti, sconfitti, persino nel mezzo di un campo minato. Per avere ancora speranza”.

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