Dimartino – Non vengo più mamma

«Guarda giù, il letto è un dirigibile e, noi, non torneremo più». Ritorna Dimartino e lo fa con prepotenza. Se con Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile si imponeva prepotentemente nel nostro autunno, Non vengo più mamma si attacca improvvisamente all’esplosione di quest’estate. Così come il caldo, arrivato in ritardo e senza volerci tregua, le nuove sonorità elettroniche del disco ti si attaccano alle orecchie. Il passaggio a sound elettronici sembra attirare sempre più artisti, forse per le infinite possibilità che porta, come dimostrano gli esperimenti che partono da Thom Yorke (Atoms from Peace) al progetto nostrano Cosmo di Bianchi dei Drink To Me.

Dimartino crea un concept album completamente diverso per la sua musica, senza però tradire lo stile che lo ha reso uno tra i migliori cantautori italiani, dai testi sussurrati e che riconducono alle esperienze che, più o meno, abbiamo vissuto tutti, accompagnato da un fumetto, scritto da Dimartino stesso e illustrato da Igors Scalisi Palmieri. No Autobus è la prima delle sei tracce, forse quella più leggera e orecchiabile, che gioca sui “no” che compongono la vita di tutti i giorni, in particolare quella dei sabati pomeriggi, («no-abiti, no-spesa, no-palestra, non-commuoverti»), con sonorità che ricordano a tratti le sperimentazioni di Battiato (soprattutto in Piangi Maria) a quelle di una musica fatta per commuovere e divertire. L’utilizzo dei synth, dei suoni quasi da videogame, si allacciano insieme alle parole, disegnando e componendo il fumetto, in un fiato. Non sorprende, per questo, la presenza di tracce lasciate senza parole, quasi a rendersi accompagnamenti per la lettura, Il corpo non esiste e Scompariranno i falchi, rispettivamente seconda e quarta traccia, confermano il forte carattere che più da cantautore trasformano, soprattutto in questo album, Dimartino in un cantastorie. Piangi Maria, terza traccia, che arriva senza avvertimento, mescolandosi tra le altre, ha qualcosa di onirico nelle sue note, di quei sogni adolescenziali che si dissolvono nelle abitudini e nella routine. La dissoluzione, (di un’età? dei sogni? dell’amore? dei ricordi?) è una costante nell’album ma si dipinge, volontariamente, di una nota oscura, nel pensare a come dev’essere non esserci più, non tornare più indietro: «Cadono i capelli dentro i lavandini, cadono i bicchieri ai camerieri, cade il sangue dal mio naso». Se tutto cade è nel ritmo che si trova lo spunto per rialzarsi in Come fanno le stelle. Non torneremo più, ultima traccia, è la più sperimentale, di un album da leggere, con sonorità quasi disco, quasi anni settanta, ma che non abbandona l’accenno di decadentismo di cui si compone tutto l’intero disco.

Non vengo più mamma, non è un album per l’estate, non è destinato a consumarsi all’arrivo di settembre. È un album da leggere insieme al fumetto che lo accompagna, che stimola la lettura e l’ascolto ripetuto, in quei giorni in cui più che estate sembra inverno, tra esami di maturità e l’insostenibile ennui che si scatena al ritorno da un viaggio, tra il caldo che ti attacca al corpo che hai vicino e la testa vuota che ha bisogno di sentirsi partecipe. La sperimentazione di Dimartino non coincide con l’abbandono alla sua poetica, crea qualcosa di nuovo, ma destinato ad un pubblico ristretto, perché per assaporare questo album, oltre ad essere ascoltatori, bisogna saperne leggere le sfumature.

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