Dirty Beaches – Drifters / Love is the Devil

Ascoltando Badlands, il disco che precede questo Drifter / Love is the devil, ci si fa l’idea di un lavoro dalle sonorità originali, che da un lato riprende vecchi discorsi con riferimenti da Elvis Presley fino ai Suicide (ed è già un bel mash-up per i tempi moderni), dall’altro si apprezzano le trovate di Alex Zhang Hungtai aka Dirty Beaches, che sono sparse un po’ in tutto il disco. Stavolta lo si aspettava al varco l’uomo che viene da Taiwan, e lui ci regala un doppio album registrato a Montreal. La prima parte, Drifter, si era lasciata annunciare da Casino Lisboa – nella quale troviamo echi diversi di sound, che riprendono anche il discorso di Badlands, e quel modo particolare di cantare e recitare contemporaneamente di Hungtai. Ma c’è anche qualcosa di francese in Aurevoir Mon Visage, che non è proprio una novità per la sensibilità del giramondo taiwanese, che ci ha abituato anche a duetti impossibili con Françoise Hardy nelle sue esibizioni live (mai avvenute sul serio).

Bisogna essere abbastanza degli spiriti romantici per apprezzare a pieno questa sensibilità, soprattutto per le vecchie produzioni del nostro, ma questo stile è ripreso anche nell’ultimo lavoro decisamente meno melodico. I don’t know how to find my way back to you sembra quasi una vecchissima ballata d’altri tempi se non fosse cosparsa di diamanti elettronici, ed è forse questa l’originalità del progetto: mischiare sound retrò con nuove contaminazioni.

Love is the Devil, ripete lui con cupezza e si cita anche Bukowski ( “love is a fog that burns with the first daylight of reality”): è certamente più cupo stavolta il disco, intimo e solitario, anche se le aperture per le parti cantate resistono, e sono nella prima parte del doppio disco. Stavolta c’è più no-wave del solito, il suono è più sporco del precedente, si apre e chiude con un’estrema sporcizia, e mancano i singoli istant, quelli che senti a primo ascolto e ti rapiscono (ma ormai un singolo istant lo può fare anche qualcuno che poi non regge per tutto il disco).

In linea generale Dirty Beaches avverte di aver fatto un progressivo ritorno al passato, ovvero alle esperienze pre-Badlands, cosa che ci sembra sia di moda in questo 2013 in cui anche gruppi come i Deerhunter tornano ai suoni degli inizi, dopo quel capolavoro di sound che è stato Halcyon Digest. A voler fare una riflessione Badlands di Dirty Beaches è stato forse, per quanto mi riguarda, il vero disco originale del taiwanese, perchè nella sua pretesa di mischiare Presley, la sensibilità francese, i rumori sporchi, la no-wave, l’elettronica e via dicendo, non ricordava niente; così come il sound di Halcyon Digest dei Deerhunter era assolutamente originale per l’orecchio. In questa ricerca di direzioni del 2013 probabilmente gli unici che sono riusciti a rinnovarsi senza cadere nella banalità sono i Sigur Ròs, se vogliamo tagliare da parte tutti i progetti paralleli sparsi di Thom Yorke (che pure a volte non brillano per novità). In fondo se qualcosa ti ha toccato profondamente, a meno che tu non abbia preso una terribile svista, ti toccherà sempre.

Tracklist:

  1. Night Walk
  2. I Dream In Neon
  3. 3elgrade
  4. Casino Lisboa
  5. ELLI
  6. Au Revoir Mon Visage
  7. Mirage Hall
  8. Landscapes In The Mist
  9. Greyhound At Night
  10. This Is Not My City
  11. Woman
  12. Love Is The Devil
  13. Alone At The Danube River
  14. I Don’t Know How To Find My Way Back To You
  15. Like The Ocean We Part
  16. Berlin
Exit mobile version