Due lettere di Antonio Gramsci

Il 27 aprile 1937 ci lasciava Antonio Gramsci, importante figura del nostro paese che per uno strano paradosso è tra quelle più apprezzate all’estero che in patria. Gramsci moriva dopo anni passati in carcere – era stato arrestato dal regime fascista nel 1926, quando Mussolini mise a tacere con sempre più forza gli oppositori politici. Tra le accuse imputate a Gramsci, fondatore del PCI e dell’Ordine Nuovo, il processo sollevò quelle di attività cospirativa e istigazione alla guerra civile; in realtà era tutto un modo per liberarsi di un’intelligenza scomoda e metterla a tacere. Dal carcere Gramsci continuerà a scrivere: scriverà le lettere e i quaderni che sono arrivati fino a noi. Per ricordarlo qui sotto trovate due lettere dal carcere indirizzate alla moglie Iulca: una scritta l’anno dopo l’arresto, e l’altra un anno prima di morire – scritte a quasi 10 anni di distanza una dall’altra, si intravede un po’ dell’arresa stanchezza che doveva avere addosso man mano che passava il tempo. Due lampi che illuminano un pezzetto della viva mente di Antonio Gramsci, e dell’ultima lunga parabola dentro al carcere. Come ci ricorda Alfredo Jaar in una sua opera d’arte: Antonio Gramsci è vivo.

21 novembre 1927

Carissima Iulca,
nel cortile, dove con altri detenuti vado a fare il passeggio regolarmente, è stata tenuta una esposizione di fotografie dei bambini rispettivi. Delio ha avuto un grande successo di ammirazione. Da qualche giorno non sono più isolato, ma sto in una cella comune con un altro detenuto politico, che ha una graziosa e gentile bambinetta, di tre anni, che si chiama Maria Luisa. Secondo un costume sardo, abbiamo deciso che Delio sposerà Maria Luisa appena i due siano giunti all’età matrimoniale; che te ne pare? Naturalmente attendiamo il consenso delle due mamme, per dare al contratto un valore più impegnativo, sebbeno ciò costituisca una grave deroga ai costumi e ai principi del mio paese. Immagino che tu sorrida e ciò mi rende felice; non riesco che con grande difficoltà a immaginarti sorridente.
Ti abbraccio teneramente, cara.
Antonio


16 giugno 1936

Cara Iulca,
non ti ho scritto la volta scorsa, perché, come già ti ho accennato, lo scrivere mi è difficile sia a te che ai ragazzi. Devo fare un grandissimo sforzo e dopo scritto rimango per molto tempo scontento e disilluso. Una volta non era così, anche il ricordo di questo tempo passato, in cui sentivo tanto piacere nel corrispondere con voi, mi sconforta e mi amareggia. Ho atteso la fotografia di Delio insieme con quella a Giuliano: e anche la tua. I ragazzi, in questa loro età, mutano così rapidamente, che da una fotografia all’altra, sembrano altre persone: Giuliano mi pare cambiato completamente. E tu? Non so cosa pensare esattamente di ciò che scrivi. Capisco tutte le difficoltà che devi sormontare, prima per abituarti all’idea di venire e poi per deciderti praticamente all’ora x del giorno x a salire sul treno; eppure mi pare che ci sia qualcosa che ti trattiene e che io non riesco ad afferrare. Leggo le tue lettere che mi paiono scritte da una persona forte e completamente padrona dei suoi mezzi: non devi abbandonarti all’inerzia e rimandare sempre. Ciò mi fa molto male, perché anch’io devo prendere delle decisioni e sono rimasto irresoluto nell’attesa di un tuo atteggiamento, positivo o negativo ma certo. Non voglio scriverti di me; penso di essere a mezz’aria e quindi ogni giudizio non può essere che falso. La mia vita non dipende da me; dipende dalle autorità di polizia in primo luogo e poi da tante altre circostanze. Voglio scriverti ora una serie di pensieri che mi veniva quando ero in carcere: cercavo di rispondere alla domanda « chi mi ha condannato al carcere, cioè a fare questa determinata vita in questo determinato modo ». La risposta non era facile, perché, in realtà, oltre alla forza principale che determina l’atto nel suo complesso, esistono tante altre forze che consciamente o inconsciamente partecipano alla determinazione concreta di una circostanza o di un’altra che vengono sentite talvolta con più forza dell’atto principale. Insomma voglio dirti che la tua incertezza determina la mia incertezza e che devi essere forte e coraggiosa per darmi ogni aiuto possibile, così come io vorrei fare per te e purtroppo non posso. Ti abbraccio
Antonio

Exit mobile version