Eccentrico: la sindrome di Asperger in un saggio autobiografico

Barcelona 08 06 2017 Contra Fabrizio Acanfora luthier de los ancestros del piano clavecines espinetas clavicordios en su taller de la calle Zamora Foto Juan Luis Rod

Il 18 febbraio del 1906 nacque in Austria, Hans Asperger. Fin da subito il bambino mostrò una particolare dote per la letteratura, cosa che non si poteva altrettanto dire per la sua vita sociale – faticava molto a farsi degli amici e la sua infanzia trascorse per lo più in solitaria. Dopo aver terminato gli studi in medicina iniziò a lavorare nel reparto di pedagogia infantile presso la clinica dei bambini dell’università di Vienna dove notò che alcuni dei pazienti avevano dei comportamenti molto simili tra loro. Si trattava infatti di disturbi particolari che si riscontravano nelle interazioni con gli altri: si mostravano infastiditi, avevano una tonalità di voce inusuale e con una certa tendenza a razionalizzare i sentimenti. Asperger morì prima che il suo modello di comportamento potesse essere riconosciuto e così, in una rivista medica del 1981, la psichiatra inglese Lona Wring coniò il termine sindrome di Asperger (abbreviata in SA). Il 18 febbraio si celebra quindi la Giornata Mondiale di questa sindrome in sua memoria.

Eccentrico, saggio autobiografico di Fabrizio Acanfora, edito da Effequ, ci parla di come l’autore abbia scoperto all’età di 39 anni di esserne caratterizzato e di come la sua vita sia cambiata in meglio. Fabrizio si batte con forza e molta ironia per far capire alle persone neurotipiche (coloro che non rientrano nello spettro autistico) che la sindrome di Asperger non è una malattia e che non dovrebbe essere considerata tale.

Ci si addentra quindi nelle diverse tendenze comportamentali come la iper o ipo sensibilità che è quella che più influenza la quotidianità delle persone. Un qualsiasi rumore, dal cane che abbaia al telefono che squilla, può essere motivo di disagio dato che la concentrazione viene a mancare e si prova un grande senso di irritazione. Alcuni studi hanno ipotizzato che questo possa essere dovuto a un funzionamento eccessivo dei microcircuiti dell’amigdala (struttura cerebrale che gestisce le emozioni come la paura) che interpreterebbe come segnali di allarme anche stimoli sensoriali del tutto innocui. Questo tipo di sensibilità si ritrova anche nel cibo, in particolare nella sua consistenza. Acanfora infatti ricorda con estremo disgusto una torta alla panna che la zia gli aveva preparato quando lui aveva dieci anni. Ancora oggi la panna o il grasso della carne gli provocano conati di vomito. Lo stesso che dichiara di non essere andato in vacanza per sette anni. Perché avere una routine è fondamentale e si sa che viaggiare comporta casi imprevedibili e nessuna certezza. Tanti stimoli provocherebbero solo emozioni troppo intense da poter essere gestite.


Si parla anche di shutdown e di meltdown. Le prime sono crisi causate da un sovraccarico sensoriale ed emotivo che portano a reazioni estreme a causa di situazioni di stress. Indicano una vera e propria chiusura. Il secondo è associato più ad una tempesta e si sa che al suo arrivo non si può fare altro che aspettare che finisca. È un’esplosione di rabbia incontrollata che può portare a conseguenze pericolose. Da integrare a questo saggio consiglio la visione di “How I learned to communicate my inner life with Asperger’s” un TED dove Alix Generous, classe 1992, racconta di quanti momenti difficili abbia dovuto passare e di come ora sia una persona diversa. Attraverso la sua esperienza – da co-fondatrice della startup AutismSees alla creazione dell’app Podium che traccia il contatto visivo attraverso una fotocamera e che simula un discorso in pubblico o in colloqui di lavoro – ricorda che tutti possono essere in grado di vivere una vita normale raggiungendo qualsiasi obiettivo.

Anche personaggi illustri come Bill Gates, Emily Dickinson, Jane Austen e Isaac Newton hanno avuto questa sindrome e sappiamo tutti quali importanti tracce hanno lasciato nel mondo. Tracce meno importanti sono quelle di Sheldon Cooper di The Big Bang Theory, di Sam di Atypical o di Sherlock che vengono utilizzati solo per caricare le caratteristiche più tipiche dell’autismo. L’autore però ci ricorda che la realtà è ben diversa. Infatti non bisogna pensare che tutte le persone autistiche siano dei geni così come non si può pensare che tutti i geni appartengano allo spettro autistico.

Acanfora menziona anche l’Intense World Theory (Teoria del Mondo Intenso) sviluppata da Henry e Kamila Markram, neuroscienziati. Secondo questa teoria, che deve ancora essere confermata, il cervello delle persone autistiche non sarebbe più lento rispetto ai neurotipici ma l’esatto contrario. La loro idea è che il cervello sia iperfunzionante e questo è stato confermato anche da un altro studio da cui emerge che il cervello, anche in condizioni di riposo, sia molto più attivo rispetto agli altri. Il lavoro di questi due ricercatori potrebbe essere molto interessante, come sostiene l’autore, perché non si assocerebbe più l’autismo ad una malattia. Inoltre potrebbe suggerire una modalità innovativa di sviluppo per bambini autistici: crescendo in un ambiente tranquillo ma ricco di stimoli intellettuali potrebbero sviluppare tutte le potenzialità che queste menti posseggono. E qui Acanfora esprime il suo parere discordante sulle terapie comportamentali che vengono adottate oggi poiché mirano solo all’integrazione forzata dell’autistico in un mondo che per lui è incomprensibile.

A me questo libro è entrato dentro. Sono entrata nella vita di Fabrizio e della sua famiglia e riesco a sentirlo ancora qui con me. Me lo immagino da piccolo, nella sua camera, che accende il deumidificatore per riuscire a dormire la notte. Ho un’immagine molto vivida di lui a tavola mentre viviseziona il cibo. Probabilmente in questo momento starà suonando. Avrei voglia di abbracciarlo perché mi ha insegnato e ricordato tante cose ma so anche che mi tratterrei perché so che a lui, gli abbracci, non piacciono.

«È dalle differenze che possiamo apprendere, è da chi vede il mondo in modo diverso da noi, che sia autistico o di un’altra cultura; che sia omosessuale o semplicemente un po’ strano, è solo a partire dalla comprensione profonda della diversità che si può crescere. Rispettare, comprendere, includere, non sono la stessa cosa che tollerare. Spingere a superare dei limiti che tali non sono necessariamente, creando aspettative, non è uguale a fornire strumenti per comprendere e maneggiare regole che ad alcuni non apparterranno mai.»

E questo dovrebbe essere uno spunto per far riflettere ognuno di noi.

a cura di Manilla Telesca

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