Ezra Furman – Twelve Nudes

Arriva un giorno in cui affrontare le notizie disturbanti che provengono da ogni parte del mondo, diventa insopportabile. Nel caos, ti ricordi che Ezra Furman ha annunciato l’uscita di 12 Nudes, l’album punk che sognava di realizzare da sempre: “In tempi disperati servono canzoni altrettanto disperate” spiega il musicista. Decidi di ascoltarlo e ti rapisce immediatamente. Le parole di Furman sono le stesse che vorresti urlare all’ennesimo buffone politico, o scaraventare in faccia ad una società ormai fuori controllo. La musica di 12 Nudes diventa una cura contro l’angoscia esistenziale.

La visione di Furman è cambiata: se nelle canzoni di Transangelic Exodus si intravedeva un accenno di speranza, in 12 Nudes il musicista prende coscienza dei mali del mondo, cercando di esorcizzarli. Ci sono la solitudine di Calm Down aka I Should not be Alone, gli abusi di potere di Trauma e la critica a sé stessi di Evening Prayer aka Justice: “I wasted my twenties in submission, I thought I was outside the system” canta Furman amaramente, conscio che dal sistema, nessuno è mai salvo.

In Rated R-Crusaders, il musicista affronta la questione Israelo-Palestinese; la musica disturbante dipinge perfettamente il caos del conflitto. Con l’episodio da crooner di I Wanna Be Your Girlfriend, Furman sembra concedersi un momento più spensierato; ma dietro al titolo dal sapore pop, si nasconde la storia di un uomo (lo stesso Ezra) che considera la possibilità di sostituire il suo nome con quello femminile di Esme:

All my friends are writing their resumes
My responsible friends are applying for jobs
But me, I was considering ditching Ezra, and going by Esme
Baby, would you find that so odd?

 

12 Nudes è permeato da riff contagiosi come quello di Thermometer e My Teeth Hurt, un brano che parla semplicemente di sofferenza: The ache inside reminds my mind my body is really there. Il punk-rock di 12 Nudes vive al cospetto di quei musicisti rivoluzionari che al punk hanno dato origine. C’è qualcosa degli Stooges (Blown) e di Lou Reed, il cui spettro aleggia da sempre in ogni nota suonata da Furman: Transition from Nowhere to Nowhere è un brano che non stonerebbe nella malinconia decadente di Berlin. Ma le maggiori ispirazioni – ammette Furman – sono il punk rocker Jay Reatard e Anne Carson. L’album prende infatti il titolo da alcune riflessioni sul dolore della poetessa, che lei stessa chiama “nudi”.

La caratteristica di Furman è sempre stata quella di prendere gli insegnamenti della tradizione musicale americana ed appropriarsene. In America, ad esempio, è un pezzo che sembra proseguire il discorso iniziato anni fa da Paul Simon nel brano America:

Cathy, I’m lost, I said though I knew she was sleeping
And I’m empty and aching and I don’t know why
Counting the cars on the New Jersey Turnpike
They’ve all come to look for America

Se nel testo prevalentemente pessimista di Simon, la visione simbolica dell’America rimane almeno un miraggio, per Furman il sogno ha completamente cessato di esistere:

We were born for America
For the highways and corn of America
Are you not even dead yet
When they bury you

Cosa resta da fare quando non possiamo neanche aggrapparci a un’utopia? Tutto quello che possiamo fare è darci al Rock ‘n’ Roll, conclude il musicista.

Succede spesso, nei momenti in cui il mondo ci è diventato estraneo, di cercare rifugio nelle parole di chi, queste sensazioni, le ha già vissute o le sta vivendo con noi. Nei testi di Furman, troviamo lo stesso conforto che avevamo precedentemente riscontrato nei toni ironici di Gregory Corso in Bomb o nella musica dei Clash. Ed è proprio questa funzione catartica a rendere 12 Nudes un grande album, un’opera che risponde ai deliranti tempi moderni, con le uniche armi che dovremmo avere a disposizione: una penna per scrivere e una chitarra per far risuonare le nostre parole.

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