Fenomenologia di un Di Battista qualunque

Il Di Battista qualunque, un po’ Candide nel posto sbagliato al momento sbagliato, un po’ Dalene Kurtis che si ritrova in mezzo alla storia per una questione di comodità pubica, messo per caso in una posizione di visibilità a discernere i grovigli internazionali unendo grandi paroloni per non fare la figura di quello che non sa. È l’identikit dell’uomo normale, di quello che al bar si permette di dare del frocio all’arbitro di una partita di serie A ma poi, sul palcoscenico, chiede una timida parità di genere. Perché i cattivi sono gli altri, quelli che collaborano, gli eroi invece sempre gli stessi con cui si è cresciuti. Il Che Guevara dell’Isis o lo Stakanov ucraino, che combattono per l’autodeterminazione del proprio popolo contro l’imperialismo a cui il proprio paese si è sottomesso. Davanti un solo grande segreto e convinzione: l’italiano dimentica in fretta, quindi tutto è concesso. Perché, tutto sommato, una sparata sull’Isis non ha molta differenza, dall’altro lato, con una maglietta contro l’Islam e con i morti, ideali o reali, che Calderoli causò a suo tempo. Del resto, nemmeno di lui siamo riusciti a sbarazzarcene.

Le luci della ribalta sono ingombranti per chi le ha sempre cercate, in un modo e nell’altro, e una volta raggiunte conferiscono quel senso di impunità che ti permette di dire e fare qualsiasi cosa, perché la tua base, quella che ti ama e ti giudica sopra ogni altra personalità, continuerà a seguirti, anche dopo le condanne giudiziarie, i cambi di partito e la fine dell’epoca. Il segreto sono poi le telecamere, finché ti seguono loro la libertà rimane, e, se quelle telecamere non hanno niente di meglio da fare come ci hanno dimostrato, anche per un piccolo cane abbandonato su Studio Aperto c’è ancora speranza. Certo è che le devi alimentare e, allora, basta tirare fuori una volta ogni tanto un’affermazione così tanto ingiustificata che, se allo stesso bar ti avrebbe fatto prendere dello stronzo, sull’opinione pubblica diventi il personaggio controcorrente. Poi il resto è facile, il difficile è arrivarci a quelle luci su di te ma la politica come talent ha dimostrato che anche quello, poi, è solo apparentemente uno scoglio. Il risultato, o il reflusso della marea, ci ha lasciato appunto quello che oggi disprezziamo di più. Il Di Battista qualunque ha poche frecce nel suo arco ma le può usare all’occorrenza. Non rispondere alle domande, tirare dritto verso le proprie rivendicazioni e, nel caso non ci si arrivasse, pestare il piede finché non ti è data la caramella, che spesso è soltanto un incremento di notorietà non una conquista utile a qualcun altro. Il Di Battista qualunque è poi l’immagine del suo capo ispiratore, quello contro l’euro, che urla, sfrutta la rabbia delle persone e, poi, non presenta mai nulla di effettivamente realizzabile. L’esercito della gente comune è, per quello che abbiamo visto finora, un esercito di burattini scelti qua e là, incapaci spesso di accorgersene o, per la paura di essere espulsi, di opporsi. Quello che facciamo fatica ad ammettere essere il riflesso della società e, quindi, di una parte di noi. Coperti, ma non salvati, dall’essere lontani dai microfoni e, in qualche modo, protetti dal fatto che finché ci sarà qualcuno da criticare potremo ancora considerarci migliori. In un governo idealmente di brave persone non so quanto ci potremmo divertire o mostrarci più saggi e corretti.

Dietro il sostegno all’Isis non c’è nessuna rivendicazione, ma soltanto l’ultima spiaggia di chi non sa più cosa aggrapparsi per andare contro a quell’altro esercito infimo della politica italiana di oggi e mascherare il fatto che la guerra dichiarata in parlamento non ha portato a nulla. Inutile ricorrere ad altre ricerche metafisiche o a scovare collegamenti che vanno dall’odio alla poca lungimiranza. Il Di Battista qualunque è una virgola che ha ricevuto la possibilità per credersi una frase importante, uno di quelli che si riproducono in continuazione come le hit estive che non sentiamo più e che durano una stagione, finché quella nuova non li sostituisce. Destinato a passare mentre noi, fermi, li guardiamo succedersi rapidamente.

Le generazioni davanti a noi non si ricorderanno certo di queste frasi ma del fatto che nessuno di noi, con le capacità o soltanto il buon senso, abbia avuto il coraggio di cambiare le cose. Perché poi, alla fine, finché non si fa nulla si è sempre complici e, arrivati alla nostra Norimberga della mezza età, ai nostri figli non sapremo cosa rispondere quando ci diranno: “Ma al Di Battista qualunque, tu cosa hai risposto?”

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