Foals – Everything Not Saved Will Be Lost (Part. 1)

Certi dischi assomigliano a una folata di vento: portano profumi e frammenti di vita quando meno ce lo aspettiamo. Anche se tutto sembra fermo, in mezzo al traffico stagnante della città, alcune giornate iniziano sotto un cielo così blu da ferire la vista, le montagne ancora innevate all’orizzonte e un’istantanea che aiuta a camminare più velocemente. Nella quiete del mattino risuona una frase nella testa: «Tutto ciò che non verrà salvato andrà perso». Allora viene da chiedersi quale strategia adottare per correre ai ripari: se non possiamo recuperare tutti gli hard disk della nostra memoria, che cosa rimane?

Proviamo a dare delle risposte a questa domanda insieme ai Foals che, a quasi quattro anni di distanza dal precedente What Went Down, tornano con il loro quinto album, Everything Not Saved Will Be Lost, la prima parte di un doppio disco che racconta l’attualità del mondo in cui viviamo attraverso i suoni che li hanno caratterizzati fino a oggi. Non è, però, nella logica della band guidata da Yannis Philippakis arrendersi al passato. I suoni sincopati di Antidotes, l’esordio prodotto da Dave Sitek dei TV on The Radio con ritmi fragorosi, una pianola giocattolo e i fiati generosi di Cassius si sono lentamente ammorbiditi su Total Life Forever per poi cambiare ancora direzione in Holy Fire, il vero capolavoro della band britannica che, soprattutto grazie alle tracce My Number, Everytime e Late Night, è riuscita ad ampliare il suo bacino di ascoltatori e a fare il salto di qualità che l’ha portata alle melodie sintetiche e ballabili di What Went Down. ENSWBL si apre al rallentatore in una notte d’estate rischiarata dalla luna piena che si riflette sulle onde del mare. Moonlight pare il lato B di London Thunder con le sue vibrazioni sottili, ma taglienti che entrano nello stomaco come una lama affilata. Ripartiamo da dove eravamo rimasti, da un’armonia lussureggiante che richiama atmosfere orientali e civiltà leggendarie sepolte da uno strato di sabbia.

Il passato mitologico non è poi così lontano dal presente se ascoltiamo attentamente Exits, uno dei brani più attuali della raccolta, nonché la colonna sonora perfetta di questi giorni che ricorderemo per gli appelli della giovane attivista svedese Greta Thunberg che ha influenzato e scosso le coscienze dei giovani che ieri si sono riversati nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo per chiedere alla classe politica di agire contro i cambiamenti climatici prima che sia troppo tardi. Yannis Philippakis canta di catastrofi imminenti dovute all’innalzamento dei mari, del poco tempo che rimane, di allarmismi e cospirazioni, insomma di un mondo che sembra essere stato partorito da un brutto sogno.

Dal Global Strike For Future all’apprensione per la nostra privacy si passa rapidamente a White Onions, una delle tracce più esplosive dell’album insieme a In Degrees, la prima caratterizzata da frenetici colpi di tamburo e riff di chitarra, la seconda più elettronica e danzereccia, ma entrambe, quasi come in una crisi di panico in atto spiegano il caos che ci circonda e che si insinua dentro di noi. Non manca lo spazio per le ballad come On the Luna e Sunday, ballate a modo loro, sperimentali e piene di flash ipnotici, più classica, invece, è I’m Done With The World (& It’s Done With Me) che è l’ultima delle dieci canzoni che compongono ENSWBL, soffice e densa eseguita al pianoforte.

Ancora un accenno a Syrups e Cafe D’Athens che ci trasportano questa volta nel passato, nostalgiche e feroci, un monito a quello che probabilmente diventeremo se non saremo pronti a dare voce ai problemi. Forse non siamo ai livelli di Holy Fire, ma ENSWBL ha il grande pregio di essere un album parlante, vivo e perfettamente inserito in questi tempi fatti di dubbi e insofferenze. Dove andremo? Chi saremo domani quando apriremo gli occhi ancora nei nostri letti? Aspettiamo la seconda parte per avere più risposte, intanto svegliamoci e facciamolo alla svelta.


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