Gold Panda – Good Luck and Do Your Best

Nel 2014 Gold Panda (aka Derwin Schlecker) si è recato diverse volte in Giappone accompagnato dalla fotografa Laura Lewis, con lo scopo di raccogliere immagini e filmati per quello che sarebbe dovuto essere un “documentario visivo e sonoro”. Al momento tale progetto non è stato portato a termine; ma dall’esperienza vissuta è scaturito il terzo album del produttore inglese, Good Luck and Do Your Best. A quanto sembra, l’impeto creativo per il titolo è arrivato da una conversazione con un tassista di Hiroshima e dal suo saluto finale – “Ganbatte, Kudasai”, dovrebbe approssimativamente suonare – ai due che stavano scendendo dalla vettura.

Registrato presso lo studio di Chelmsford, il disco si compone di undici tracce al profumo di folktronica, con note fragranti di jazz e sfumature hip-pop, ma con lo spirito e l’atmosfera del Giappone a fare da sfondo costante. Foto, colori ed esperienze vissute insieme alla fotografa sono stati elementi evidentemente catalizzatori: l’ispirazione orientale sembra provenire in gran parte da strumenti ad arco, campanelli e koto, i cui suoni sono campionati e sintetizzati con estrema cura.

Le influenze derivanti dalle esperienze all’estero hanno sempre rivestito un ruolo di primo piano nelle produzioni di Gold Panda, e Good Luck and Do Your Best non fa eccezione. Ogni brano è intriso di quella gioia tipica del viaggio, di chi parte alla scoperta di nuovi paesaggi e colori e, come nei precedenti lavori, è sorprendente l’abilità con cui un certo gusto per la ripetizione si fonda con ricche texture sonore, così reali da sembrare quasi tattili all’ascolto.

Ma attenzione: chi si aspettava una dose di elettronica energica, sulla scia di Half of Where You Live (secondo album, datato 2013) potrebbe rimanere deluso. Se si esclude Song for a Dead Friend, con ritmi e sonorità simili a quelli dell’amico-collega di Chelmsford Squarepusher, Schlecker ha rallentato le cose, e di molto. Apre l’album Metal Bird, con una delicata chitarra alla base su cui svettano dei campioni vocali tanto timidi da sembrare dei glitch. Si prosegue con il drum-pad soffuso e meditativo di In My Car e con il piano imbevuto di riverbero di Pink and Green per arrivare alle tracce più rappresentative di questa inedita tendenza meno dance-oriented: da un lato I am Real Punk con i loop di chitarra ripetitivi e un basso laconico e dall’altro la conclusiva Unthank, che suona come una ninna nanna post-moderna, dal tono nostalgico ed etereo.

Realizzato con convinzione e permeato da un’aura gioiosamente malinconica, Good Luck and Do Your Best si può definire un album di benessere. In forte contrapposizione con gran parte dell’ elettronica prodotta nel 2016, il risultato è quello di un lavoro piacevolmente fuori moda.

 

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