Il caso Harvey Weinstein e l’oscuro retroscena dell’industria cinematografica

Siamo abituati a essere quasi abbagliati dalla luce della grande macchina produttiva del cinema, da Hollywood, dalle piume di struzzo rosa e dalla coppa Martini. Siamo abituati a immaginare una larga strada di Los Angeles contornata da palme, il ‘ciak si gira‘ e i camerini nelle roulotte, lungo la strada. Possiamo immaginare i party organizzati alla fine delle riprese, le grandi feste con invitati d’onore, e la solita curiosità nel pensare di cosa possano chiacchierare due grandi artisti al vertice della loro fama durante un party. Allora pensiamo ai grandi nomi, a star come Leonardo di Caprio impegnato anche in cause sociali e ambientali, ad Angelina Jolie e a tutta la sua lunga e disparata prole, alle grandi donazioni e all’impegno sociale in cui si prodigano molti personaggi all’interno del grande e generoso mondo del cinema. Pensiamo al cast come  una grande famiglia che anno dopo anno si rigenera e cambia, alle coppie storiche nate sul set, al Trono di spade e al grande matrimonio che celebreranno a breve i protagonisti.

Tutto molto bello e romantico, ma ciò a cui invece siamo meno abituati, o che quantomeno, riusciamo a nascondere bene dietro i lustrini è il lato oscuro che si cela dietro quel microcosmo che è il cinema. Un microcosmo comandato dal potere e dai soldi, da chi è disposto a pagare di più e da chi si piega ai suoi ordini, un microcosmo colmo anche di perversione, di estorsioni e violenze, fisiche o psicologiche.

I fatti venuti fuori in questi ultimi giorni sul famoso produttore cinematografico Harvey Weinstein hanno smantellato ancora una volta la bella facciata di cui il mondo dello spettacolo si colora. In questi giorni, infatti, sono diverse le testimonianze di donne che hanno dichiarato di aver subito dal produttore statunitense molestie sessuali, avance non volute o gradite, tra ricatti e abusi di potere. Ad alzare il polverone che ha coinvolto il fondatore della Miramax in uno dei più grandi scandali di Hollywood è stata anche Asia Argento, dichiarando di aver subito una violenza sessuale dall’uomo vent’anni fa, durante una collaborazione per un film prodotto da Weinstein. Condotta con l’inganno in un albergo parigino, Asia, avrebbe di fatto subito la violenza erotica e psicologica impostagli dall’uomo, non riuscendo a sottrarsi e a parlare dell’accaduto per vent’anni. Ma i nodi vengono sempre al pettine, e questa volta i nodi erano tanti.

Con la dichiarazione rilasciata al New Yorker molte attrici, vittime di violenze da parte di Weinstein come Asia Argento, hanno raccontato il loro dramma privato. Le donne capitate sono il tiro di Weinstein sembrano avere in comune alcuni tratti: giovani, belle e agli esordi della loro carriera, piene di speranze ma allo stesso tempo impaurite da quella macchina di creazione e distruzione manovrata anche dalle mani di uomini come il produttore in questione. La cosa che però le accomuna più di tutte è il lungo silenzio. Un silenzio che si protraeva ormai da vent’anni o chissà, forse di più, un silenzio che ha permesso a Weinstein di agire inosservato per molto altro tempo, che ha determinato la continua e perpetua predominanza del potere sulla giustizia. Ma purtroppo parlare e puntare il dito contro i deboli è sempre troppo facile, perché in casi come questo ci si sente impotenti e sovrastati, quasi colpevoli delle azioni degli altri, come nel caso dell’Argento che ha dichiarato di aver portato dentro di sé il senso di colpa per non aver saputo reagire in quel momento e di aver ceduto debolmente alle pressioni psicologiche dell’uomo. La paura di essere bruciati e di bruciare la propria carriera è stato sicuramente il sentimento che ha prevalso.

Ma questo non è affatto il primo caso del genere: non sono passati nemmeno troppi anni da quando è stato riaperto il caso Bill Cosby, che rappresenta nell’immaginario collettivo il simpatico “papà Robinson”. Accusato di stupro da parte di una studentessa 19enne, l’attore e comico statunitense ha ricevuto a seguito l’accusa di oltre quaranta ragazze. Modalità e dinamiche non cambiano, le facili prede rimangono sempre le giovani attrici in cerca di successo, con facili promesse e piccole accortezze nei loro confronti venivano sedotte e portate in camere d’albergo, poi drogate e condotte nei giochi “romantico-sessuali” che tanto piacevano a papà Robinson. A lasciarci sconcertati è anche questo, la perversione insita nella mente di queste persone capaci di utilizzare termini come “romantico” per definire lo stupro del corpo snaturato e drogato di una giovane donna.

Caso quasi più interessante è quello del celebre regista Bryan Singer che è stato denunciato da un giovane attore esordiente di nome Micheal Egan, all’epoca dei fatti quindicenne. Droghe, stupro e promesse di successo sono i fattori immancabili di queste orride vicende. Ma se ho definito interessante questo caso è perché in seguito alla denuncia, l’accusato dichiarò di essere innocente e le accuse caddero per la mancanza di prove fondate. Insieme alle accuse è caduto nell’oblio anche il giovane attore e la sua promettente carriera. Le minacce contro di lui e contro la sua intera famiglia hanno cercato di affossare la vicenda, come sempre ci troviamo di fronte alla violenza che cerca di mettere a tacere le ingiustizie.

Nella lunga trafila di nomi da scorrere troviamo anche il caso di Roman Polanski, un caso diverso probabilmente ma che ci ricorda come dietro quella fantastica macchina e industria che è il cinema, ci siano storie e retroscena piuttosto oscuri. Ricordato anche come vittima di aggressioni e omicidi da parte di un gruppetto di giovani fanatici e seguaci di Charlie Manson, ritroviamo Roman anche nei panni del carnefice.Nell’ormai lontano 1977, infatti, il regista violentò l’allora tredicenne Samantha Greimer.

Questo caso ha ancora un risvolto diverso. Pare che le diramazioni del male all’interno di un ambiente così chiuso e claustrofobico siano infinite: Samantha infatti, nello scorso giugno aveva chiesto al giudice di archiviare il caso perché stanca di essere ancora perseguitata da una condizione di vittimismo che la opprime da anni. Pare che invece, la controparte, non abbia risentito di troppi danni se non poco più di un mese al fresco. Scappato dall’America poco prima della sentenza è tutt’ora latitante, e trascorre la sua dolce vita in Europa, con i generosi redditi frutto della sua genialità.

Trascurando la gravità dell’accusa molti membri del mondo cinematografico hanno firmato una petizione a favore della sua liberazione, tra questi Woody Allen, Martin Scorsese e Pedro Almodòvar. È questo quindi il triste mondo che circonda le figure patinate che tutti gli anni ci regalano capolavori con la loro creatività e bravura. È anche questo quindi il mondo delle disuguaglianze e delle gerarchie, del chi decide chi va avanti e chi si ferma al vaglio, di chi sceglie di sottomettersi a queste cattive abitudini e di chi anche cercando di ribellarsi viene messo a tacere.

Anche questa è la realtà di cui il mondo del cinema è formato. Accanto alle statuette degli Oscar ed ai Festival con il red carper, accanto a tutto ciò che più amiamo, accanto all’Arte che ci aiuta e insegna a vivere, si trova proprio lì, il malsano retroscena che espandendosi tocca tutto il resto.

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