Il prezzo degli eroi

Passeggiavano senza dormire da più di due giorni, da quando Steve aveva ammesso che quella notte non aveva solo dormito con Jenny, e che la dipendenza da psicofarmaci di Sally non fosse più una semplice passione. Eppure guardando come si erano ridotti tutti i più grandi scrittori che li avevano ispirati fino a quel momento, non sembrava ci fosse bisogno di preoccuparsene, dopotutto sarebbe passata, almeno con un buon romanzo nel cassetto a qualche editore di larghe vedute, ma quei tempi, lo sapevano, erano finiti. I tempi in cui uscivano Il Giovane Holden o i romanzi impressionisti di Dos Passos già passato a destra, nessuno avrebbe investito sulle loro idee, a meno che non pagassero e cercassero di rientrare nei costi vendendo i libri alla famiglia, ma non puoi pensare di far pagare tuo zio e sentirti realizzato e, forse, era il momento di rendersi conto che così le loro storie stavano finendo nel dimenticatoio. Anche il ruolo del fallito ha un suo fascino, come quello di chi mette fine alle storie d’amore o tira pugni contro il muro per non ritrovarsi violento con le persone, o almeno qualche psicologo ci potrebbe mangiare sopra. Arrivati ad una caffetteria d’asporto, senza successo, si erano fermati per ricaricare le pile, mettere un punto a dove erano finiti e, finalmente, tornare a casa. Ma sia Steve che Sally avevano qualcosa da rinfacciarsi, oltre alla barba di due giorni, oltre alla gonna di due sere prima, oltre alla mostra di Robert Capa che si erano dimenticati di visitare. Lontano dalla città ancora si potevano vedere le stelle, prima che qualche ragazzino sfoderasse il suo cellulare per immortalare il momento o farlo sapere a qualcuno: «Sono a vedere le stelle! Sono un romantico!» Ma pure Lord Byron preferiva le taverne ai cieli stellati, solo che non lo sapevano e così si erano messi a camminare, quasi a scontare un debito con certi eroi.

Steve mancava al lavoro da qualche giorno e già si immaginava la faccia del suo capo, Sally aveva dimenticato l’appuntamento dal dentista e la cena con un pittore locale che voleva una presentazione dei suoi quadri per la prossima fiera di paese. Il caffè era annacquato, come riscaldato dalla notte prima e, probabilmente, era così. Erano arrivati lontano, serviva la metro per tornare indietro, ma era come se non potessero fermarsi, come in preda ad una follia autodistruttiva che solo al crollo delle ginocchia gli avrebbe permesso di estrarre bandiera bianca. Come raggiungere l’esasperazione pur di chiarirsi o, senza dirsi una parola, arrivare al punto in cui tutto diventa così chiaro e non c’è più niente da aggiungere. Ogni tanto si stringevano la mano, ma la freddezza di uno dei due li costringeva a lasciarle, oppure provavano a darsi un bacio, ma era come toccare un muro con le labbra. Sarebbero potuti durare così in eterno, come tante storie quando raggiungono la normalità, fuori dalla passione, una scopata a settimana, fuori dalla sincerità, un amante per ciascuno, fuori dalla temerarietà, due posti fissi, fuori dall’avventura, marzo a Parigi settembre a Formentera, ma avevano letto troppo, e ne erano troppo intossicati, per poter accettare che la loro vita finisse così o, forse, confidavano troppo nelle proprie potenzialità, e di quelle dell’altro, per potersene accontentare. Era il momento dell’impasse, quello del bivio, in cui una risposta implica, sempre, un addio e, per questo, avevano iniziato a camminare. Ma qualcuno si sarebbe fermato per fare bancomat, per pisciare, per riflettere e il bivio sarebbe stato davanti a loro in quel momento, nessuno dei due si voleva fermare. Davanti al futuro e davanti al passato, c’erano solo i loro piedi, la strada e il presente, un probabile licenziamento, una carie fra i denti ed una storia che non voleva decidersi a finire. Ormai avevano dimenticato perché avevano iniziato quella passeggiata, Steve cercava la situazione giusta per confessare che il tradimento era routine, Sally voleva solo ritardare la voglia di buttarsi in gola qualche pillola, o forse era Steve che voleva ritardare e Sally invece aspettare la luce per ammettere di avere dei problemi.

Ma fu così che si fermarono, gli scatoloni fuori di casa, senza essersi detti nulla, senza sapere di chi fosse la colpa e senza avere nessuno da rimproverare. Riniziarono a scorrere ognuno per la sua direzione, alla ricerca di una felicità che li avrebbe appagati. L’alba si sostituiva alle stelle, la rugiada alle lacrime, il sonno alla veglia, Jenny a Sally, Mark a Steve. Si erano fermati, perché la vita non è una maratona ma una gara di velocità, arrivare primi per poi potersi riposare, perché quello che conta davvero è pagare il prezzo con i propri eroi.

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