L’inesorabile gioco della vita | In crociera con Cortázar

Siamo come in un giardino zoologico, ma i visitatori non siamo noi. L’ho capito benissimo anch’io, ho continuamente la sua stessa impressione. E d’altra parte, facciamo bene a ribellarci? Non che abbia timore, si tratta piuttosto della paura di abbattere una specie di tramezzo dal quale forse dipendeva l’intera messa in scena dello spettacolo

Apparso per la prima volta nel 1960, quando lo scrittore argentino – nato a Ixelles il 26 agosto – aveva quarantasei anni, Il viaggio premio fu il primo dei romanzi di Cortázar a essere pubblicato. Non il primo a essere scritto: l’autore che nel ’60 aveva già alle spalle quattro raccolte di racconti – L’altra sponda, Bestiario, Fine del gioco e Le armi segrete – aveva, infatti, già scritto due romanzi – Divertimento nel 1949 e L’esame nel 1950 – entrambi pubblicati postumi, nel 1986.

Los premios – questo il titolo originale – è tornato il libreria la scorsa primavera per i tipi di Sur nella traduzione di Flaviarosa Nicoletta Rossini – originariamente per Einaudi – rivista per questa edizione da Chiara Gualandrini.

È nell’epigrafe da L’idiota di Dostoevskij, nella quale ci si interroga sul racconto della “gente ordinaria” che è già contenuta, in fondo, una dichiarazione d’intenti: Il viaggio premio è, infatti, il racconto – lungo tre giorni – di una crociera premio sul ponte e nelle cabine del Malcolm, in partenza da Buenos Aires, teatro di un’umanità ampia e variegata, pescata, appunto, dai biglietti fortunati di una lotteria.

La storia comincia attraverso un prologo, luogo: il Café London “all’angolo tra calle Perù e Avenida de Mayo“; ore: le cinque e dieci. È ai tavolini di quel bar esclusivo, non lontano dal porto, che va in scena il primo gioco, quello dei professori López e Rastelli, colti mentre si divertono a indovinare tra la folla degli avventori i loro futuri compagni di viaggio.

Ritorniamo alla nozione di gioco. Suppongo che appartenga al modo attuale di concepire la vita, senza illusioni e senza trascendenza. Ciascuno accetta di essere semplicemente un buon alfiere o una buona torre, dii correre in diagonale o di arroccare affinché si salvi il re. Tutto sommato, il Malcolm non mi pare dissimile da Buenos Aires

È il gioco, infatti, il tratto più distintivo di questo romanzo che anticipa di tre anni il capolavoro Rayuela – Il gioco del mondo. Se Rayuela rappresenterà il gioco della maturità – con la sua riscrittura delle regole del romanzo come meccanismo interno e sfida ludica al lettore – qui, all’esordio nel romanzo, il gioco assume le forme – esplorate e disinnescate – del racconto d’avventura, della narrazione popolare, con il suo lasciarsi andare – lo confessa lo stesso Cortázar in una nota finale – all’inseguimento dei suoi stessi personaggi che diventano, così, liberi di autodeterminare il proprio destino nella storia e il proprio peso sulla pagina, quasi di là dalla volontà dello scrittore (tema, questo, già squisitamente à la Cortázar).

Diciotto gli ospiti a bordo, a raccontare di un’umanità bonaerense come in uno spaccato folcloristico, politico e sociale. Oltre ai due professori, c’è la coppia di fatto formata da Lucio e Nora e quella – nemmeno di fatto – da Raul e Paula; c’è la famiglia popolare dello studente Felipe Trejo e quella sui generis composta da Persio, Claudia e il piccolo Jorge, i Presutti, Medrano e Don Galo su una sedia a rotelle. Cortázar li mescola come un mazzo di carte, quindi li lancia sul tavolo a far sì che costruiscano, come tanti tasselli, il proseguimento del gioco.

Sono contenta che sei venuto perché avevo bisogno di parlarti di letteratura. Da quando siamo saliti a bordo non parliamo più di letteratura, e questa non è vita

La storia, semplice in fondo nella sua struttura, non rinuncia, però, all’elemento del mistero – così centrale nella struttura dei racconti – attraverso il fattore che si rivelerà il motore della storia. Fin dal primo giorno, infatti, la crociera non procederà secondo i piani: dalla lentezza esasperante all’inizio del viaggio alle bizzarre condizioni dello stesso, dall’assenza degli ufficiali di bordo che non si lasciano vedere al divieto assoluto di recarsi alla poppa della nave. Cosa nasconde questo viaggio premio? C’è davvero un’epidemia di tifo a bordo o è la scusa dietro cui nascondere qualcosa di indicibile? E, ancora, chi la spunterà alla fine: la fazione dei pacifisti pronti a fidarsi dell’equipaggio – il potere – o quella degli audaci oltranzisti – disposti a tutto pur di scoprire la verità?

È dentro queste domande, all’interno della loro trama, che la storia procede ed è una storia che si presta – come ogni gioco che si rispetti – a differenti letture.

Qualcuno strillava la quinta edizione del giornale, un altoparlante tesseva le lodi di qualcosa. C’era la luce rabbiosa dell’estate alle cinque e mezzo (ora falsa, come tante altre anticipate o ritardate) e un misto di odore di nafta, di asfalto caldo, di acqua di colonia e di segatura bagnata

C’è, come dicevamo all’inizio, il fascino adolescenziale del romanzo d’avventura, del gioco di formazione; la presenza a bordo del piccolo Jorge sembra quasi trasformare l’intera vicenda in un racconto inventato solo per lui, trasfigurazione di una vacanza tutto sommato ordinaria e borghese in una grande avventura piratesca (non è certo un caso se l’affascinante Paula nel suo gioco di seduzione con López chiama quest’ultimo Jamaica John in onore della loro passione comune per storie marinaresche).

Allo stesso tempo, Il viaggio premio appare anche come un leggero – quanto profondo con tanto di accenni di satira – ritratto dell’universo umano bonaerense dove poter giocare con stili e posture diversi, dando così vita a straordinari bozzetti, una commedia dell’arte che usa il Malcolm come il palcoscenico di un grande teatro.

Resta, infine, un’ipotesi che pure Cortázar si affretta a negare nella sua nota – “non sono stato mosso, a mia difesa, da intenzioni allegoriche”; eppure, sia pure magari in una chiave forzata, ci risulta difficile non guardare al microcosmo della nave, alla lotta che ne anima le giornate contro un – apparente e sfuggente quanto si voglia – potere, come a uno specchio deformato dell’Argentina sotto il dispotismo peronista da cui lo stesso Cortázar era fuggito nel 1951.

Romanzo appassionante e godibilissimo, Il viaggio premio è l’occasione perfetta per osservare un autore come Cortázar sulla soglia di quella che sarà l’esplosione del suo incontrovertibile genio.

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