Intervista a Hugo Race

Foto: Grzegorz Koprowicz

1. Hugo, sei uno di quei musicisti che quando è sul palco in un live fa una certa impressione, hai insomma una presenza scenica, come Nick Cave o Mark Lanegan. Si rimane a contemplare una sorta di sacralità che tu metti nell’interpretare i pezzi, un’aura che in pochi hanno e trasmettono. Di questo sei consapevole quando sei sul palco o è tutto naturale?

Innanzitutto, non guardo a me stesso come a un performer paragonato ad altri, riuscirei solo ad essere me – non sono un attore. Inoltre, penso all’esibizione come a una sorta di canale, che permette alle emozioni e alle personalità di attraversarmi come un mezzo, quindi devi essere vero. Allo stesso tempo, la musica e i ritmi sono abbastanza complessi, quindi devo rimanere molto concentrato per cantare e suonare contemporaneamente. La maggior parte dei testi delle mie canzoni hanno un certo taglio e oscurità quindi ho bisogno di abitare quello spazio mentre li proietto verso il pubblico. Sono me stesso sul palco, e parte di quest’approccio è rimanere rilassato e calmo. Penso che più naturale sei, più i tuoi punti di forza interiore diventano evidenti, e credo che non sia vero solo sul palco ma nella vita in generale

2. Oltremodo quando suoni insieme a Vicki Brown dei Calexico sembra vi muoviate come in una danza sciamanica. Com’è nata questa danza?

Vicki è una musicista molto calorosa e gentile e diceva che è rimasta da sola sul palco per una mancanza di contatto fisico col resto della band. Siamo buoni amici, e ci piace muoverci come la musica richiede. Quindi questa danza assieme si è evoluta spontaneamente. Ci permette di equilibrarci come un mutuo supporto contro la gravità! E un sacco di elettricità scorre attraverso il tocco, quindi dà ispirazione.

3. Fatalists è un disco sopraffino, in quanto è influenzato anche dalla tua esperienza nei Bad Seeds?

Fatalists è un disco registrato tutto in una sessione, in un luogo e da uno specifico gruppo di persone, quindi ha una specie di coerenza organica, un pizzico di omaggio agli album dei cantautori solisti degli anni ’60 e ’70 – Tim Rose, Tim Buckley, Neil Diamond, Leonard Cohen. Nonostante questi artisti mi abbiano tutti influenzato, lo stesso hanno fatto un sacco di altre cose come la musica indipendente dai Velvet Underground a Gil Scott-Heron, l’elettronica, la classica atonale moderna, il desert rock africano e così via. Non ho mai smesso di farmi formare dalle cose che vedo e ascolto. Amo la musica e questa mi attraversa costantemente. I Bad Seeds erano all’inizio del mio percorso musicale e a quel tempo, negli anni ’80, ho condiviso molte influenze sia con Nick che con altri musicisti del resto della scena postpunk di Melbourne – artisti come John Lee Hooker, Suicide, i Pop Group, i Bee Gees, l’hai detto! Ma ho fatto talmente tante cose da allora, gli anni ’80 sembrano passati da un pezzo. Invece, Fatalists coniuga vibrazioni desertiche dall’Australia e dagli USA con un romanticismo europeo e un background di musica non-mainstream. Credo sia per questo che suona così. È una confluenza di influenze internazionali, ed è un riflesso di chi sono io e di cosa sono fatto.

4. Hugo Race è davvero un fatalista?

Beh, credo che gli eventi accadano per una ragione. Anche cose che vengono fuori all’improvviso, come essere rapinati o innamorarsi, mentre al momento sembrano come scariche di fulmini dal nulla, in retrospettiva puoi vedere gli schemi e le sincronie che li hanno portati nella tua vita. Spesso gli incontri più significativi e importanti sono completamente inaspettati. Ma quando ti aspetti che qualcosa cada nelle tue mani, ecco allora in genere non avviene. C’è una logica nelle nostre vite, ma non è la logica dei sogni e del karma e non ci è sempre evidente nel momento dell’esperienza. Comunque, non credo che da qualche parte ci sia scritto il copione delle nostre vite. Non credo in qualche tipo di Dio umanoide, solo energia in movimento. Stiamo creando tutto questo mentre andiamo avanti, ma così fanno anche tutti gli altri e così le nostre intenzioni interagiscono tra loro, e il mondo attorno a noi sta cambiando a causa delle nostre parole ed azioni, e tutte queste cose sono parallele e interconnesse, e noi ci stiamo cambiando. A volte, non puoi tornare indietro nel tempo, ti rendi conto che tu e il tuo mondo siete cambiati per sempre, e questo è esattamente ciò di cui parla Fatalists.

5. Come mai vivi in Italia? Riesci a trovare bellezza in questo paese?

Mi pare di capire dal tono di questa domanda che non credi ci sia molta bellezza o interesse in Italia? Hai mai vissuto da qualunque altre parte, in un altro stato? Tutte le società hanno grossi problemi e l’Italia non è un’eccezione. Eccetto per il fatto che l’Italia ha una storia di cultura e fascino che non si può trovare così facilmente in, ad esempio, Slovacchia, Sudafrica o Belgio. La mia personale storia con l’Italia inizia quando incontrai per la prima volta dei bambini italo-australiani a Melbourne, quando ero un ragazzino. Ho visitato per la prima volta l’Italia nel 1978. Quindi sì, ci sono molte cose che mi piacciono dell’Italia, e forse la singola cosa principale è la percezione poetica dell’Italia come un luogo che rivela il meglio e il peggio degli esseri umani – la bellezza sublime e la bruttezza disgustosa, l’illuminazione della dualità del bene e del male. Più che un incontro di diversi mondi, l’Italia potrebbe essere una piattaforma d’esposizione per il paradosso della psiche umana! E tu pensavi che mi piacesse giusto il cibo! (Scherzavo)

6. Cos’è che non ti piace invece degli italiani?

Le stesse cose che non mi piacciono delle culture di qualunque posto – l’indifferenza, la noia, l’autocompiacimento, la stagnazione, l’abitudine al regime del consumismo a spese della curiosità per il semplice miracolo dell’esistenza!

7. Dicci qualcosa dei tuoi prossimi progetti.

Al momento, il prossimo album dei Sepiatone sta assorbendo molta della mia attenzione. Pensavo che avrei fatto bene a nominarlo perché i Sepiatone sono un progetto italiano (anche se Marta vive a Berlino da alcuni anni) – assieme a Giovanni Ferrario, Giorgia Poli e Davide Mahony. Stiamo completando il terzo album, che abbiamo iniziato quattro anni fa e poi abbandonato per motivi personali. E ora ci siamo tornati su, e mi sta davvero piacendo il processo del prendersi il tempo per farlo bene. Questo disco, chiamato Echoes On, va più in profondità ed è più pop e più carico dei primi due dischi dei Sepia.

Inoltre, tornerò on the road in Italia a maggio con i Fatalist (e poi in Europa). Attualmente sono in tour in Australia e sono appena tornato dal Sud America dove ho iniziato un nuovo progetto di garage rock con alcuni amici di Sao Paolo – Hugo Race & the Moses Complex. C’è un nuovo album dei True Spirit in fase di produzione, è già iniziato, ma comunque non credo che sarà rilasciato prima del 2012.

Sono anche immischiato nella scrittura, nella cinematografia, nel teatro e nelle installazioni e non passa giorno che non sia totalmente entusiasta del lavoro in cui sono coinvolto. Alla fin fine, la vita è breve e ci sono così tante ore a disposizione, quindi cerco di usarle al meglio e di non sottovalutare il tempo prezioso che abbiamo qui.

Exit mobile version